Itinerario a piedi o in mtb nella Val Mulini, lungo il confine fra Italia e Svizzera, nelle colline comasche.
Il bizzarro confine italo-svizzero sulle colline a oriente di Como infrange le regole della geografia. Non rispetta le linee di crinale e la direzione dei corsi d’acqua, quegli elementi che, di norma, sono d’ausilio per distinguere politicamente e non solo fisicamente, un territorio dall’altro. C’è una vallata italiana, ad esempio, fra i comuni di Drezzo e di Ronago, dove il torrente Faloppia scende verso nord, verso la Svizzera, e non verso sud, verso la pianura. Si dice fosse stata una cortese concessione degli Svizzeri, quando nel Cinquecento si fissarono i confini. Non si volevano affamare i comaschi. In quella valle infatti era concentrato un numero spropositato di mulini – fino a 45 – tanto che essa non prese il nome dal suo corso d’acqua, ma divenne la Val Mulini per eccellenza. Tutti macinavano per la città di Como, incessantemente.

Itinerario pedonale o ciclabile (MTB) nella Val Mulini nei comuni di Drezzo, Faloppio, Ronago, Uggiate-Trevano, in provincia di Como. Distanza: 11.7 km – Tempo di percorrenza: 4 ore – Dislivello: 260 metri – Altezza massima: Ronago (Cappelletta), a 359 metri.- Segnavia: cartelli e frecce gialle con l’indicazione Circuito turistico Val Mulini – Periodo indicato: autunno, anche in inverno nelle giornate miti. Punto di partenza e arrivo: Centro Civico di Uggiate-Trevano, lungo la strada provinciale 45 per il valico doganale della Val Mulini.
Dove mangiare. La Locanda degli Eventi, via dei Prati 55, Ronago, tel. 031.980197. – I buoni prodotti: Azienda agrobiologica Val Mulini, via Cappelletta, Ronago, tel. 031.980025, www.agrobiovalmulini.com – Produzione di formaggi, burro e yoghurt con procedimenti naturali. Spaccio aperto il martedì, il venerdì e il sabato, dalle 9.30 alle 12 e dalle 15.30 alle 19.
Internet: http://www.provalmulini.eu/associazione.html – È il sito dell’associazione che si occupa della salvaguardia e della valorizzazione della zona.
© Albano Marcarini 2022 – Ultimo aggiornamento: gennaio 2012

Quanto è rimasto di quel patrimonio oggi è unito lungo un sentiero, detto appunto della Val Mulini. Una bella e ben segnalata escursione, una facile camminata a due passi dalla città. Il punto di partenza è ubicato nel comune di Uggiate-Trevano e precisamente nel fondovalle, lungo la strada provinciale 45 (Via Mulini), presso il parcheggio del locale Centro Civico (1, km. 0, alt. 274). Si inizia a seguire la rotabile in direzione nord, rispettando la segnaletica gialla fino a imboccare, verso destra, Via Campagna (2, km 0.3, alt. 267), una stradella che promette quel che dice il suo nome. Lasciate infatti le ultime case, si attraversa un lembo di fondovalle, modellato come un grande prato.
Senza avvedercene, dopo aver attraversato una fitta pineta, ci avviciniamo al Confine di Stato. La Svizzera sta proprio al di là di un ruscelletto: un’asse fa da ponticello e possiamo provare l’emozione di un espatrio clandestino. Ripreso il cammino nel territorio lombardo, l’itinerario supera il Faloppia su un ponticello in legno (3, km 1.2, alt. 258) ponendosi poi lungo la sua sponda sinistra. Qui il torrente, per circa un chilometro, fa da confine; sulla sponda opposta, dietro una collinetta, si estende la piana di Seseglio, frazione di Pedrinate svizzera. E, sopra, si staglia il boscoso colle conico del Penso, dove si cela l’antico oratorio di S. Stefano. Scrive nel suo diario Luigi Lavizzari l’8 ottobre 1850: «Quel colle è interamente composto di conglomerato comense, che consiste in un’arenaria cinerea entro cui sono seminati ciottoli di granito, serpentino, pòrfiro, anfibolite, gneis e schisto micaceo…». Praticamente tutta la mineralogia dell’arco alpino, trascinato qui dai ghiacciai.
Si avvicina un cascinale animato da una quantità di animali ‘da cortile’, da ponies e amichevoli asinelli. Ripreso l’asfalto, la valle si stringe. Dinanzi a noi si scorge la mole del Generoso e l’incavo della Val di Muggio. Poco più avanti il Faloppia lascia il territorio nazionale ed entra nel Canton Ticino. Presso Chiasso metterà le sue acque nella Breggia per tornare infine in Italia e sfociare nel Lago di Como, vicino Cernobbio. Insomma, un vero fiumiciattolo transfrontaliero.

