Itinerario lineare in bicicletta con partenza dalla stazione Zerbinate delle Ferrovie Emilia Romagna e arrivo a Ferrara.
Solo Achille Campanile, indimenticato autore umoristico del Novecento, sapeva tratteggiare con ineguagliabile realismo l’ambiente di alcune nostre stazioni ferroviarie. «Vi ricordate di quella volta – scrive a proposito – che il vostro treno si fermò verso mezzogiorno a una stazioncina in piena campagna. C’era un sole che spaccava le pietre. Il treno si fermò un minuto; si sentì sbattere uno sportello; si udì una gallinella che accennava a fare coccodè; poi una trombetta, seguita subito da un fischio breve della locomotiva, e il treno ripartì». Ebbene, questa stazione esiste. Si chiama Zerbinate e si trova lungo la linea Ferrara-Suzzara, all’estremità occidentale della provincia di Ferrara. Il nome dà l’idea di un luogo lindo e pulito, fatto apposta per far scendere i ciclisti o per servire a qualche solitaria contadina andata in città il giorno di mercato. Zerbinate è il punto di partenza di questo itinerario che vi accompagnerà per una cinquantina di chilometri lungo l’argine destro del Po tornando infine a Ferrara. Qui è stata di recente tracciata una bella pista ciclopedonale che vi consentirà di pedalare in sicurezza senza interferire con le auto. Inoltre, la posizione leggermente elevata dell’argine vi permetterà di scrutare meglio il lontano orizzonte della pianura, fra campi intensamente lavorati, canali, cascinali e villaggi. Dalla parte del Po, il lento fluire dell’acqua assimilerà il senso dinamico del vostro movimento spingendovi verso l’ancor lontana foce del grande fiume.
Stazione Zerbinate.
Si sviluppa nella pianura ferrarese occidentale, per gran parte lungo una pista ciclopedonale. Il trasporto delle biciclette sulle Ferrovie dell’Emilia Romagna è soggetto alla medesima tariffa di Trenitalia con biglietti validi 24 ore da 2.50 Euro a 3.50 Euro: info su orari www.fer.it – Lunghezza: 48.6 km Dislivello in salita: trascurabile. Tempo medio di percorrenza: 3 ore, escluse le soste. Condizioni del percorso: strade secondarie, argine maestro del Po su pista asfaltata. Mezzo consigliato: bicicletta da turismo con battistrada rinforzato. Periodo consigliato: da maggio a giugno, da settembre a ottobre. Dove mangiare. A Ospitale: Colibrì, via Madonna della Pioppa 12, 0532.893628. A Ravalle: L’Antico Giardino, via Martelli 28, 0532.412587, www.ristoranteanticogiardino.com – Assistenza tecnica. A Bondeno: Rosano, via Pironi 46, 0532.897081. Noleggio biciclette: ITINERANDO, P.le Kennedy 2, Ferrara, 0532.202003. Oltre al noleggio biciclette è possibile avere visite guidate per gruppi alla città (www.itinerando.it). Il punto di noleggio si incontra all’uscita pedonale del parcheggio Centro Storico. Disponibilità anche su chiamata sia giorni feriali sia festivi. Indirizzi utili. Ferrara Terre e acqua – uff. tur. della Provincia di Ferrara, www.ferraraterraeacqua.it – Uff. informazioni, Castello Estense, Ferrara, 0532 209370 / 299303, infotur@provincia.fe.it, www.ferrarainfo.com – Uff. info turistiche, Atrio Stazione ferroviaria, P.le Stazione, Ferrara, tel. 0532.599490 –Comune di Bondeno, www.comune.bondeno.fe.it – Rocca Possente di Stellata, tel. 0532.885470-899245 (attualmente visibile solo dall’esterno). Impianto idrovoro delle Pilastresi, tel. 059.416511 (visite guidate per gruppi).
