Alpis Graia: il Piccolo S. Bernardo

Itinerario a piedi sul sentiero storico del Piccolo S.Bernardo, in Valle d’Aosta.

Alpi Graia, così i Romani chiamavano il Colle del Piccolo San Bernardo, punto di transito fra la Valle d’Aosta e la Tarentaise francese. Nel II sec. a.C. Polibio dimostrava già di conoscere questo passaggio – uno dei quattro allora praticabili sulle Alpi – dandogli anche un alone di leggenda con il presunto transito dell’Ercole Tebano. All’eroe greco si assegnava il compito della mitica costruzione della strade alpine vincendo ostacoli sovrumani. Non si sa però se lo storico greco si riferisse davvero al Piccolo San Bernardo o al non lontano, e pure praticabile, Col de la Seigne.

MAPPA.PiccoloSBDalla colonia di Augusta Praetoria, oggi Aosta, milizie e trafficanti salivano con sicurezza la montagna dopo che, nel 25 a.C., gli ultimi riottosi indigeni erano stati definitivamente domati. La lotta contro i Salassi, gli antichi abitatori della valle e gelosi custodi dei valichi alpini, era stata dura e a lungo incerta. Strabone ricorda come questo popolo, fingendo di riparare le strade, usasse in realtà scagliare dall’alto pietre e macigni sugli ignari legionari in marcia. In occasioni meno cruente era invece solito chiedere pedaggi elevatissimi per consentire il transito alle carovane. Evidentemente la libertà dei commerci e l’espansione dell’Impero verso nord passavano attraverso lo sterminio degli indigeni, colpevoli di difendere le loro terre. I cronisti dicono che, dopo lo scontro finale, 36 mila Salassi furono venduti all’incanto come schiavi a Ivrea e per altri 8 mila, atti alle armi, fu vietato ai compratori di renderli liberi prima di vent’anni. Sul pianoro sommitale del colle si trovavano una mansio, un punto di sosta, ed edifici di culto dove porgere alla divinità di turno il doveroso tributo ‘pro itu e pro reditu’, una speciale protezione per l’andata e il ritorno del viaggio. Oltre ai viaggiatori, il valico era aperto alle merci che affluivano in quantità dalle Gallie: rame dal Beaufortin, piombo argentifero da La Plagne, marmi, salgemma, resina e, fra gli alimenti, il saporito formaggio degli alpeggi.

Marmotte
Marmotte

A partire dal X sec. però la funzione del Colle del Piccolo S. Bernardo regredisce a causa della sfavorevole posizione geografica (orientato in senso sud-ovest nord-est) e dell’incremento dei traffici sui valichi concorrenti. Il Gran San Bernardo aprì la sua strada verso la Borgogna e l’area commerciale delle ‘fiere’ della Champagne e, in senso contrario, ricevette l’afflusso di migliaia di pellegrini diretti a Roma. Il Moncenisio, già beneficiato da Carlo Magno con la costruzione dell’abbazia della Novalesa, divenne nel XV sec. il valico ‘ufficiale’ dei Savoia per i collegamenti fra le due principali città del ducato: Torino e Chambèry. La strada del Piccolo S. Bernardo tornò allo stato di mulattiera per i transiti locali, per la transumanza del bestiame, per le emigrazioni di manodopera stagionale e per il trasporto dei minerali estratti nella zona del colle. Ma si trattava di poca cosa. Nel 1780, sulle 24 tonnellate di merci transitate per il Piccolo S. Bernardo si contrapponevano le 1570 del Moncenisio. Divenuto nel 1860, dopo la cessione della Savoia alla Francia, un confine nazionale, il Colle del Piccolo San Bernardo raccoglie oggi un singolare concentrato di attrattive storiche e naturali. La visita è divisa in due parti. La prima prevede la salita al culmine seguendo il presumibile tracciato romano e le varianti di epoca moderna. La seconda aggiunge un circuito sul pianoro del valico.

LA SALITA AL COLLE SUL PERCORSO STORICO.

Itinerario lineare a piedi da La Thuile al Colle del Piccolo S. Bernardo (m 2188) risalendo il versante italiano. Il ritorno avviene lungo lo stesso percorso. La Thuile si raggiunge in auto, percorrendo da Aosta la strada statale 26 (km 56.3); con mezzi pubblici, utilizzando la ferrovia Chivasso – Pré-St. Didier e la linea automobilistica Pré-St. Didier – La Thuile della Savda (0165.361244 – http://www.savda.it/orari_tariffe.htm). Tempo: 2 ore e 40 minuti. Dislivello: 739 metri. Segnavia: bolli gialli con il numero 9. Condizioni del percorso e informazioni utili: facile, senza difficoltà; fontane a Pont Serrand e al valico; nessun punto di ristoro lungo il percorso; bar e ristoranti (San Bernardo, tel. 0335.6374313) al valico. Periodo consigliato: da fine giugno a fine settembre. Dove dormire: a La Thuile, Martinet**, località Petite Golette 159, tel. 0165-884656, o negli altri molti alberghi della località. Indirizzi utili: AIAT La Thuile Petit Saint Bernard, via M. Collomb n.3, tel. 0165.884179 – http://www.lathuile.it/home.asp?l=1 – Consorzio Operatori Turistici – La Thuile
Via M. Collomb, 36 11016 La Thuile (AO), 
tel. 0165.883049. Per saperne di più: P. Barocelli, La strada e le costruzioni romane dell’Alpis Graia, in ‘Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino’, Torino, 1922. Internet: http://www.regione.vda.it/Cultura/beni_culturali/patrimonio/viabilita/piccolo_san_bernardo_i.asp