Presso un’area gioco (4, km 1.9, alt. 250), si lascia la stradella asfaltata e, piegando a sinistra, si entra nel Bosco dell’Aglio. Deve il nome all’abbondanza di aglio ursino del sottobosco, ma naturalmente anche altre specie vegetali vi allignano con favore, tanto che vi è stato allestito un piacevole percorso botanico tabellato. Ora si cammina su sentiero aggirando la collina dove sorge l’azienda agrobiologica Val Mulini, specializzata in ottimi prodotti caseari. Sbucati sulla strada provinciale (cautela!) si piega a destra e, prima di raggiungere il valico doganale di Ronago, si piega a sinistra, su una strada campestre che porta al cospetto del cascinale di Campersico (5, km 2.6, alt. 265).

Il nucleo, ancora ben connotato nella sua corte chiusa, sorge quasi sulla linea di confine, che passa subito alle sue spalle. Entrando si scorge, sulla destra, il palazzo padronale (sec. XV-XVI) col suo portico retto da colonne in granito. Vi si stabilirono le famiglie Marchesi e Turconi, importanti proprietari terrieri. La piana che circonda il cascinale, sconfinando nel Canton Ticino, mette in evidenza la sua natura glaciale. Il ritrovamento dei resti di un’imbarcazione preistorica fa addirittura pensare a plaghe paludose e lacustri, sulle quali si erano sistemati insdiamenti di palafitte.
Retrocedendo per pochi metri, l’itinerario ora punta verso il terrazzo di Ronago. Ci arriveremo con un largo giro nel bosco ceduo fino a spuntare a pochi metri dal locale valico doganale (6, km 3.5, alt. 351). La strada asfaltata ci fa salire nell’abitato passando accanto allo stabilimento Ambrosoli, noto per i suoi prodotti derivati dal miele. Soprattutto le celebri ‘caramelle’, inventate da Giovanni Battista Ambrosoli nel 1930 e reclamizzate in tutta Italia attraverso una penetrante ed efficace campagna pubblicitaria. La piazza del Municipio (7, km 4.3, alt. 364) è il centro di Ronago. Vi sorge la chiesa parrocchiale, erede di una primitiva cappella e di un presidio di vigilanza tardoimperiale lungo i percorsi fra la pianura e i valichi alpini. L’attuale edificio fu innalzato fra il 1761 e il 1771 seguendo, con poche varianti, il modello comasco della chiesa del Crocifisso. All’interno si ammira un corposo apparato decorativo, opera di maestri ticinesi dell’Ottocento. Delle opere d’arte più antiche, pure presenti in buon numero, poco invece si conosce riguardo i loro esecutori. Colpisce, fra tutte, un Crocifisso ligneo (inizio del sec. XVI) per la sua dolorosa espressività.
Con una serie di serpentine, passando accanto al centro sportivo, il percorso riprende la via del fondovalle. Lo si raggiunge quando si arriva al cospetto del Roncaccio (8, km 5.2, alt. 280), uno strano edificio, completamente in abbandono e sommerso dalla vegetazione. Ha una storia singolare, legata alla produzione di vino, l’attività più diffusa in questa zona nell’Ottocento e ora sopravvissuta solo nel Mendrisiotto. Fu costruito nel 1880 da un imprenditore locale come un vero stabilimento vitivinicolo, dotato di enormi cantine e di cisterne per il deposito delle uve. Prese il nome di ‘Masseria del Sole’.