Itinerario collaudato il 23 marzo 2001, pubblicato su AMICOTRENO, n.8, novembre 2001. Aggiornato il 12 febbraio 2010 e il 26 dicembre 2015.
A Zerbinate (alt. 11, km 0) invano cercherete un bar, tanto meno un paese. La solitaria stazione dà su una stradina di campagna con un fosso per parte. L’unica cosa da fare è iniziare a pedalare. Poco più avanti, alcune case sembrano mettere insieme un abitato. Siamo, in effetti, a Zerbinate ma, come spesso accade in questa pianura consegnata all’agricoltura non molto tempo fa dopo una lunga bonifica, gli insediamenti sono piuttosto rarefatti e i villaggi sembrano talvolta accampamenti provvisori. Si prosegue in direzione di Stellata. Sul ciglio della via si notano alcuni cippi in pietra. Denotano sicuramente un confine, ma essendo deteriorati non si riesce a capirne molto. Nel XVI secolo qui si fronteggiavano gli Estensi e i Gonzaga; dopo il 1713, lo Stato Pontificio e l’Impero asburgico. Sullo sfondo si profila l’argine maestro del Po che fra poco diventerà il nostro compagno di viaggio.
Al km 4.3 si giunge al crocevia di Quatrelle (alt. 11). Si attraversa la strada provinciale e si sale sull’argine. Subito compare, nella golena del fiume, la Rocca Possente di Stellata.
1. La Rocca Possente. Dove la punta più orientale della Lombardia, oltre Mantova, si incontra con l’antico territorio estense, si erge una magnifica rocca a forma di stella. Si trova nella bassura golenare tanto che periodicamente viene circondata dalle acque. Si tratta di una costruzione ferrarese, eretta nel 1362, riattata e trasformata nella prima metà del Seicento. Fronteggiava, con la dirimpettaia e scomparsa fortezza di Ficarolo, sull’altra sponda del Po, i nemici provenienti dalle terre dei Gonzaga o da quelle veneziane. Data la sua vicinanza al fiume, aveva anche la funzione di esigere pedaggi e controllare la navigazione nel punto dove il Po si divide in vari rami per formare il suo ampio ventaglio. Una grossa catena, gettata fra le due sponde, impediva il passaggio alle navi. Diverse volte le flotte veneziane cercarono di risalire il fiume fino alla Stellata per poi discenderlo lungo il ramo di Volano con l’obiettivo di assalire Ferrara. Nel 1482 la zona fu assediata per quasi due mesi da decine di galee e da un folto esercito. Ci volle l’impeto e la bravura di Federico da Montefeltro, capo della lega ferrarese, per allontanare la minaccia. La rocca fu citata da Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso, annotando il viaggio di Rinaldo verso Ferrara: «Restò Melara nel lito mancino; nel lito destro Sermide restosse; Figarolo e Stellata il legno passa, ove le corna il Po iracondo abbassa» (XLIII,53).
Prendendo a seguire l’argine con il Po sulla sinistra, si passa sopra l’abitato di Stellata (km 4.9, alt. 11). Nonostante la sua modestia possiede tre edifici religiosi. Oltre alla Parrocchiale, che si protende voluminosa lungo la via principale, si scorgono anche due oratori appartenuti a confraternite locali. Quello del Rosario, eretto nel 1708, è il più lezioso con la facciata tripartita da paraste e il frontone triangolare in forte rilievo, coronato da tre belle statue. Ma a Stellata c’è anche la Casa dell’Ariosto, abitata nel XVI secolo da Virgilio Ariosto, chierico e nobile, figlio del poeta Ludovico. La traccia costante dell’argine non genera indugi: la si seguirà fedelmente per parecchi chilometri. Una curva (via Comunale per Malcantone) indica la chiusa che regola l’afflusso nel Po del canale delle Pilastresi (km 6.4).

