Campi di battaglia al Col Santo

Doppio itinerario circolare con partenza e arrivo al Rifugio Vincenzo Lancia all’Alpe Pozze (m 1802) nel massiccio del Pasubio, provincia di Trento.

Il Pasubio è un grandioso massiccio che si eleva dalle profonde incisioni di due valli tributarie dell’Adige: la Vallarsa, verso occidente; la Val Terragnolo a oriente. I passi del Pian delle Fugazze e della Borcola, che sono anche le testate delle suddette valli, uniscono il Pasubio alla catena delle Prealpi Venete. Mentre ai margini risulta rotto da forre e precipiti solchi, la sua zona sommitale mostra invece un ondulato ma desolato acrocoro calcareo, qua e là raddolcito da conche di verdi pascoli. La vetta più alta, Cima Palon, tocca i 2232 metri d’altezza. Sotto il profilo militare, il Pasubio costituì, allo scoppio della prima guerra mondiale, un importante caposaldo difensivo e una possibile via d’accesso alla pianura veneta. Per questa ragione fu aspramente conteso da entrambi i belligeranti.

Doppio itinerario circolare con partenza e arrivo al Rifugio Vincenzo Lancia all’Alpe Pozze (m 1802). La prima parte circoscrive l’ondulazione prativa dell’Alpe Albe (m 1820), tormentata dai crateri dei colpi d’artiglieria, e sale sulla vetta del Col Santo (m 2112), caposaldo strategico, per poi tornare al rifugio. Il secondo anello riguarda invece la porzione sud dell’Alpe Pozze: dal rifugio tocca la Malga Pozze (m 1830) e arriva fino alla Bocchetta delle Corde (m 1912), superbo punto d’osservazione sulla Vallarsa. Il modesto dislivello, la presenza del vicino rifugio e l’ottimo stato dei percorsi rendono l’escursione accessibile a tutti. Occorre però considerare che il Rifugio Lancia si raggiunge solo a piedi seguendo la via d’accesso sotto indicata. Tempi di percorrenza: 2 ore e 30 minuti il primo anello (Col Santo); 1 ora il secondo (Bocchetta delle Corde). Dislivelli: 317 metri l’anello del Col Santo; 130 metri l’anello della Bocchetta delle Corde. Condizioni dei percorsi: sentieri e ex-strade militari Periodo consigliato: da giugno a fine settembre. Come arrivare al punto di partenza. Da Rovereto si seguono le indicazioni per Trambileno e per la sua frazione, Giazzera (m 1092). Quindi si percorre la strada che risale la Valle dell’Orco, già militare austriaca e principale via d’accesso per i rifornimenti al settore del Pasubio. Questa strada, in parte a fondo naturale, è percorribile fino a Malga Chèserle (m 1402) ove si trova possibilità di parcheggio. L’ultimo tratto, fino al rifugio, si deve affrontare a piedi, lungo la stessa strada (segnavia 101), in circa 1 ora e 30 minuti.  Altre informazioni utili. Gli itinerari sono segnalati solo nei tratti in cui utilizzano altri percorsi escursionistici attrezzati dalla SAT. Il rifugio Lancia dispone di 64 posti letto: è aperto da giugno a settembre e durante il fine settimana nel periodo invernale (tel. 046.486.8068). Si ringrazia il sig. Tiziano Bertè.

Colsanto.mapAl Col Santo. 

Dal Rifugio Lancia (m 1802) si sale alla retrostante chiesuola; quindi si punta in diagonale il versante fra terrazzini prativi e qualche salto di roccia. La salita è lieve e introduce all’ampia, amena conca prativa di Alpe Albe (m 1820), chiazzata da rialzi, dossi, conche e doline che ne rimancano l’origine carsica. Quasi mimetizzati nella conformazione naturale del

Rif. Lancia
Rifugio Lancia

suolo si possono scorgere innumerevoli crateri provocati dallo scoppio dei proiettili d’artiglieria. Si tratta soprattutto di armi austriache che da grandissima distanza (Finonchio, Serrada) cercavano di scardinare le postazioni tenute dagli italiani nel breve periodo fra il maggio 1915 e il maggio 1916. Il sentiero punta verso alcune malghe, precedute da un incrocio di sentieri: si sale a destra fin sopra le malghe e poi subito a sinistra risalendo in diagonale la costa erbosa. Si percorre una buona mulattiera militare dalla quale, puntando gli occhi sul sottostante pianoro, si individuano appena al di là della strada d’accesso all’alpe, le tracce di due piazzole di artiglieria contraerea con le retrostanti fosse dove erano depositate le munizioni, unite fra loro da una trincea. La mulattiera guadagna quota e prende ora a salire il crinale, crivellato da buche e crateri. La natura ha evidentemente ripreso i suoi spazi e questi pendii scossi dalle esplosioni oggi sono gaiamente rivestiti di belle fioriture

