Ossola, la valle del pane di pietra

La ‘Strada Alta’ da Domodossola a Villadossola. Itinerario a piedi lungo la pendice occidentale della media Val d’Ossola

L’ Ossola, la lunga vallata che s’incunea fra le Alpi Pennine e Lepontine, la si può prendere sotto varie prospettive, accompagnati da diversi personaggi. Possiamo seguirla con gli occhi dei rudi somieri che alla guida di lunghe carovane scendevano dal passo del Gries per scambiare i prodotti d’oltralpe al mercato di Domodossola. Oppure con il pesante passo delle armate di Napoleone mentre calcano la rotabile del Sempione, che l’imperatore volle per facilitare il passaggio dei suoi cannoni.

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Villaggio dell’Ossola

Ancora. Con lo sguardo incantato dei viaggiatori ottocenteschi che, per lo stesso valico, misero piede in Italia per i loro viaggi romantici. Con la mestizia di quanti emigrarono da una valle troppo povera per sfamare tutti i suoi figli. Con l’occhio furtivo e il passo svelto dei partigiani della Repubblica dell’Ossola, terra liberata dal nemico invasore, e così via. L’Ossola è solcata da due ferrovie, molto diverse fra loro: una è la linea internazionale del Sempione, realizzata per il traforo all’inizio del Novecento, dove scorrono i treni veloci; l’altra è la più vecchia linea proveniente da Novara, tipica ferrovia locale che semina stazioni come fossero fagioli. La prima è fatta per transitare, la seconda per fermarsi. Chi aspira a desideri di conoscenza deve scegliere quest’ultima; poi, a piedi, scandagliare il fondovalle e i suoi severi versanti, da Mergozzo fino a Domodossola. Troverà infiniti motivi d’interesse che appartengono a questa valle costruita sulla pietra.

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Tappia

Che la solida roccia di queste montagne sia potuta diventare pane è un fatto che altrove avrebbe del miracoloso. Qui nell’Ossola è un evento comune. La pietra è stata infatti l’unica sua grande risorsa. L’Ossola ha un repertorio di circa 300 specie minerarie. Sono per la maggior parte rocce metamorfiche risalenti al Paleozoico, la più antica dell’ere geologiche. Esse risultano compresse o emergenti dal dinamismo di eventi consumatisi nell’arco di centinaia di milioni di anni. Marmi, graniti, serizzi sono state estratti e lavorati fin dall’inizio della presenza umana sulle sponde del Toce. La cava di Candoglia provvede, dal 1387, a fornire il marmo al Duomo di Milano. Queste pietre hanno ‘costruito’ la valle degli uomini: le loro case, le chiese, torri e castelli, i selciati delle vie, i muri che reggono i campi, ruote e macine, gli oggetti e gli utensili dell’uso quotidiano. Se non fosse per quel sontuoso manto arboreo che la ricopre, oggi avremmo allo scoperto una delle meraviglie dell’ingegno umano. Un edificio di pietra che avvolge e regge la montagna. Miliardi di pietre, abbozzate e posate in linee orizzontali e verticali, alcune di grandezza tale da far pensare a costruttori megalitici. Scoprire l’Ossola di pietra significa percorrere i vecchi sentieri, le gradonate che di queste pietre sono l’essenza, significa stupirsi o commuoversi di fronte alle umili dimore degli alpigiani. Lungo via non incontrerete più i ‘picasàss’, gli scalpellini dai calzari chiodati che tornano stanchi alle loro dimore, non potrete neppure immaginare la loro perenne fatica, le mani offese dalle ferite e dal tremore, i polmoni pregni di pulviscolo, sarete soli al cospetto del loro lavoro, di fronte al formidabile, altissimo urlo della valle del pane di pietra.

La ‘Strada Alta’ da Domodossola a Villadossola

Itinerario a piedi lungo la pendice occidentale della media Val d’Ossola con partenza dalla stazione Fs di Domodossola (linea Milano-Domodossola) e arrivo alla stazione Fs di Villadossola (linea Novara-Domodossola). Si osserveranno i caratteri dell’insediamento e del paesaggio agrario di mezzacosta, collegando diversi nuclei tradizionali fra ombrose macchie di castagno. Ripercorre un’antica direttrice di collegamento fra Domodossola e la Valle Antrona che interessa, fra l’altro, il Sacro Monte Calvario del capoluogo ossolano.Dislivello: 530 metri. Segnavia: bianco/rosso con la dicitura A1. Condizioni del percorso: sentieri, gradonate e brevi tratti di asfalto.•Periodo consigliato: dalla primavera all’autunno.Altre informazioni utili. Nessun punto di ristoro, pensare alle provviste a Domodossola; acqua frequente nei villaggi. Per far ritorno a Domodossola si può anche utilizzare, oltre alla ferrovia, l’autoservizio Comazzi (per informazioni sugli orari, Comazzi bus; fermata in via Bianchi).•Indirizzi utili: Ufficio turistico di Domodossola, presso la Stazione Fs, www.prodomodossola.it; Riserva naturale Sacro Monte Calvario di Domodossola, Borgata Sacro Monte 5, Domodossola, tel. 0324.241976.Per saperne di più: Club Alpino Italiano, Guida di Villadossola, Villadossola 1996.