 

Itinerario pubblicato su QUI TOURING, agosto 2002. Aggiornato il 29.12.2009. Una descrizione di dettaglio di questo itinerario è contenuta in SENTIERI STORICI D’ITALIA, Guide Outdoor, De Agostini, Novara 2004.

Si prende avvio nel centro storico di La Thuile  (m 1441, ‘Ariolica’ negli antichi documenti itinerari romani), al vecchio ponte sulla Dora, di fronte all’omonimo e decaduto albergo. Qui inizia la ‘Vieille Route’, la mulattiera che ricalca la Strada romana delle Gallie (proveniente da Augusta Praetoria, ovvero Aosta, forse per il Col d’Arpi e non per l’aspra gola della Dora, percorsa dall’attuale strada statale). Nel suo primo tratto risale i prati a fianco della Dora di Verney (sullo sfondo emergono le cime del Rutor), contenuta da un lungo muro a secco; quindi, quasi rettilinea, incrocia per ben cinque volte la strada rotabile che si attarda in frequenti tornanti, da cui si evince la diversa concezione stradale degli antichi, tendente a realizzare opere più facili a farsi che a percorrersi, cioè più dirette ma anche molto più acclivi. La strada carrozzabile, oggi statale 26, fu aperta nel 1872, quella del versante francese nel 1866. Paradossalmente, nei primi anni d’esercizio, si utilizzò ancora la vecchia mulattiera: per i pedoni era più breve, per le merci mancavano ancora carri a quattro ruote che potevano convenientemente usare la nuova strada.

Frattanto si sono lasciate le ultime case di Grand Goletta 2, la frazione più alta di La Thuile. La mulattiera ritorna sulla statale all’altezza del ponte sulla Dora di Verney 3 (m 1602). Questo è un punto centrale del percorso, per via del difficile superamento del torrente, che scorre in una profonda e orrida gola. I Romani vi gettarono un primo ponte, distrutto nel 1794 dai Piemontesi in fuga dalle truppe rivoluzionarie francesi. Alla fine dell’800 se ne scorgevano ancora tracce (con un arco di oltre 16 metri di diametro e una larghezza di 4.20 metri), poi più nulla. Il ponte attuale risale al 1874. Subito dopo s’incontrano la bianca chiesetta di San Bernardo, con l’effigia del santo in facciata, e le case di Pont Serrand 4 (m 1651). Il borgo, accuratamente restaurato, era l’ultimo presidio permanente prima della salita al passo. Infatti le dimore sono allineate lungo l’antica via e precedono una prima acclive rampa fra larici e prati. Questo tratto accanto al Rio delle Acque Rosse, specie attorno a quota 1730, è fra i più interessanti per la sussistenza del tracciato romano, su fondo naturale, indicato dal segnavia, e della mulattiera di epoca moderna, in parte selciata che aggira il rilievo con ampie curve e minor pendenza. Si torna a traversare la statale e si affronta una nuova rampa: il terreno cedevole ha fatto qui scomparire ogni traccia antica, ragion per cui vale la pena ammirare la calotta nevosa del Monte Bianco che spunta lontana, sulla destra.

La Roux.Piccolo.S.Bern
La conca di Verney

Quindi si lascia poco discosta, sempre a destra, la Prima Cantina 5 (m 1921), magazzino e rifugio della strada carrozzabile, e si prosegue con minor fatica fra i prati di Combeymar. Più avanti, riattraversata la strada, si guadagna una lieve sella (m 2009) fra la Testa del Chargeur e la Testa dell’Asino, due poggi di roccia calcarea. Il tracciato pianeggia, sospeso sulla conca di Verney, e riavvicina la strada superando la diroccata Seconda Cantina 6 (m 2049), detta ‘des Eaux-Rousses’, dal vicino torrente le cui acque si tingono al passaggio su banchi di tufo ocraceo. Si oltrepassa, lungo la statale, una zona acquitrinosa, poi si riprende l’antico cammino, salendo sulla sinistra della rotabile. Da buon tratto ormai si è superato il limite della vegetazione arborea; dal terreno affiorano solo pingui cuscini di erbe e fiori montani; d’un tratto, da basso, il ceruleo lago Verney (m 2088); infine si scorge il vasto pianoro del valico fra la Punta di Lancebranlette (m 2902) a destra e il Monte Belvedere (m 2641) a sinistra, i due capisaldi della linea di confine fra Italia e Francia, arretrata di circa 1,5 km a nostro sfavore dopo le vicende dell’ultima guerra. Giunti in località Cantine 7 (o, meglio, Terza Cantina, m 2179) prende avvio la seconda parte dell’itinerario: l’anello del colle.

