Itinerario lineare in bicicletta nella Lomellina, da Vercelli a Mortara.

La Lomellina è una tradizionale regione agraria incuneata fra Ticino e Po, definita a occidente dal Sesia e a settentrione dal confine con il Novarese. Nel basso Medioevo si identificava con il Comitato di Lomello, facente parte della Marca di Ivrea. Nel XIII sec., la Lomellina entrò nella sfera d’influenza pavese e milanese per restarvi fino al 1703, quando passò sotto il dominio dei Savoia. Dopo la seconda guerra d’Indipendenza fu restituita alla Lombardia. Oggi, con l’attiguo Vercellese, è la terra deputata alla coltura del riso. Le fasi di coltivazione sono diverse e connotano il paesaggio. Nessun altro paesaggio rivela caratteri così mutevoli come quello lomellino nel trascorrere delle stagioni: bruno di stoppie e nero di campi arati nell’inverno, diafano e rilucente d’acque nella primavera, verdissimo nell’estate e biondo delle spighe di riso in autunno, al momento della raccolta. Di tutte le stagioni la migliore è la primavera, quando per oltre quaranta giorni le risaie sono inondate d’acque per proteggere le piantine. Conservate allora questo itinerario per quel momento, il più appropriato.
Il sistema insediativo della Lomellina si struttura su una rete stradale definita fin dall’epoca romana. Vi si radunano in forma compatta i maggiori centri abitati, altri minori si distendono lungo le stesse vie, altri ancora prediligono il ciglio dei terrazzi fluviali.
La Francigena attraversa il cuore della Lomellina, sempre sulle tracce della strada romana oggi ripresa con i suoi lunghi rettifili dalla ex-statale 596 ‘dei Cairoli’. Non seguiremo però questa strada trafficata e, se non è eccessivo, neppure il tracciato ortodosso della ‘moderna’ Via Francigena. Ci permetteremo infatti, nel primo tratto del percorso, da Vercelli a Robbio, qualche variazione più interessante e, se volete, capricciosa, a zigzag su stradine di campagna. Si godrà meglio la dimensione del paesaggio. Gli orizzonti piani, la geometria e la vastità degli spazi, potrebbero alla fine risultare un po monotoni. Per questo farò in modo di tener sollevato il vostro interesse con piccole curiosità.
Da Vercelli a Mortara
Itinerario lineare in bicicletta nella Lomellina.
Partenza: stazione Fs di Vercelli (linea Milano-Torino).
Arrivo: stazione Fs di Vigevano (linea Alessandria – Milano). A piacere può essere interrotto a Mortara anticipando il ritorno in treno.
Distanza: 39.6 km – Tempo di percorrenza: 2 ore e 25 minuti
Dislivello: 50 m
Periodo consigliato: dalla primavera all’inizio dell’estate.
Condizioni del percorso: su strade asfaltate per 39.6 km, su sterrate per 15 km.
Mezzo consigliato: gravel o mountain-bike.
Dove mangiare. Diversi ristoranti sono ubicati lungo il percorso. A Palestro: Al vecchio mulino, Via Umberto I 99, 0384.65643. A Robbio: trattoria Dell’Angelo, Via Palestro 12, 0384.670552. A Mortara: ristorante Bottala, corso Garibaldi 1, 0384.99021; osteria del Giardino, loc. Casoni S.Albino, Strada Pavese 7, 0384.298819.
Indirizzi utili: Pro-Loco Vigevano, c/o Municipio, corso Vittorio Emanuele 29, 0381.299282.
Per chi va a piedi. La distanza fra Vercelli e Mortara è troppa per un camminatore, anche se in pianura. Il sito ‘viefrancigene.org’ suggerisce di spezzare la tratta in due giorni, pernottando a Robbio dove il pellegrino trova accoglienza presso l’oratorio parrocchiale in piazza Santo Stefano 2, 0384.670436 – 340.1539929.
TRACCIA GPX disponibile su richiesta a infoguidedautore.it
Prima pubblicazione sulla rivista AMICOTRENO, gennaio 1997; seconda pubblicazione ampliata su: A.Marcarini, La Francigena per principianti, Ediciclo 2016; nuova versione aggiornata febbraio 2023.