Ossola.mapL’itinerario inizia alla stazione Fs di Domodossola (alt. 280). Si imbocca il corso Ferraris, perpendicolare alla stazione, entrando nel centro storico. Giunti nella piazza Repubblica dell’Ossola, con una breve deviazione sulla destra, si può ammirare la pittoresca piazza del Mercato, con i suoi stretti palazzetti di tipica impronta alpina. L’insieme rimanda al ruolo commerciale della città, punto d’incontro delle correnti di traffico transalpino nel corso dei secoli.

1. Domodossola. «Domo d’Ossola – scrive Alessandro Volta il 4 settembre 1787, diretto in Svizzera – è borgo con porte, ponti levatoi, che si chiudono a modo di città, governatore, e 25 o 30 invalidi di guarnigione sarda. È assai male fabbricato in generale, poco popolato; conta però molte case e persone civili. Il domo, che dà nome al borgo era altre volte cattedrale, e residenza ad tempus del vescovo di Novara, alla cui diocesi appartiene tuttora. La più gran casa, sebben antica in massima parte è la casa Silva del consultore, che sono stato a vedere». La ‘gran casa’, o Casa Silva, si trova a pochi passi dalla piazza del Mercato; è un pregevole edificio rinascimentale del 1519, voluto da Paolo Della Silva, capitano di Francesco I. In parte modificato nel 1640, possiede interni con arredi originari, notevoli soffitti a cassettoni e camini.

La vicina chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio, risalente al 1470, documenta nel portale l’unico avanzo della chiesa più antica, citata nell’anno 840 e demolita da Giovanni Galeazzo Visconti per poter ampliare il castello. Il fatto gli causò una scomunica che fu annullata solo dietro la promessa di riedificarla esattamente dov’era.

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Una cappella del Sacro Monte Calvario di Domodossola

Si esce dalla città seguendo le indicazioni per il Calvario (via Rosmini), la cui rampa gradonata si appoggia alle pendici del colle, delimitata dalle cappelle della Via Crucis. Il complesso del Calvario (alt. 395) emerge pian piano dal folto del bosco.

2. Il Sacro Monte Calvario. Come spesso accade, certe montagne hanno il pregio di conservare un valore sacrale che va ben oltre le differenze di culto e lo scorrere del tempo. Così, su questo dosso, ben prima dell’attuale complesso del Calvario, pare si celebrassero riti in onore delle matrone pagane. L’attuale santuario è sorto nel XVII secolo accanto al castello di Mattarella, distrutto dalle milizie vallesane scese nel 1415 a conquistare l’Ossola, ma che ebbe ruolo strategico nel periodo in cui la valle, a partire dal 1014, dipese dai Vescovi di Novara. Il santuario col suo corredo di cappelle e edicole sacre riprende il significato e la tipologia dei Sacri Monti alpini, baluardi nella difesa della fede cattolica contro le insidie riformiste. Vi si applicò con grande carica espressiva lo scultore Dionigi Bussola, un «habitué» di tali lavori poiché aveva già a lungo lavorato ai Sacri Monti di Varallo e di Orta. Egli realizzò le scene dei Misteri della Passione, distribuite parte nelle cappelle lungo la salita, parte nell’edificio del santuario. Nella prima metà dell’Ottocento il complesso religioso ebbe particolare impulso sotto la guida del sacerdote e filosofo Antonio Rosmini: vi fondò l’omonima congregazione religiosa, dedita all’attività educativa.