2. L’impianto idrovoro delle Pilastresi. La terra di Bondeno, nella quale stiamo pedalando, fu avviata a bonifica sia dai monaci dell’abbazia di Nonantola, sia da Matilde di Canossa, sia dagli Estensi che ne vennero in possesso durante la seconda metà del XIII secolo. In quei tempi si manteneva però un certo equilibrio fra le terre poste a coltura e le valli allagate. Solo con l’emergere di nuovi interessi economici, legati al possesso di sempre più vaste proprietà terriere, la bonifica ebbe un definitivo slancio che condusse alla quasi totale scomparsa delle zone acquitrinose. Se si osserva con un poco di attenzione il paesaggio, si noteranno le strutture che lo hanno definito nel corso degli ultimi tre-quattrocento anni: gli argini che chiudono i comparti di bonifica e trattengono i letti pensili dei fiumi; le chiaviche che regolano con precisione i rilasci; le idrovore che pompano con forza le acque poste a un livello più basso di quello dei vicini scolatori; i cavi e i fossi che, come una ragnatela, coprono tutta la campagna. Iniziata nel 1928 ma sospesa durante la guerra, l’idrovora delle Pilastresi entrò in funzione nel 1949. Ai suoi tempi era ritenuta uno dei più imponenti impianti d’Europa, in grado non solo di sollevare e scolare nel Po le acque (40 mila litri al secondo) dai comprensori di bonifica, ma anche di distribuire acque (47 mila litri al secondo) per irrigazione su oltre 140 mila ettari. Quattro motori da 25 mila cavalli ciascuno pompano l’acqua nell’imponente edificio posto a cavallo del bacino di presa: sollevandole le portano a livello del fiume scaricandovele. A seconda delle esigenze e degli eventi atmosferici le acque possono essere prelevate (dal Po) o scaricate (nel Po) regolando così l’intero impianto irrigatorio della provincia di Ferrara. Dopo le Pilastresi la pista ciclabile si stacca dal Po e segue fino a Bondeno l’argine del Panaro. L’assenza di un ponte, nel punto dove questo fiume confluisce nel Po, impone un lungo giro. Non è un impiccio perchè la stretta golena del Panaro ha mantenuto un certo grado di naturalità. L’Isola Tontola, proprio nel punto di foce, è un’oasi faunistica, mentre in vari punti della golena sono in corso rimboschimenti con essenze autoctone come la farnia, il frassino, l’acero campestre.
La pista serpeggia sullo stretto argine e si avvicina alle case di Malcantone (km 6.8, alt. 10). Va ricordato che questo tratto terminale del Panaro era, prima della memorabile rotta del 1152, il ramo principale del Po. Bagnando Bondeno esso puntava verso Ferrara dove si divideva in due rami: il Po di Volano, con foce presso Pomposa, e il Po di Primaro, con foce a sud di Comacchio. A un tratto la strada scende dall’argine e si dirige più spedita verso Bondeno. Sulla destra si nota il locale zuccherificio. Infine, dopo un lungo rettifilo bordato dai platani, si entra nel paese (km 12.3, alt. 13).
3. Bondeno. L’immagine di un luogo è quello dei suoi colori, del suo clima, dell’ambiente e della gente che vi viene incontro. Bondeno ha il caldo colore delle estati padane o, al contrario, delle nebbie autunnali. «Lo spettacolo – scrive Mario Soldati – erano semplicemente i colori delle case che avevo di faccia. Mi pareva che avrei potuto continuare a guardarle senza fine: come le onde del mare o le fiamme del caminetto; ma con, in meglio, la pace e la dolcezza della loro viva immobilità». Bondeno non ha monumenti stupefacenti ma un corredo di dignitose architetture religiose che fanno capo alla chiesa arcipretale. Delle sue molte manomissioni si è salvata solo la torre campanaria gotica del XII-XIV secolo. La lunga piazza del centro storico, con al vertice il Palazzo Comunale, fa da punto di riferimento per ogni visitatore.
