Itinerario in MTB o e-bike all’Alpe Boròn, nella Val Lia, tributaria della Val Viola Bormina, nel comune di Valdidentro, in Alta Valtellina.
«Appena fui sulla strada soleggiata mi sentii in una disposizione d’animo avventurosa e romantica, che mi rese felice. Il mondo mattutino che mi si stendeva innazi mi appariva così bello, come se lo vedessi per la prima volta. Tutto ciò che scorgevo mi dava una piacevole impressione di affettuosità, di bontà, di gioventù». Queste parole dello scrittore svizzero Robert Walser vi saranno d’augurio quando in una bella giornata d’estate vi avvierete in mountain-bike o anche con una buona e-bike verso questa piacevole meta sulle montagne della Val Viola, nel Bormiese. L’obiettivo è un alpeggio, l’Alpe Boròn, di proprietà dell’Ersaf, l’ente di sviluppo agricolo e forestale di Regione Lombardia, come modello di piccola economia silvo-pastorale. Vi potrere riposare sui prati, ristorare con buone pietanze e ripartire verso valle con lo zaino carico di buoni formaggi artigiani.
Punto di partenza: Isolaccia, frazione di Valdidentro (alt. 1345, 46°29’21.04”N – 10°17’44.21”E). Si raggiunge da Bormio seguendo un tratto di 8 km della strada 301 diretta a Livigno. Punto di arrivo: Alpe Boròn (o Borròn; alt. 2057, 46°26’51.79”N-10°16’45.78”E). Avendo tempo è possibile raggiungere, con un tratto di salita la chiesetta di S. Colombano (alt. 2484, 46°27’20.68”N-10°17’39.19”E), sul crinale del Pizzo Boròn.
Distanza: 9.6 km (solo andata). Dislivello in salita: 712 metri (1139 a S. Colombano). Pendenza media:11.7%. Condizioni del percorso: pista forestale su asfalto e sterrato, senza difficoltà ma con tratti di pendenza molto ripidi specie da Boròn a Prei e a S. Colombano (oltre Prei su sentiero o prati).
Periodo consigliato: da giugno a ottobre. Dove mangiare: Agriturismo Alpe Boròn, con alloggio, tel. 0342.848032, cell. 338.2825448, http://www.aziendagricolagiacomelli.it – Dove dormire: Agriturismo Rhaetia, via Fraele 1, 0342.986134, www.agriturismoraethia.it – www.ersaf.lombardia.it/servizi/foreste/foreste_fase02.aspx?ID=116
Indirizzi utili: Consorzio turistico Valdidentro, via Nazionale 18, Isolaccia di Valdidentro, tel. 0342.986123, http://www.valdidentro.org
Highlights: il paesaggio delle alte quote, il bosco, l’attività dell’alpeggio.
1. Il primo tratto del percorso, usciti da Isolaccia (alt. 1345), si svolge su una strada consortile aperta al traffico locale che si interna nella Val Viola Bormina, seguendo a una moderata altezza il suo versante idrografico destro (sinistro per chi sale). Questa strada si individua facilmente dopo aver percorso per circa 350 metri Via Zardin, parallela al torrente Viola (la Via Zardin inizia presso il ponte sul torrente stesso a Isolaccia). In ogni caso il relativo segnavia non dà adito a errori. Il percorso inizia quindi a salire nel bosco lasciando in basso il torrente. La mulattiera storica resta più bassa: parte dal fondo del centro sportivo di Isolaccia e ci raggiunge all’altezza della prima radura.

2. La strada è asfaltata, ma piacevole anche a piedi; il traffico praticamente nullo. Verso i 1600 metri d’altezza si incontra la radura di Pezzèl circondata dai larici. Evitando le diramazioni verso le proprietà private , si continua sull’esile nastro di asfalto. Ora ai larici succedono gli abeti. Qualche area di sosta consente di tirare il fiato su una salita che non concede molta clemenza. Il tracciato asseconda le pieghe del versante. Dopo buon tratto si perviene a un crocevia: si trascura la direzione verso destra per S. Carlo e si continua sulla mezzacosta.
3. A 1755 metri d’altezza, dopo aver trascurato, sempre a destra, la diramazione per la Val Cardonè, si perviene alla Madonna di Presedont (alt. 1764), località con un’area attrezzata per la sosta e con una fresca fontana. Con un tornante si rimonta sopra la chiesa e, poco più avanti, si entra nella Val Lia. Intanto la strada si è fatta sterrata. Dagli spiragli aperti nella pineta si intravede la testata della valle, con la pendice ghiacciata di Cima Piazzi. Alcuni prati non più falciati sono preda della vegetazione spontanea. Si notano anche alcune posatoie per il foraggiamento degli ungulati: cervi e caprioli si possono vedere solo di buon mattino o verso il crepuscolo. Gli osservatori più attenti e discreti, grazie a un binocolo, possono anche seguire le evoluzioni aeree del gipeto, proveniente dal vicino Parco nazionale dello Stelvio. Questo rapace occupa uno spazio tutto particolare nelle nicchie ecologiche. Il suo pasto preferito è composto da ossa e midollo. Grazie alla conformazione del suo becco e alla lingua, forgiata come fosse un cucchiaio, riesce abilmente a strappare le parti a lui più ghiotte delle carogne e delle carcasse di animali morti. È difficile che catturi una preda viva, nonostante l’abilità nel volo planato. È nota anche la sua abitudine di frantumare le ossa più grosse e resistenti facendole cadere da grande altezza sulle roccie. Negli anni ’70 del secolo scorso in Italia si contavano solo 2-3 individui di gipeto, confinati in Sardegna. Oggi, dopo vari esperimenti di reintroduzione in vari siti delle Alpi, il numero dei gipeti nati in natura ha superato quello degli esemplari reintrodotti. Delle 17 coppie formatesi nel 2006 sono stati generati diversi giovani gipeti, tutti felicemente involati. Consultando il sito del Parco nazionale dello Stelvio – http://www.stelviopark.it – si possono scaricare altre informazioni sul monitoraggio di questo superbo animale.
4. Dopo le baite di Paluetta di Dentro (alt. 1950) si arriva a un’altra biforcazione, ormai in vista della meta. A sinistra inizia il tratto di salita che può prolungare la vostra escursione fino alla chiesa di S. Colombano, sulla linea di crinale.

