Volterra… una volta c’era una cremagliera

AGGIORNAMENTO 2017 – ATTENZIONE! QUESTO ITINERARIO HA SUBITO DIVERSE MODIFICHE DA QUANDO FU CONDOTTO IL SOPRALLUOGO. Attualmente si sconsiglia di percorrerlo in mountain-bike a causa di frane o tratti infrascati. A piedi lo si può percorrere con cautela, aggirando i punti critici.

Da Saline di Volterra a Volterra. Itinerario lineare a piedi con partenza dalla stazione FS di Saline di Volterra (linea Cecina-Saline) e arrivo alla ex-stazione di Volterra.

La singolare posizione topografica di molti centri dell’Italia centrale, ubicati sull’alto delle colline per lontane ragioni storiche di difesa o di migliore situazione ambientale impedì spesso, nel corso dell’Ottocento, funzionali collegamenti con la rete ferroviaria in via di costruzione. Per evitare difficili salite le linee correvano lungo i fondovalle e dalle stazioni occorrevano ancora diversi chilometri per raggiungere i centri abitati. Si formarono così delle vere e proprie entità urbane – i cosiddetti ‘scali’ – come a Cortona, Chiusi, Orte ecc. che divennero in breve i fulcri commerciali del circondario. Nel caso di Volterra, invece, si optò per una soluzione diversa e in certo qualmodo unica nel contesto delle ferrovie toscane.

La bella e nobile città si erge su una collina di arenaria a dominio della Toscana centrale, a circa 500 metri d’altezza. Con la realizzazione della ferrovia Cecina-Saline di Volterra, aperta all’esercizio il 20 ottobre 1863, diramazione della linea Pisa-Grosseto-Roma, si pose subito la questione di come prolungare il servizio essendo la stazione terminale di Saline posta a soli 70 metri d’altezza e distante 11 chilometri di strada dal capoluogo, distanza che le diligenze coprivano in circa due ore di tragitto. Era certamente un problema vitale, che oggi forse non riusciamo a cogliere nella sua sostanza, legato alla necessità di impedire l’isolamento economico di Volterra, allora capoluogo di circondario, rispetto ad altri centri già serviti dal potente mezzo di progresso rappresentato dalla via ferrata. Un’infinita di proposte e progetti furono avanzati durante tutto l’ultimo quarto del secolo ma senza esito per difetti di ordine tecnico o per conflitti d’interesse. Fu grazie allo sforzo, anche economico, dell’amministrazione comunale di Volterra e all’intercessione del principe Piero Ginori-Conti, che solo nel 1908 si decise finalmente il prolungamento della ferrovia da Saline a Volterra.

Le notevoli questioni di natura tecnica, su come vincere un forte dislivello su una distanza abbastanza contenuta, furono risolte con l’adozione di un sistema misto con trazione a vapore. Nel tratto iniziale la linea avrebbe corso con aderenza normale, mentre nel tratto più acclive si sarebbe adottato un sistema a cremagliera, caso unico fra le ferrovie gestite dallo Stato assieme alla coeva linea Paola-Cosenza. Ma oltre a ciò si sarebbe applicata un’altra soluzione singolare, l’adozione di un regresso nei pressi della stazione di Volterra, cioé un tronco di binario che i convogli dovevano percorrere in inversione di marcia per l’impossibilità di realizzare una curva di ampio raggio sulle ultime balze collinari. Nell’esercizio la locomotiva si sarebbe così trovata sempre in coda al treno, spingendolo in salita e frenandolo in discesa. Si utilizzarono locomotive tender a 3 assi e ruota dentata, costruite nelle officine svizzere di Winterthur e note come Gruppo 980 FS, che svilupppavano una potenza di 325 kW consentendo una velocità massima di 15 km/h nel tratto a dentiera e di 40 km/h nel tratto normale.

Gat.674Inaugurata il 15 settembre 1912, la linea venne a costare molto più del preventivato e costrinse il comune di Volterra, a cui era spettato l’onere iniziale, a chiedere il riscatto allo Stato che lo accettò nel 1917. Oltre al traffico passeggeri, si trasportavano materie prime, soprattutto alabastro di cui Volterra sviluppa ancor oggi un fiorente artigianato, legname, carbone e concimi chimici. Dopo la prima guerra mondiale si avanzarono diverse proposte per connettere questa ferrovia con un possibile nuovo tronco in direzione di Pontedera e Lucca, realizzato nel 1928 ma solo fra quelle due città. In definitiva la vita di questa originale ferrovia fu abbastanza breve. La concorrenza dell’autoservizio, la necessità di far trasbordare i passeggeri a Saline, il mai intrapreso progetto di elettrificazione, le forti spese di gestione furono le ragioni che la condussero a un lento declino. Il 21 novembre 1958 con l’arrivo dell’ultimo treno a Saline fu posto fine all’esercizio.

