Itinerario pedonale sul versante orientale del cratere del Lago di Nemi.
“Per gli aspetti della natura avviene come per l’arte: molto ne è stato scritto, eppure solo chi li vede con i propri occhi li dispone in un nuovo rapporto” (Goethe)
Conoscete la leggenda del ramo d’oro ? Il ramo d’oro fu quello che Enea colse per invito della Sibilla prima di accingersi al viaggio nel regno dei morti. Secondo gli antichi, a questa leggenda era collegata una strana usanza: solo chi fosse riuscito a strappare un ramo dell’albero che cresceva nel recinto del santuario di Diana a Nemi, uccidendo il sacerdote che vigilava su quei luoghi, poteva succedergli come “re del bosco”. A partire da questo sacro e sanguinario rito, uno studioso scozzese, James G. Frazer, elaborò il più completo studio sull’antropologia religiosa nel mondo, un’opera di quasi 900 pagine che è punto di riferimento per ogni studioso. Anche il grande Turner, che aveva visitato, come molti dei suoi conterranei, questi luoghi e saputo della leggenda, ne aveva tratto ispirazione per uno dei suoi più bei quadri dove il piccolo lago vulcanico, che gli antichi chiamavano ‘lo specchio di Diana’, appariva cristallino e circondato da oscure selve nelle quali certamente avrebbe potuto ancora aggirarsi la temuta dea dei boschi. Il nome di Nemi si fa derivare da nemus, bosco, e molti poeti e scrittori latini, come Vitruvio, Strabone e Ovidio, si lasciarono sedurre dalle sue bellezze. Pio II, nei suoi commentari, lo definì abitato da ninfe e da muse. Insomma pochi furono quelli che sfuggirono all’incanto di questo delicato paesaggio lacustre, in grado di stimolare l’animo dell’artista con le sue atmosfere elegiache, quasi crepuscolari. Un ambiente dove l’espressione selvaggia della natura – siamo dopotutto nel cono di un antico vulcano – è avvolta al mito, alla celebrazione dell’antichità classica, all’immagine del pittoresco. Oggi il paesaggio è un poco mutato. Nella verdeggiante conca del lago si affastellano lunghe serre e spicca dall’alto il lungo edificio che ospita i modelli di due famose navi romane. A saper cogliere però il fascino di siti così tanto celebrati dalla storia, anche oggi una breve passeggiata offre un meritato compenso. Come George Sand scenderemo allora a piedi al lago “che è molto grazioso: un diamante di acqua turchina, incastonato nella roccia tra i fiori e il fogliame”. E come lei faremo un bouquet o semplicemente ci lasceremo sedurre dalla strana flora e dai ricordi mitologici di questo suggestivo antro naturale.
Lunghezza: 3 km. Tempo di percorrenza: 1 ora e 30 minuti, escluse le soste. Dislivello in salita: 200 metri. Condizioni del percorso: sentieri, strade comunali selciate. Periodo consigliato: tutto l’anno. Dove mangiare. A Nemi: Colazza, piazza del Mercato 7, tel. 069368021; Castelli, C.so Vitt. Emanuele 55, tel. 069368360; La Conca di Byron, C.so Vitt. Emanuele 6, tel. 069368119. Le buone cose. Agriturismo apicoltura De Sanctis, nei pressi del santuario di Diana, via dei Laghi 36 (per assaggiare le famose fragoline di Nemi). Indirizzi utili: Museo delle navi romane – Aperto dalle 9.00-19.30; la domenica 9.00-13.00. Per visite guidate a comitive, contattare il G.A.L. (Gruppo Archeologico Latino), tel.06-9419665. Internet: www.comunedinemi.it
Itinerario pubblicato su AIRONE, n.172, agosto 1995, aggiornato il 12.02 2010.
Da Nemi al santuario di Diana.