1. Di fronte alla stazione Fs di Vercelli (km 0, alt. 130) si erge, imponente, la basilica di S.Andrea, il maggior monumento dell’architettura medievale cittadina.

Costruita fra il 1219 e il 1227, è frutto di una fortunata coincidenza di linguaggi. Vi si fondono i modelli delle chiese abbaziali cistercensi, la tradizione romanico-lombarda e le innovazioni gotiche d’oltralpe. È difficile ipotizzare il nome del suo artefice. Gli storici danno credito a un anonimo architetto di scuola padana, forse di area emiliana, considerando le affinità con le opere che Benedetto Antelami ingegnò in quella terra. Forse fu l’incontro di più esperienze a dar forma e vigore a questa nobile architettura religiosa.
Prendete il tempo di osservare la facciata, con l’effetto cromatico dei marmi bianchi e della pietra grigio-verde di rivestimento, poi le poderose fiancate rette da contrafforti e archi rampanti, infine le decorazioni dei portali e il solenne impianto interno con le tre navate e l’elegante, aereo tiburio. Accanto alla chiesa si sviluppa il chiostro, con arcate rette da fasci di colonnine romaniche, da cui lo sguardo tornerà però inevitabilmente verso l’insieme della chiesa con il suo fianco sinistro, il tiburio e i due campanili della facciata.
Il dedalo delle viuzze del centro storico di Vercelli rivela occasioni di visita per l’appassionato d’arte: il Duomo con il ricchissimo Tesoro e la Biblioteca Capitolare; il Museo Leone, la Pinacoteca Borgogna: ma soprattutto la chiesa di S.Cristoforo che conserva uno splendido ciclo d’affreschi di Gaudenzio Ferrari. Reso questo omaggio alla città, purtroppo frettoloso vista la lontananza della nostra meta, bisogna mettersi sulla giusta strada seguendo le indicazioni per Novara. Si esce da Vercelli e si supera il ponte sul Sesia.
2. All’altezza della successiva curva della statale 11, accanto alla cascina Ranza (alt. 123), si piega a destra (vistose indicazioni) e si impegna una strada campestre avvicinando vari grossi cascinali, fra cui la bella cascina S.Giuseppe, al vertice della quale la strada volge a sinistra e, in breve, sbocca sulla ex-statale 596 ‘dei Cairoli’: la si impegna verso destra (prudenza!) sottopassando l’autostrada A 26.
3. Alla rotatoria che precede l’abitato di Torrione, si lascia la ex-statale e si entra, a sinistra, sulla SP 10 in direzione di Vinzaglio (Via Vittorio Emanuele). Si lasciano a destra la chiesuola di Torrione e un cascinale dal portale ornato e si entra nello sterminato orizzonte delle risaie. Si supera a livello la ferrovia Vercelli-Pavia con accanto la diruta e melanconica stazioncina di Vinzaglio. Ci si proietta nella pianura con un lungo rettifilo. Gruppi di case, cascine, un’arcigna costruzione che serviva come brillatoio per il riso, infine un vero paese che si fa precedere da un decaduto castello e dal suo tenebroso parco: Vinzaglio (km 9.4, alt. 124). Ma sono luoghi spersi, forse un po’ desolati, che lungo via si dimenticano presto. A Vinzaglio si segue la direzione per Palestro (SP 79): altri rettifili, poi una chiesuola che ricorda un qualche evento, forse un’apparizione miracolosa.