Oggi, di questa ferrovia rimane ancora per intero la sede che può suggerire agli escursionisti un curioso modo per raggiungere Volterra. E’ possibile infatti ripercorrerne tutto il tracciato seguendo i botri, attraversando le Biancane, fra dossi e dorsali di compatta argilla riarsa dal sole, quasi del tutto spogli di vegetazione, segnati da isolati casali. E’ possibile ovviamente seguire la traccia in entrambi i sensi, noi lo faremo in quello della salita, che offre il suggello della meta da raggiungere, la splendida Volterra che si distende, con la sua eccezionale cerchia murata, sulla china del colle.

Volterra
Mappa del percorso

Si svolge lungo il tracciato della ferrovia dismessa. Da Volterra si può tornare a Saline utilizzando l’autolinea in partenza dal piazzale della ex-stazione.  Lunghezza:8,6 km. Dislivello:424 metri. Tempo medio di percorrenza: 1 ora e 30 minuti. Condizioni del percorso: strade sterrate ricavate sulla massicciata ferroviaria. Nessun punto di ristoro lungo il percorso fino a Volterra. Indirizzi utili: Ufficio turistico, Piazza dei Priori, VOLTERRA (PI), Tel. 0588 86099
Orario: Aprile-Ottobre  9-13  14-19 – Novembre-Marzo  10-13  14-18 – 
www.volterratur.it –Periodo consigliato: da novembre a maggio. Bibliografia: P. Lanino, La costruzione della linea in aderenza mista Saline-Volterra in ‘Rivista tecnica delle ferrovie italiane’, marzo 1912, pag. 161-172; A.Betti Carboncini, La ferrovia di Volterra in ‘Treni oggi’, n.30, 1993, pag. 14-23. Internet: www.ilmondodeitreni.it/lineeferroviarie/CecinaVolterra.htm – Itinerario pubblicato su ITINERARI DI AMICOTRENO, Toscana, Leonardo International, Milano, 1997

La stazione di Saline (km 0, alt. 72), oggi terminale della linea proveniente da Cecina, era invece transito intermedio quando la ferrovia raggiungeva Volterra. Essa svolgeva in passato un traffico merci ben più intenso di oggi caricando il sale prodotto dalle vicine officine.

1. Le saline di Volterra. L’evaporazione di lagune isolate dal mare che in tempi remoti ricopriva questa parte di Toscana, ha prodotto depositi stratificati di sale, sfruttati fin dall’antichità e in modo più razionale nel XVIII secolo, quando i Lorena impiantarono stabilimenti di lavorazione. Più della metà del salgemma estratto in Italia (3.396.000 tonnellate nel 1994) proviene da queste saline.

Il primo tratto del percorso, non potendo attraversare la zona di manovra della stazione, si effettua sulla via principale di Saline in direzione di Volterra, ma giunti all’uscita dell’abitato, si volge a destra (via Pia) raggiungendo in breve la vecchia sede ferroviaria, individuabile dalla lunga schiera di orti che vi si sono allineati a fianco. Si inizia qui il tratto di risalita, volgendo verso sinistra, lungo la massicciata sterrata, ben percorribile. In questo tratto la linea, ancora in aderenza normale, seguiva l’incavo del Botro dei Canonici, delimitato dall’affioramento delle cosiddette ‘biancane’, un fenomeno erosivo caratteristico del Volterrano. Si tratta di cupolette argillose quasi del tutto prive di vegetazione (al più si scorge dell’erica e della ginestra), sulle quali, in seguito a evaporazione dell’umidità del substrato, si forma uno leggero strato salino di colore azzurrognolo. Ben presto si raggiunge il primo casello (km 2.2, alt. 82), semidiroccato e avvolto dalle acacie e dai carrubi. Il tracciato asseconda le sinuosità del botro, mentre i profondi solchi arati disegnano una bizzarra geometria sulle ripide balze collinari. Solitari casali si atteggiano a sentinelle fra le infinite distese dei campi ondulati. Di tanto, in tanto, si scorge l’ancor distante Volterra. All’altezza del secondo casello (km 4, alt. 152), uno slargo indica il punto ove avveniva l’innesto del binario a dentiera.

2. La cremagliera. Superato il tratto iniziale di 3590 metri con una pendenza massima del 25 per mille, si applicava qui il tratto a cremagliera per ulteriori 3719 metri con una pendenza costante del 100 per mille. La rotaia dentata (sistema Strub) posta al centro del binario, fornita dalle officine Roll di Berna, era fortemente ancorata al suolo da tronchi di rotaia annegati nel calcestruzzo.