Lasciato il Calvario si segue la strada asfaltata che, in salita, conduce al camposanto di Calice. Qui si imbocca, all’altezza del tornante, una stradina campestre che passa subito alle spalle della chiesa di Crosiggia (alt. 410). Si intravedono i primi segni dell’accurata lavorazione del paesaggio: lembi di coltivo a terrazzi, detti ‘sostin’; fasce di vigneto; isolate costruzioni rustiche. La veduta è aperta sul fondovalle del Toce e sull’alta quinta montuosa che divide l’Ossola dalla remota Val Grande. Traversata una strada si prosegue per Anzuno (segnale), lungo una mulattiera di grande bellezza, accuratamente gradonata nella fitta boscaglia. Si torna all’aperto in corrispondenza del terrazzo prativo di Anzuno (alt. 551), preceduto dall’isolato oratorio di Sant’Antonio, del 1685.

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Anzuno

3. Anzuno. Il vicoletto che attraversa il nucleo è protetto da pergolati che appoggiano sulle pareti degli edifici, uno dei quali ospita un antico torchio per la vinificazione. Alle spalle delle case si stendono gli ordinati riquadri delle ortaglie. Lambita la fontana, il percorso segue una carrabile che sale alla Valle dei Mulini. In prossimità del ponte sono ubicati i vecchi mulini: il rio forniva loro la forza idraulica necessaria per muovere le macine. Dietro si trova una cava di pietra ollare: vi si osservano i calchi del materiale asportato per la lavorazione di vasi e pentole. È facile intuire come tutto fosse basato sull’autoconsumo, un’economia povera e marginale che univa all’ubicazione sul versante più soleggiato, un regime collettivo di sfruttamento del bosco e, in parte, di allevamento del bestiame.

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Il sentiero prende quota. Si incontra la cappellina detta ‘dell’oro’ (alt. 602), eretta in segno di pace dopo varie dispute fra i valligiani per i diritti di pascolo e legnatico. Il toponimo ‘oro’ significa ‘orlo’, come d’altro canto è dimostrato dal sito, molto esposto sulla valle. Si perviene così a un altro insediamento di mezza costa: Tappia (alt. 637).

4. Tappia. La chiesa, dedicata a San Zeno, di fattura settecentesca, sorge su un’antichissima cappella, forse risalente all’anno Mille. Un breve tratto di strada introduce alle case, serrate sulla costa prativa a cavallo di un rivo. Alcune, dalla copertura in lastre di beola, hanno le finestre rette da possenti stipiti e architravi monolitici del XIII secolo. Di bella evidenza il vecchio forno per il pane.

Si torna nel castagneto che ha invaso porzioni di terreno un tempo coltivate a segale e patate: si scorgono gli andamenti dei muri di sostegno dei terrazzi. Alcune particelle a prato erano dette dei ‘particolari’, soggette cioè all’uso collettivo vietandovi il pascolo vagante. Dopo alcuni valloncelli si mette piede all’isolata Alpe Maianco inferiore (alt. 690).

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Tappia

Si seguono le indicazioni per Sogno transitando vicino a una freschissima cascatella e giungendo poi al punto culminante dell’itinerario a circa 750 metri d’altezza. Ancora pochi passi e si entra a Sogno (alt. 736), insediamento che rimanda alle fasi di colonizzazione della valle, quando a protezione di nemici o di eventi naturali si preferivano al fondovalle posizioni di versante, meglio protette.

Si intraprende ora la discesa verso Villadossola toccando via via altri nuclei fra cui Colletta (alt. 561) e Daronzo (alt. 505). Man mano che si perde quota si infittisce la rete degli antichi percorsi pedonali che univano fra loro frazioni e case sparse. Da Daronzo si può scendere direttamente a Villa passando per Noga, oppure proseguire in costa per un tracciato più largo ma altamente panoramico che avvicina luoghi dai significativi toponimi: Mongiardino (‘giardino sul monte’), Ronco (luogo coltivo e terrazzato), Crotto (anfratto nella montagna), Rogolo (forse fitotoponimo da ‘rovere’).

Si giunge infine in piano, a Villadossola (alt. 270) in corrispondenza dello storico ponte sull’Ovesca, più volte rovinato dalle alluvioni e sul quale, fino al 1930, transitava la rotabile del Sempione, sulle traccie dell’antichissima Via Francisca. Il rettilineo corso Italia conduce alla stazione ferroviaria.

5. La chiesa di San Bartolomeo. Avendo tempo si può fare una breve visita alla chiesa di San Bartolomeo, il miglior esempio di architettura romanica dell’Ossola, in parte rimaneggiato nel XVII secolo ma che dell’originario impianto conserva lo svettante campanile, l’abside e la navata centrale. Il tutto, ovviamente, in pietra a vista.

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Albano Marcarini, La ferrovia Domodossola-Locarno e la Via del Mercato, Lyasis, 2011, 176 pag. a colori con mappe, foto e acquarelli, 11 x 16,5 cm – Anche in lingua francese.

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