Itinerario a piedi nel Bosco delle Pianelle, nel comune di Martina Franca in Puglia.
Il Bosco delle Pianelle è uno degli ultimi lembi boscati dell’altopiano pietroso della Murgia. Si tratta di una riserva naturale di circa 600 ettari, istituita nel 2002, rivestita da una fitta lecceta e solcata da gravine. Il patrimonio botanico, ben rappresentato dalla quercia fragno, rivela lontane parentele con piante e fiori che allignano al di là dell’Adriatico. Le prime cronache che parlano delle Pianelle risalgono alla metà del XIV sec, quando furono oggetto di disputa fra Massafra e Martina Franca, disputa molto accesa a causa dell’enorme valore che avevano le aree boschive per lo sfruttamento del legno. Nell’800 il bosco fu rifugio di temuti banditi. Il nostro itinerario, a sviluppo circolare, attraversa due porzioni del bosco fra le quali s’inserisce il tipico paesaggio agrario murgiano con masserie, muri a secco, campi di cereali e isolati patriarchi vegetali.
Lunghezza: 7.7 km – Tempo di percorrenza: 2 ore e 45 minuti. – Dislivello: 115 metri. Partenza e arrivo: Piazza del Leccio (m 396), bivio di percorsi forestali. Lo si raggiunge da Martina Franca seguendo la strada statale 581 per Massafra. All’altezza del km 15, indicazioni verso destra fanno accedere al Bosco delle Pianelle (sul lato opposto si trova il Centro Visitatori). Una stretta rotabile asfaltata giunge, dopo circa 2 km, alla Piazza del Leccio, dove si posteggia l’auto. Percorso: strade campestri, sentieri forestali. Segnavia: inesistente. Periodo consigliato: da ottobre ad aprile. Dove mangiare: nessun punto di ristoro lungo il percorso, dotarsi di provviste e di una buona scorta d’acqua. Indirizzi utili: Comune di Martina Franca, 080.4836111. Riserva Naturale Regionale Orientata “Bosco delle Pianelle”, Strada provinciale Martina Franca – Massafra Km. 14+900, Martina Franca, 080.4400950. Per saperne di più: V.Martino, Il segreto del bosco, Schena, Fasano 1991. Internet: http://riservaboscopianelle.it/wp – Sito ufficiale della Riserva naturale orientata Bosco delle Pianelle istituita nel 2002.
Itinerario pubblicato su AIRONE, agosto 2005. Aggiornato a dicembre 2015. © 2016 Albano Marcarini.
La Piazza del Leccio 1 prende il nome da un maestoso esemplare di questa pianta che si erge proprio al centro della gravina. Si inizia a seguire a piedi lo stradello che risale l’ombroso solco alberato in direzione nord. L’asfalto disturba e una buona gestione dell’area protetta dovrebbe operare per restituire alla gravina il suo assetto originario, propizio alla fauna selvatica. Fortunatamente l’itinerario devìa quasi subito dalla strada e s’inoltra, verso sinistra, lungo un ramo secondario 2. L’avvallamento è quasi del tutto ricoperto da una vòlta vegetale che filtra i raggi del sole. Il fondo è battuto: riporta alla memoria antiche vie di comunicazione. Questi solchi naturali erano infatti utilizzati per i collegamenti mulattieri e pastorali fra le Murge e la piana costiera dello Jonio. Il più importante era il Tratturo Martinese, la più meridionale delle vie di transumanza appenniniche, che transitava nel fondo della Gravina del Vuolo, poco più a ovest. Migliaia di pecore transitavano ogni anno, due volte l’anno, lungo queste ‘strade d’erba’ dirette alle spiagge dello Jonio (in inverno) o ai pascoli alti dell’Abruzzo (in estate).