Il punto di partenza di questa escursione a piedi è stabilito a Nemi, piccolo borgo dei Colli Albani posto in bellissima posizione sul margine alto del cratere vulcanico. Lo si raggiunge in auto o in bus da Roma lungo la Via dei Laghi. Il palazzo baronale dei Ruspoli (nella foto di copertina), in fase di restauro, è la sua maggior attrattiva monumentale, attorno al quale si stringono le case e si aprono scoscese viuzze. Ci si potrebbe attardare, in stagione, ad assaporare le squisite fragoline per cui Nemi va famosa oppure, per chi non l’ha fatto, ad acquistare provviste. Proseguendo da piazza Umberto I si sottopassano il palazzo baronale e una monumentale porta uscendo dal paese in direzione del lago. Subito, sulla sinistra, si stacca una bella mulattiera selciata e gradonata che si inizia a discendere.
Nemi
1. Il lago di Nemi. Questo piccolo specchio lacustre, di origine vulcanica, ha una superficie di 1,67 kmq e una profondità massima di 21 metri. Viene alimentato dalle acque piovane e da piccole sorgenti che sgorgano dalle pareti del cratere. E’ dotato di un emissario artificiale in galleria, scavato dagli ingegneri romani forse nei primi anni del IV sec. a. C., che procovò un notevole abbassamento del livello originario delle acque. I laghi dei Colli Albani si formarono durante l’ultima fase dell’evoluzione eruttiva del Vulcano laziale (circa 60 mila anni fa). La prima fase si verificò circa 700 mila anni fa con l’innalzamento di un grande cono eruttivo avente un diametro di circa 60 chilometri; in seguito, il bordo della bocca del cratere, crollando formò una prima conca interna nella quale spuntò un’altro cono vulcanico in corrispondenza dell’attuale Rocca di Papa. Il consolidamento delle più antiche bocche eruttive determinarono l’apertura di bocche eccentriche lungo le pendici del primitivo cratere, molte delle quali occupate poi dai laghi. L’intera zona dei Colli Albani, per le sue ricchezze naturali e archeologiche, è oggi destinata a Parco naturale regionale.

Man mano che si procede nella discesa la vegetazione si fa più fitta, con passaggi sotto pareti vulcaniche ricoperte di fronde di edera e vitalba che sembrano rievocare le rovine di antichi templi. A un tornante si volge a sinistra, lasciando la traccia che si seguirà al ritorno in salita. Si lambiscono le Piagge, una zona di ripiani erbosi un tempo coltivati e dove oggi impera una grande varietà di erbe e arbusti.

2. La vegetazione. Dell’antico bosco sacro a Diana, composto con tutta probabilità da un folto querceto, restano oggi solo alcuni tratti residuali in cui si è progressivamente introdotto il castagno. Lembi di originaria lecceta, favorita dal clima, dal suolo e dalla sua congenita resistenza, si scorgono sotto la rupe di Nemi. Molto comuni, lungo il sentiero, gli arbusti di viburno (Viburnum tinus) con i suoi piccoli grappoli fruttiferi di colore bluastro, di smilace (Smilax aspera), di ligustro (Ligustrum vulgare) e di cisto (Cistus salvifolius) dai grandi fiori bianchi. Insolita e interessante la presenza del borsolo (Staphylea pinnata), un arbusto dal frutto simile a una piccola vescica e i cui semi, un tempo, si usavano come grani per le corone del rosario.
La grande abbondanza di vegetazione occlude alla vista un’antichissima fonte termale, nonché i ruderi di una chiesa dedicata a San Nicola. Quando la mulattiera in trasforma in viottolo asfaltato si è in prossimità al fondo del bacino. Si segue ora, verso destra, la strada che contorna le sponde del lago, fra campi delimitati da muretti, dove al riparo delle serre si coltivano fiori e ortaggi. Fatte alcune curve si giunge a un largo spiazzo da cui, verso destra, riprende la traccia sterrata dell’itinerario. Proseguendo però lungo la strada principale si può effettuare una diramazione fino al Museo delle Navi romane.
3. Il Museo delle navi romane. Sotto l’impero di Caligola furono varate nel lago di Nemi due eccezionali navi che venivano periodicamente usate come dimora galleggiante in occasione delle feste offerte in onore di Diana. Erano simili a ville, con mosaici, capitelli, addobbi in legno. Affondate ai tempi dell’imperatore Claudio, furono recuperate solo negli anni Trenta di questo secolo, grazie al temporaneo abbassamento delle acque del lago. Esposte nelle ampie sale di un museo appositamente costruito nelle auliche forme dell’architetture di regime, andarono purtroppo distrutte durante la seconda guerra mondiale. Il Museo è stato riaperto nel 1988 e ospita oggi i modelli ridotti delle navi con alcuni reperti che si poterono salvare dalla distruzione. E’ aperto tutti i giorni dalle 9 alle 14. Per informazioni: tel. 06/9419665.