In effetti la strada si fa ora più acclive e bisogna immaginare lo sforzo, gli sbuffi, lo stridore e il clangore delle macchine a vapore mentre impegnavano la salita. La massicciata si eleva un poco sul piano di campagna e due ponticelli superano degli stradelli poderali. Il paesaggio si vivacizza. Spuntano chiazze di alberi, qualche filare e isolati cipressi, lembi di campi a terrazzo. L’itinerario si avvicina alla città, sfiorando dal basso la poderosa fortezza. A un tratto la sede, finora sempre ben percorribile, sembra scomparire ma, in realtà si trasforma in uno stretto sentiero, un po’ avviluppato dai cespugli. E’ un punto, detto Fonte Pippoli, ove il tracciato richiese notevoli opere di contenimento per reggere la cedevole pendice. Lentamente si piega in direzione del quartiere suburbano di San Lazzaro, di cui si scorgono in basso le nuove case.

3. Il ponte doppio di San Lazzaro. Poco prima di accedere alla stazione la ferrovia superava con un viadotto a due archi la strada diretta a Colle Val d’Elsa.Si trattava di un ponte obliquo disposto su due rami distinti, poiché quello superiore corrispondeva alla tratta di regresso verso la stazione.

Stazione.Volterra
La stazione di Volterra

Superato il ponte (km 7,6, alt. 490) si giunge al punto del regresso, sul quale i treni manovravano per l’ingresso alla stazione. In pratica, la locomotiva dopo aver spinto da Saline i vagoni dalla parte della coda, giunta a questo punto retrocedeva con i vagoni al traino per giungere in breve alla stazione di Volterra (km 8.6, alt. 502). L’immagine della dismessa stazione getta un pizzico di nostalgia: due grossi alberi sono cresciuti proprio dinanzi agli accessi ai binari; la tradizionale insegna a lettere cubitali campeggia ancora sulle pareti laterali dell’edificio che oggi ospita gli uffici della locale azienda di trasporto pubblico; il piccolo corpo delle ritirate è divenuto un pollaio.

Volterra
Volterra

Giunti fin quassù volgete ora lo sguardo verso il cammino fatto, verso il panorama che scorre dinanzi ai vostri occhi, così come lo vide e ne scrisse Guido Piovene: « Dalle terrazze di Volterra, sormontata da una poderosa fortezza, lo sguardo spazia sul paesaggio d’un bianco livido, simile a quello delle nuvole di temporale; ma quel colore di temporale è costante, perché appartiene al suolo. Nelle stagioni fredde è tutto scoperto, in quelle calde si ricopre a tratti di vegetazione, e ne traspare, specie se la luce è radente, come fa l’acqua fra le canne. Si scorge talvolta un bue bianco sulle vertebre di terra livida che salgono verso Volterra e, spesso, per chilometri nessuna persona umana. Volterra domina, monocroma, perché anche i tetti sembrano coperti di un velo di cenere. Le belle piazze e le strade in pendenza, le case-torri, uniscono la suggestione medievale a quella remota del museo etrusco, che è tra i più ricchi d’Italia ». Insomma una sorta di invito a visitare, prima di tornare a Saline, la bella città.

4. Volterra. In antico Velathri fu capoluogo di una delle dodici lucumonie del territorio etrusco. Già nel V secolo a.C. essa fu cinta di mura entro un perimetro molto più ampio di quello attuale, segno dell’importanza della città come centro minerario e mercantile. Nel 260 a. C. fu l’ultima delle città etrusche a cadere sotto l’influenza romana. Intorno al XIII sec., con l’istituzione del libero Comune, si pose mano alla costruzione dell’attuale cinta muraria e ai principali edifici civili e religiosi. Passata nelle mani dei Fiorentini, nella seconda metà del XIV secolo, essa divenne con la costruzione del la Fortezza medicea un forte caposaldo strategico ai confini con il territorio senese. Vissuta a lungo di riflesso fra i dominii  medicei con una sostanziale riduzione della sua importanza territoriale, ebbe un certo rilancio nel XVIII secolo con l’avvento della nuova organizzazione politico-amministrativa lorenese.

Un itinerario di visita, anche breve, non può fare a meno di interessare la storica piazza dei Priori e le vie circostanti dove si raccolgono i principali monumenti cittadini: il Palazzo dei Priori, iniziato nel 1208 e compiuto nel 1257 sotto il podestà Bonaccorso Adimari; il Palazzo Pretorio con la sua torre merlata; le altre due torri dei Buonparenti e dei Bonaguidi; la Cattedrale, risalente al XIII secolo su disegni di Nicola Pisano; il coevo Battistero a pianta ottagonale. Importante anche la vasta zona archeologica (aperta tutti i giorni dalle ore 11 alle 17) dove si sono riportati alla luce notevoli tracce della presenza romana, come il Teatro e il Foro. Infine, di eccezionale interesse, la visita del Museo Etrusco Guarnacci (aperto tutti i giorni dalle ore 9 alle 19), per la ricchezza dei reperti scultorei (urne cinerarie in alabastro, tufo e terracotta) e per le collezioni di gioielli, bronzi (fra cui il bellissimo bronzetto di efebo detto ‘Ombra della sera’, risalente al II secolo a.C.) e monili.

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