4. Palestro (km 12.2, alt. 121) è già in Lombardia. Sui libri di storia è ricordata come luogo di scontri risorgimentali; il nucleo più antico, fatto di basse case con ampi cortili, risale a un castrum medievale, vale a dire un recinto fortificato di cui resta ancora, inserita nel caseggiato, una torre quadrata. Si attraversa l’incrocio semaforico accanto alla chiesa neogotica del paese e per Via Vittorio Emanuele, poi Garibaldi, si esce in direzione di Rosasco sulla SP 56. La strada segue il fiume Sesia, di cui però non si scorge il letto. A un tratto si avvicina, sulla destra, un’imponente chiusa che, dalla fine del XIV sec., dà vita al Roggione Sartirana, uno dei tanti canali di derivazione che alimentano le risaie della Lomellina.
Su queste distese, in primavera e all’inizio dell’estate, non è raro scorgere aironi, garzette, nitticore, vistosi uccelli che nidificano nelle ‘garzaie’, boschetti che assicurano loro protezione. Nelle risaie trovano abbondante nutrimento di anfibi, insetti e molluschi. Nell’inverno, invece, il cielo è punteggiato dal volo dei corvi, mescolati alle cornacchie, intenti a predare le uova di altre specie nidificanti.
5. Giunti al bivio di Rivoltella (km 17.5, alt. 112) si piega a sinistra per Robbio sulla SP 21 (km 22.4, alt. 122). Questo paese merita una sosta per ammirare alcuni monumenti, Intanto per vedere, all’inizio del paese, entrando per Via Rosasco, la vetusta chiesa di S.Valeriano facente nel XI sec. parte di un priorato cluniacense, fiorente e ricco di possessioni, il secondo per importanza in Lomellina dopo il monastero di Lomello. Per questa ragione fu soggetto a saccheggi e spoliazioni non rinunciando mai a offrire accoglienza ai pellegrini, almeno fino a poco prima del 1400 quando i monaci si allontanarono. La chiesa originaria fu distrutta nel 1216, poi subito ricostruita a tre navate e ripresa nel XV sec. con disegno a croce latina. Nulla resta del cenobio e del campanile ancora ricordato nel 1583. A questo primo edificio sacro fanno seguito la chiesa romanica di S.Pietro, risalente al XIII sec., e la chiesa di S.Michele, del secolo successivo, con la bella facciata decorata in cotto, e, infine, il castello, di antica origine (XIV sec.), ma riconfigurato in stile neomedievale all’inizio del nostro secolo, secondo una tendenza diffusa in tutta l’area padana.

Si esce da Robbio per Via Mortara, passando accanto alla citata chiesa di S.Pietro; poco più avanti si diparte, a sinistra, Via Roggetta dove ritroviamo i cartelli indicatori della Francigena. Lasciate le case e traversata la via di circonvallazione, la strada, dopo aver fiancheggiato il campo sportivo, torna fra le risaie. La toponomastica non tradisce: stiamo percorrendo ‘Via Francigena’. Dopo un depuratore si torna su sterrato; la traccia si fa debole, ma sempre visibile, fino a ripassare la ferrovia e a sboccare di nuovo sull’asfalto.
6. Si prosegue diritti imboccando poco oltre, verso destra, la SP 6, ormai alle porte di Nicorvo (km 28.6, alt. 113), un paese allungato sull’unica via principale. La direzione da seguire è per Albonese, ma solo per un paio di chilometri. Individuata la diramazione, a destra, per la cascina Afficiati (si trova circa 500 metri dopo quella pedonale della Francigena), la si segue lasciando la provinciale. Giunti dinanzi alla cascina si volge a sinistra, passando dinanzi al mulino e continuando per uno stradello che segue una roggia. Seguite il segnavia francigeno: poco più avanti, infatti, si piega prima a destra, poi a sinistra. Sono deboli tracce campestri che vi indirizzeranno verso Mortara ma che rivelano nel loro sviluppo la persistenza di percorsi forse già delineati nel Medioevo, come rivela, ad esempio, la denominazione di Via Maestra che si incontrerà presso le case di Madonna del Campo (km 34.1, alt. 114). Il locale santuario fu eretto all’inizio del XV sec., restaurato nel 1916. L’interno, a una navata, conserva un bel repertorio di affreschi, tele e stucchi di artisti locali del XVI e XVII sec., fra cui spicca la mano del Cerano (Pietà e Angeli musicanti).
7. Proseguendo oltre, si giunge a Mortara (km 36.6, alt. 108), nodo stradale e ferroviario, uno dei maggiori centri della Lomellina, di origine romana. Curiose le vicende del suo nome.