A un tratto il percorso si riduce a sentiero lungo le diritture dei muretti in pietra dividenti le proprietà. Le pietre sono le ‘chianche’ calcaree, usate oltre che per i muri anche per le coperture dei trulli. Passati accanto a una ‘foggia’ (cisterna e vasca d’acqua) 3, si entra nel fragneto. L’ambiente è più luminoso per via dei tagli che mirano a riportare il bosco da ceduo ad alto fusto. Il fragno, come l’affine vallonea, sono quercie originarie dei Balcani, trasmigrate nella Puglia nel Miocene durante la regressione del Mare Adriatico. Fra i contorti rami degli alberi si nota la coloratissima upupa, impegnata in acrobazie aeree, mentre più elusive sono l’averla cinerina e l’averla capirossa, anch’esse frequentatrici del fragneto.
La lenta risalita del bosco si conclude all’innesto con una carrabile 4 che, verso destra, recinge a settentrione la riserva naturale. Ci attende un lungo rettifilo fra campagne sempre più aperte dove occhieggiano isolate, bianche masserie. Subito dopo l’ingresso della Masseria Mongelli si lascia la strada principale e si imbocca, verso destra un’altra carrabile sterrata 5 che piega di nuovo verso sud. Si cammina avendo a sinistra l’oscura selva di un’altra gravina e, verso destra, la piatta distesa dei campi, vigilati a grande altezza dal volo della poiana. In fondo si profila la Masseria Pianelle.

Si passerà all’interno della proprietà (nel caso i cancelli fossero chiusi aggirare dall’esterno) per discendere infine nella gravina, nei pressi di un’improvvida discarica 6. Qui, senza imboccare la strada che, in breve, porta alla statale Martina Franca – Massafra, si piega a destra tornando nel bosco. Di nuovo la strada s’incava e si ricrea un denso abito vegetale. Gli alberi, questa volta soprattutto carpini, spuntano dalle scarpate lasciando in vista le radici. Negli incolti spuntano peonie e delicate orchidee. A un tratto si incontra un altro gigantesco leccio 7, «albero antichissimo – secondo Cesare Brandi, critico d’arte – su cui i secoli passano senza far cadere la cenere». Muschi e felci indicano il buon tenore d’umidità di queste depressioni e accompagnano per l’ultimo, felice tratto del sentiero, fino al punto dal quale si era partiti.
« Il leccio è la pianta, ancor più del pino, che fa Italia, Mediterraneo, sole. Il leccio è un muro di foglie, una cupola di foglie, è costruito di foglie come di mattoni. E sono dure, quelle foglie, come ritagliate nella latta, e quando il leccio è giovane, sono anche pungenti, come quelle del caprifoglio. Ma il colore di queste foglie è ineguagliabile; è il verde dell’acqua cupa e il lustro degli occhi delle lucertole, è bronzo e marmo, o meglio diaspro. Ed è subito antico. Dopo poco che ha germogliato, diventa virile; è un colore che è la pubertà stessa degli uomini del Sud, con gli occhi neri e fosforescenti, e l’ombra della prima barba, e la pelle olivastra, come impastata d’erba e di terra. Un bosco di lecci è come una città da cui tutti sono assenti, ma la sera torneranno. Le ombre cadono a picco dai lecci come cortine nere, come le tende del deserto; e più il sole è ardente e più le ombre sono nere, e più la luce è stupenda, accigliata, sfolgorante. Nelle ombre dei lecci si affonda come in un’acqua limpida e calda, tutto traspare, tutto si può toccare con mano, vicino e lontano in questa apparenza d’ombra che filtra la luce, ma tanto la filtra, tanto è fitta, che quel che arriva al fondo è un’essenza di luce, come l’essenza che spreme dal vino l’alambicco. Alte e severe sono le immagini che si legano a questi alberi, su cui i secoli passano senza far cadere la cenere ».
da ‘Martina Franca’ di Cesare Brandi
TI POTREBBE ANCHE PIACERE

Albano Marcarini, IL SENTIERO DEI TRULLI E DELLE GROTTE, Alleanza Ass., Milano, 96 pag.
Il Sentiero dei trulli e delle grotte nelle Murge sud-orientali della Puglia è un itinerario escursionistico affrontabile a piedi in due giorni o in bicicletta in uno. Il punto di partenza è a Castellana Grotte, centro situato a 40 km da Bari. Il punto d’arrivo è ad Alberobello, cittadina situata all’estremità orientale della provincia barese a 55 km dal capoluogo. Lo sviluppo complessivo del sentiero è di 23.9 km; il dislivello è di 268 metri. Il suo andamento è semplice e l’altimetria costante, con minime variazioni.
€6,00
Rispondi