Col Santo.Pra Albialpine, fra le quali primeggiano gli anemoni. Seguendo tutta la dorsale si raggiunge una selletta (m 1979) posta alla base della vasta calotta montuosa del Col Santo. L’ultima erta ne affronta la pendice nord, l’unica priva di costoloni calcarei, lungo evidenti tracce solcate. Il Col Santo (m 2112) fu il caposaldo del settore nord del Pasubio. Ebbe notevole importanza strategica e fu perduto dagli italiani a seguito degli eventi del maggio 1916. Non fu più riconquistato nonostante gli accaniti tentativi dell’autunno dello stesso anno. Dalla croce, sulla sommità erbosa, si gode una magnifica veduta d’insieme delle montagne trentine, delle prealpi e alpi venete. La discesa avviene per il versante sud, aperto sull’Alpe Pozze. Si seguono alcuni paletti segnavia che tagliano la calotta erbosa della cima fino a intercettare un sentiero che taglia in diagonale il fianco della montagna, ora più erto. In breve si perviene alla Sella dei Colsanti (m 1995), così detta perché divide il Col Santo dal prospicente Col Santino o Col Santo di Dentro (m 2123). Con numerose serpentine, piegando verso destra si scende alla strada carrabile in corrispondenza di una fontana, qualche decina di metri prima del Rifugio Lancia.

Alla Bocchetta delle Corde.

7 croci del Pasubio
Le sette croci del Pasubio

Dal rifugio si segue ora la strada a fondo naturale che si dirige verso la Sella delle Pozze. Passata la fontana e aggirata la depressione antistante il rifugio, si lascia la strada e, dinanzi alla Malga Pozze, si imbocca una larga carrabile ex-militare che fra dossi erbosi e lembi di pineta volge in direzione sud. Se si ha voglia si può effettuare una breve diversione: dietro le due alture, alle spalle della malga, restano i coni in cemento di quattro postazioni antiaeree austriache (una di queste porta incisa una scritta in ungherese). Tornati alla carrabile si prosegue in leggera ascesa, sulla pendice a mugo. Sulla superficie della strada, fra le fessure dei sassi, si trovano spesso chiodi di calzature militari, talvolta frammenti di proiettili. Più in alto si incrocia il sentiero europeo E5 (Sentiero della Pace). Lo si segue verso destra, lasciando la strada, e fatti pochi passi si giunge sul crinale in corrispondenza alla Bocchetta delle Corde (m 1912), depressione erbosa che si affaccia alla testata della Valle dei Foxi, tributaria della Vallarsa. Sulla destra, si eleva il profilo del Monte Testo (m 1979) con la sua precipite e frastagliata parete di roccia. La cima fu occupata dagli austriaci il 20 maggio 1916 e trasformata in un imprendibile ridotto fortificato, dove si celavano numerosi pezzi di artiglieria puntati sulla Vallarsa. Ma tutto il ciglio dell’altopiano costituiva il munitissimo fronte di prima linea austriaco, verso il quale si scagliarono più volte gli assalti italiani. Dalla Bocchetta si fa ritorno al rifugio continuando a seguire il sentiero E5 che rasenta i resti di vari acquartieramenti austriaci, riparati sotto roccia dai tiri delle artiglierie avversarie. I più motivati possono in alternativa toccare la cima del Monte Testo, facilmente raggiungibile dalla Bocchetta delle Corde seguendo il crinale, da cui l’osservazione delle cannoniere austriache in caverna, operanti nella direzione dell’Alpe di Cosmagnon o in quella del Monte Corno Battisti.

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Dalle valli inclini ad assorbire il tepore del clima insubrico come quella di Ledro e quella che dei ‘dei laghi’, in Trentino, porta appunto il nome, fino alle remote valli alpine dello spartiacque, come l’Aurina, la Pusteria, la Venosta. Dalle uniche e meravigliose cattedrali dolomitiche del Brenta e della Val Badia, alle delicate tessiture di paesaggio della media valle dell’Adige, a Caldaro e al Monte Corno. Attrattive sempre nuove e multiformi, culture e modi di vita di spiccata unicità a cavaliere fra le culture germaniche e latine esplicitate nel modo più semplice lungo i sentieri fra un ‘gruess-gott’ e un ‘buongiorno’, fra un piatto di ‘strangolapreti’ e uno di ‘knödel’.

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