In antico era Pulchra Silva ma, come ricorda Ariosto ne L’Orlando Furioso: «Quivi cader dei Longobardi tanti / E tanta fu quivi la strage loro / Che il loco della pugna gli abitanti / Mortara poi da sempre nominoro». Galeazzo Visconti la rinominò, più felicemente, Beldiporto perché luogo di cacce e di diletti. Vanamente, però. Il segno della sanguinosa battaglia vinta da Carlo Magno sul re longobardo Desiderio nel 773, fu tale che si tornò al precedente nome. La basilica di S.Lorenzo è il gioiello della città, eretta fra il 1375 e il 1380. Si trova alle spalle del palazzo municipale. Il suo patrimonio d’opere d’arte è di prima grandezza: tavole di Bernardo Lanino (Madonna del Rosario, datata 1516); cinque tele di Giulio Cesare Procaccini; la grande tavola d’altare del Cerano e altri lavori attribuiti a Gaudenzio Ferrari, al Morazzone e a Camillo Procaccini. Singolare infine il presepe ligneo, popolato da 80 personaggi in bassorilievo, dell’inizio del XV sec.
L’itinerario si chiude con la visita, alla periferia della città, dell’abbazia di S.Albino. Per raggiungerla si seguono, dalla piazza del Municipio, l’asse di corso Cavour, viale Parini e Via Albino Alcuino. Una curiosità: al civico 16 di viale Parini, un edificio di stile eclettico era la ex sede del biscottificio Guglielmone, fabbrica dolciaria fondata nel 1887.

Superata la circonvallazione, si giunge all’isolata abbazia di S.Albino (km 39,6, alt, 107), ricostruita nel XV sec. inglobando parti di una delle più antiche chiese della Lomellina (V sec.). Qui Carlo Magno raccolse i suoi caduti, fra cui i due paladini Amelio e Amico. Qui nel Medioevo si radunavano i pellegrini delle isole inglesi e della Francia diretti a Roma. All’interno, accanto a un affresco che raffigura S.Lorenzo, una data graffita rammenta il transito di un pellegrino nel 1100.
Come poteva essere il paesaggio allora? Certamente diverso. Mortara era stretta attorno alle mura, le risaie non esistevano perché saranno introdotte nel XV sec. da Ludovico il Moro. Bisogna pensare a terre paludose, rivestite da folte selve, solo qua e là coltivate dalle comunità monastiche. Alla metà del XVI sec. tutta la zona doveva già essere bonificata se si dà credito alle testimonianze di Bernardo Sacco, che cita distese di campi a cereali, prati e marcite, nonché «selve estese e antiche di grandissime querce».
Un territorio però insicuro, disseminato di pericoli, fra cui temute bande di malfattori. Fu a partire dal XVIII sec., con l’intensificazione della rete irrigua, che la coltura del riso si diffuse fino a divenire la dominante del paesaggio. L’ambiente naturale originario si è estinto. Ma non solo, anche quello che si era adattato alle nuove condizioni d’uso del suolo (la flora spontanea della risaia, le colonie di ardeidi e gli anfibi) si è rarefatto a causa dell’uso di diserbanti e pesticidi. Le risaie d’oggi sono diverse da quelle di un secolo fa, sono più vaste, selezionate, meccanizzate e non richiedono più il lavoro di centinaia di mondine.

Albano Marcarini, SENTIERI NEL TEMPO – Viaggio nelle terre insubriche, Motta Editore, 192 pagine
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