5. Proseguendo diritto si raggiunge invece l’Alpe Boròn (alt. 2057). La sua conduzione spetta per tradizione alla famiglia Giacomelli di Grosio; ha un’estensione di 8 ettari; viene ‘caricata’ a giugno da una mandria di vacche bruno alpine. A questa si aggiungono un gregge di ovini di razza bergamasca e alcuni esemplari di vacche scozzesi delle Highland, riconoscibili dal pelo lungo e folto, di recente introdotte in vari alpeggi alpini con buoni risultati. Nella costruzione, modernamente attrezzata, si trovano la sala di mungitura, il fienile, il caseificio e gli ambienti domestici. Vi si produce un ottimo formaggio semigrasso, di gusto dolce ma con un pizzico appena percettibile di amarognolo. Se dopo la visita all’alpe si vuole raggiungere la chiesa di S. Colombano occorre tornare al bivio prima citato (punto 4) e proseguire in salita con alcuni tornanti che si spingono fino alle baite Prei (alt. 2156), splendido punto panoramico sul gruppo di Piazzi e sul passo del Foscagno.

6. Sopra le baite Prei si risale il pendio, ormai privo di alberi, senza traccia certa, tenendo in direzione nord-est all’interno di una vallecola fino a quota 2250; da qui, volgendo più decisamente verso est sud-est si traguarda la sella compresa fra il Dosso le Pone (a sinistra; in dialetto Li Pòna) e il Pizzo Borròn (a destra; Pichìn).

7. Su di essa si erge il piccolo tempietto intitolato a S. Colombano (alt. 2484), ma soprattutto si gode di una magnifica veduta sulla sottostante conca di Bormio e sul gruppo dell’Ortles-Cevedale. La chiesuola, situata sul confine fra i comuni di Valdidentro e Valdisotto, ha due particolarità: di essere una delle più elevate sul livello del mare della Lombardia; e di ricordare nella dedicazione il santo che, con l’amico Gallo, scesce nel Medioevo dalla vicina Svizzera per evangelizzare la Valtellina. I due santi erano di origine irlandese – la loro vicenda risale al VII secolo – e furono, in certo senso, i seguaci di S. Patrizio che, due secoli prima, aveva iniziato le missioni di evangelizzazione sul continente europeo. Colombano, fra l’altro, è ricordato per essere stato il fondatore del celebre monastero di Bobbio, nell’Appennino Piacentino, centro di cultura e irraggiamento della fede nelle oscurità del Medioevo. L’edificio, sorto probabilmente nel sec. XVII al servizio degli alpigiani di Val Lia, è ad aula unica con un absidiola pentagonale. Vi è conservata una tela della Madonna fra i santi Gallo, Colombano e Lucia. A questa chiesuola si collega idealmente quella dedicata a S.Gallo, ubicata sulla piana di Bormio e di epoca precedente. Mario Gianasso, autore della più completa guida della Valtellina, sostiene che in antico da questo varco montuoso passava una via diretta a Livigno. E qualcuno si è anche chiesto se, vista la dedicazione della chiesa, il missionario Colombano, nella sua discesa in Italia, non fosse proprio transitato per l’Alta Valtellina, utilizzando le antiche vie di Fraele, dell’Umbraglio, di Verva, o più presumibilmente, come ha suggerito la medievalista francese Règine Pernoud, il passo del Bernina. A questo punto i bikers più esperti possono scollinare e scendere al Forte di Oga (6.5 km, 772 metri di dislivello in discesa) e da lì a Bormio o di nuovo a Isolaccia. Chi invece si sente soddisfatto, dopo aver goduto dello splendido panorama può far ritorno per la medesima strada della salita.
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