Ora il percorso segue il fondovalle in direzione contraria a quella dell’andata. Uno stradello borda la campagna al piede del colle ed entra nel territorio comunale di Uggiate-Trevano. A un tratto si confluisce appunto nella strada (Via 25 Aprile, 9, km 6.8, alt. 289) che sale a Trevano (qui siamo anche a breve distanza dal punto di partenza, se si volesse chiudere qui l’anello). La si segue, verso destra, fino alla prima curva; qui la si abbandona per tornare, lungo un sentiero nel bosco. Grazie a una scaletta si vince un dislivello e si spunta fra i campi terrazzato che stanno al margine di Trevano. Si avvicina l’abitato, ma non vi si entra. Alle prime case si volge a sinistra, lungo Via S. Rocco (10, km 7.9, alt. 355), riprendendo la direzione dei campi. Siamo circa 60 metri più in alto del fondovalle del Faloppia e la visuale si apre sulla Spina Verde comasca. Un lungo declivio morenico ci riporta al livello del torrente, presso il luogo di memoria di un filatoio (11, km 10.5, alt. 296), attivo dal 1872, che come i mulini traeva l’acqua necessaria per muovere i suoi macchinari. Questi, i mulini, si incontrano ora uno dopo l’altro lungo la strada provinciale 45: il mulino del Gallo, il mulino Pettola, il mulino Pozzo, il Peverel, il Re, lo Zeppet. Tutti racchiusi nello spazio di poche centinaia di metri. Non era il torrente a muovere direttamente le ruote, ma le sue derivazioni artificiali, dette ‘rugie’, mediante le quali si poteva controllare meglio la portata dell’acqua. Dalla roggia la corrente veniva convogliata in una stretta gora di cemento per aumentarne la velocità e muovere la grande ruota in ferro che, a sua volta, azionava le mole interne al mulino o, in alternativa, i possenti bracci che muovevano le seghe per il legno.
Diversi mulini appartennero per lontana consuetudine a mugnai della Valsolda, evidentemente provetti in questo genere di attività. Notevole, sempre lungo la via, la Cascina Cantù, tradizionale luogo di ritrovo popolare e punto di transito dei mulattieri. Spesso sulle pareti esterne degli edifici più vecchi si notano delle immagini sacre. Molto comune la Madonna con il Bambino, segno di un legame duraturo fra il mulino e la comunità.

La Cascina Parpola (12, km 11.4, alt. 280), con in facciata l’affresco della Madonna del Carmine, sta a fianco del crocevia fra la provinciale e l’altra strada che collega Uggiate con Drezzo e con Parè. Un luogo adatto per impiantare un’osteria, come infatti era la cascina alla quale si aggiunse il vanto di avere brevemente ospitato Giuseppe Garibaldi alcuni giorni dopo la battaglia di S. Fermo. Proseguendo oltre il crocevia, si ritorna al punto da cui si era partiti.

Albano Marcarini, Atlante dei sentieri di campagna. Lombardia, Ediciclo editore, 2020, 20 cm x 20 cm, 156 pagine con mappe, foto, acquerelli.
Come gli antichi navigatori che si accostavano con curiosità a nuovi mondi, questo libro, anzi questo atlante perché di esplorazioni con tanto di mappe si tratta, invita a riscoprire le nostre campagne, a indagare luoghi di bellezza, magari a due passi a casa. I mondi vicini sono quelli in cui sono nati, cresciuti e dove hanno lavorato, spesso duramente, i nostri antenati. Sono le campagne della Pianura Padana, delle colline e delle valli prealpine, sono le cascine, i fossi, i filari e i boschi, i campi e le risaie, i sentieri e le stradine sterrate. Valgono il piacere di una gita, come un tempo, magari in bici o a piedi, come meglio credete. E anche di un pranzo in trattoria o di una merenda all’aria aperta.
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