Ripreso l’itinerario, resta da affrontare ora il tratto in salita per far ritorno a Nemi, non prima però di accedere alla visita del recinto che ospitava il santuario dedicato a Diana (vi si arriva in breve, deviando per un centinaio di metri sulla sinistra appena iniziata la salita).
4. Il santuario di Diana. Anche dall’esterno ci si rende conto della vastità del complesso: una grande piattaforma di circa 45 mila metri quadrati, in parte retta su pilastri, oggi occupata da un vigneto. Restano tratti dei muraglioni di recinzione dove sono ricavate una serie di nicchie. Gran parte dei reperti ivi rinvenuti sono oggi esposti nei musei di mezzo mondo e anche i resti del teatro, dei ninfei e dei vari edifici attigui sono stati di nuovo sepolti dopo gli scavi condotti fra il 1924 e il 1928. Incerta è la posizione del tempio, che gli studiosi identificano con alcuni lacerti di muro venuti alla luce in una posizione eccentrica al recinto. Ma, al di là dei riscontri materiali, proviamo a immaginare, con le parole di Frazer, le cupe visioni dell’antica leggenda: «In questo bosco sacro cresceva un albero intorno a cui, in ogni momento del giorno e della notte, si poteva vedere aggirarsi una truce figura. Nella destra teneva una spada sguainata e si guardava di continuo d’attorno come se temesse a ogni istante di essere assalito. Quest’uomo era un sacerdote e un omicida; e quegli da cui si guardava doveva prima o poi trucidarlo e ottenere il sacerdozio in sua vece dopo aver spezzato un ramoscello. Era questa la regola del santuario. L’ufficio tenuto in condizioni così precarie gli dava il titolo di re; ma certo nessuna testa regale riposò tra maggiori inquietudini, né fu mai turbata da più diabolici sogni. Ai miti e ai pii pellegrini sembrava certo che il solo suo aspetto oscurasse la bellezza di quel paesaggio, come quando una nuvola, in un giorno di luce, copre a un tratto il sole». Il culto di Diana a Nemi fu istituito da Oreste, uccisore di Toante, poi riparato in Italia portando con sé il simulacro di Diana Taurica. Altre due divinità minori erano venerate a Nemi: la ninfa Egeria, moglie del saggio re Numa; e Virbio, il prode cacciatore protetto da Diana.
Tornati al punto ove si era lasciato il cammino principale si procede verso monte, seguendo uno stretto varco selciato ingombro di vegetazione fino a congiungersi con la mulattiera che, verso destra, in diagonale, rimonta l’orlo del cratere. Infine si riprende il tratto iniziale del percorso d’andata per ricomparire a Nemi facendo tornare alla mente, a mo’ di chiosa, quanto scrisse, proprio qui, Henry James nel lontano 1872: «Avrei voluto tener da parte una parola per la piccola e muschiosa Nemi, appollaiata su un ripido ciglio alto sul lago; eppure, malgrado tutto, quando mi fui inerpicatò fino a lassù, passando per un grande arco che presumo un tempo sia stato quello d’ingresso alla città, dopo aver contato venti o trenta abitanti (almeno credo), che mi guardavano furtivamente dal buio delle loro soglie ed aver osservato l’antica torre cilindrica alla cui base si addensano le case del villaggio ed aver affermato che tutto era strano, bizzarro, disperatamente fuori dal comune, quel che c’era da dire, lo si era detto.»
Le citazioni sono tratte da: George Sand, Lettres d’un voyageur, Michel Lévy, Parigi 1857; James G. Frazer, Il ramo d’oro, Bollati Boringhieri, Torino 1991; Henry James, Ore italiane, Garzanti, Milano 1984.
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Albano Marcarini, Il Sentiero dei Papi, Alleanza Assicurazioni, Milano 1999, pag. 80, con foto, carte e acquerelli. Formato: 11 x 16 cm. – 4,00 € – Acquista
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