Prima di lasciare Bondeno bisogna però recarsi un attimo lungo la strada di circonvallazione, fino al ponte sul Panaro, dove appoggiata sul canale come un cavalletto sta la Botte Napoleonica. Il complesso, formato da due edifici che si fronteggiano sulle opposte rive del Panaro, consente con due gallerie il passaggio subalveo del canale di Burana. La botte risale all’inizio dell’800, quando Napoleone riprese con vigore vari progetti idraulici. Entrò però in funzione solo alla fine del secolo risolvendo l’annoso e grave problema di far defluire oltre la gronda alluvionale del Panaro le acque di bonifica di un vastissimo comprensorio, fra modenese, mantovano e ferrarese. Questo canale infatti, utilizzando il letto dell’estinto Po di Volano, arriva direttamente al mare. Oltre Bondeno il nostro percorso passa il ponte sul Panaro e segue, a sinistra, via San Giovanni per indirizzarsi verso la frazione Ospitale (km 14.6, alt. 10). Si torna sull’argine del Panaro, ma sull’opposta sponda, e si procede di nuovo verso il Po. Ripreso l’argine maestro si supera la foce del Cavo Napoleonico (km 19.5; nei pressi è ubicata un’area di sosta) per poi assecondare la sinuosa cornice del fiume. Questo largo e rettilineo canale, iniziato a scavare nel 1807 ma concluso solo nel 1969, consente a parte delle acque del Reno di gettarsi nel Po. D’ora in avanti il fondo della pista sarà asfaltato, ma è giusta quell’osservazione che fece una volta Giovanni Guareschi:«L’asfalto, per il ciclista, è un po’ come il tappeto per l’uomo bloccato nell’albergo: qualcosa di unto, di silenzioso, di felpato. Quando i granelli del ghiaetto scricchiolano sotto le ruote della bicicletta, sembra al ciclista di andar più forte, di avere più aria nei polmoni». Le sue parole sono veritiere e la sua prosa può farci ancora da compagna quando dice di quei «paesi in riva al Po che hanno il loro ingresso d’onore dall’argine: due colonne di ghisa con lampade, una scaletta di pietra con ringhiere di ferro. Le case basse si ranicchiano attorno a campanili altissimi, così, come sul tavolo di cucina, accade che i dadi per il brodo si raggruppino attorno alla bottiglia dell’olio».

Il Po, in questo tratto, scorre un metro sopra le circostanti campagne. Da ciò si comprende l’importanza degli argini. Durante la piena dell’ottobre 2000 a Pontelagoscuro il livello dell’acqua sali quasi 12 metri sul livello del mare. Dal lato della campagna si avvicina ma non si tocca, Porporana, dove si estende un lembo residuo di bosco ripariale, un’oasi provvidenziale per alcuni rapaci, per piccoli mammiferi e anfibi. Oltre il Po, dal lato veneto, spuntano solo le cuspidi dei campanili che superano in altezza il livello dell’argine. Quello di Occhiobello ricorda il punto della disastrosa rotta del 1951, quando il Po invase il Polesine. In alcuni punti la golena è ancora occupata da piccoli boschetti di salici, farnie, pioppi bianchi. Al km 31 si sottopassa l’autostrada Bologna – Padova. Al km 36 si avvicinano le installazioni fluviali di Pontelagoscuro e la doppia conca del Canale Boicelli, realizzato all’inizio del Novecento come idrovia commerciale al servizio della zona industriale di Ferrara. Per via Anita si giunge all’incrocio con la statale 16: si piega a destra seguendo un tratto della trafficatissima strada; al fondo della discesa si volge a sinistra (prudenza!) lungo via della Ricostruzione. Bisogna oltrepassare il nuovo viadotto ferroviario e alcuni impianti industriali per ritrovare l’aperta campagna. La strada corre al piede dell’argine lungo il Canale Lavezzola. Giunti alle prime case di Francolino, si lascia la direzione del fiume e volgendo a destra si seguono i lunghi rettifili alberati che conducono a Ferrara (km 48.6, alt. 6).
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