L’ANELLO DEL PIANORO SOMMITALE.

Itinerario circolare a piedi con partenza e arrivo a Cantine del Colle del Piccolo S. Bernardo. Si tratta di un facile sentiero, affrontabile da luglio a settembre, attrezzato con pannelli didattici. Avvicina i monumenti, le attrattive naturali e il Giardino Alpino Chanousia. Tempo: 3 ore. Dislivello: 120 metri. Dove mangiare: diversi punti di ristoro sono ubicati sul pianoro del valico. Altre informazioni utili: Giardino alpino Chanousia, tel. 0033.479074332 – http://www.chanousia.org – (aperto dai primi di luglio alla terza domenica di settembre, tutti i giorni dalle 9 alle 19); un fornito ‘Point d’information touristique’ si trova nell’Ospizio del Piccolo S. Bernardo. 

Si prende avvio (m 2179), a poche centinaia di metri dal confine con la Francia, dove si trova la stazione della seggiovia. Una strada sterrata si dirige subito al Belvedere sul lago Verney 2, splendido bacino glaciale a 2088 metri d’altezza, nelle cui limpide acque si riflettono le nevi eterne del massiccio del Monte Bianco. È il più ampio lago naturale della Val d’Aosta. Il percorso si riporta quindi nelle vicinanze del passo e della rotabile. Parallela ad essa si nota un terrapieno poco pronunciato dove scorreva la strada romana. Accanto sono allineate le basi (complesso A) di una mansio, luogo di accoglienza e ristoro, risalente alla prima età imperiale. Accanto agli alloggi c’erano le scuderie, le rimesse per i carri, un’officina, esattamente come le moderne stazioni di servizio autostradali. Poco più avanti si situa un fanum, ovvero un tempietto con cella a pianta quadrata, circondato da portico. Era dedicato a Ercole Graius. Scavi condotti fra il 1997 e il 2001 hanno individuato un edificio (complesso C) sul lato opposto della strada romana. Dotato di un solo vasto ambiente era anch’esso connesso con le strutture di ricovero del valico.

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Gli scavi archeologici sul colle.

La linea di confine è arretrata a sfavore dell’Italia di circa 1500 metri dopo le vicende della Seconda guerra mondiale tornando alla situazione del 1725, concordata al termine di una lunga disputa sui pascoli sommitali fra il comune valdostano di La Thuile e quello savoiardo di Séez. Oggi taglia a metà un misterioso cerchio di piccoli monoliti infissi nel terreno con un diametro di circa 70 metri. Nulla si sa sulla sua origine (forse la prima età del Ferro, 725-450 a.C.) e, tanto meno, sulla funzione. Un recinto funerario? Un sito rituale? Certamente qui si incontravano i popoli preromani: i Centroni, che abitavano la Tarentaise, e i Salassi, che popolavano il bacino della Dora. È comunque la conferma delle antichissime frequentazioni di questo valico. In passato gli alpigiani erano usi chiamarlo ‘campo di Annibale’, accreditando qui il presunto passaggio del condottiero cartaginese nella sua discesa in Italia, avvenuta attorno al 218 a.C.

La colonna di Giove, simbolo della presenza romana, si erge poco più avanti e reca alla sommità un statua di Bernardo, ovviamente non coeva. Segna il culmine (2188 m) e, forse munita di una lanterna, servì per quasi due millenni a indicare il cammino ai viandanti. Il sentiero procede parallelo e poco lontano dalla rotabile, sul probabile andamento della strada romana. Il pianoro del valico si apre fra la Punta di Lancebranette, a destra, e il Monte Belvedere, a sinistra. Sono montagne che si elevano per circa 7-800 metri sopra il passo e mostrano ampie nicchie perennemente innevate. Su questo verde altopiano le acque glaciali indugiano in torbiere e splendenti laghetti prima di versarsi nel bacino del Rodano o in quello del Po. E’ l’habitat ideale per la crescita della delicata flora alpina. Ad essa è dedicato il Giardino Alpino Chanousia 3, fondato nel 1897 dall’abate Chanoux. L’ingresso si trova sulla sinistra della rotabile. Ospita 1200 specie di piante in una decina di micro-ambienti del tutto simili a quelli che si trovano in natura.

Al fondo del rettifilo si eleva infine l’Ospizio. Restaurato di recente, fu fondato intorno al 1045 da Bernardo di Mentone col nome di Hospitale columnae Jovis. Si dice che accostando l’orecchio alla parete si ascoltino le urla del diavolo incatenato nei sotterranei, fra le rocce. Più avanti si arriva sull’orlo del vallone che guarda la Savoia. Vi è sistemato il Monument des Quatre Vents: nelle sue quattro nicchie vi si riparava il doganiere di turno a seconda della direzione da cui spirava il vento. Il sentiero torna su sé stesso e percorrendo le propaggini del Monte Belvedere fa ritorno alle Cantine. Questo tratto del percorso raggiunge una piccola torbiera d’alta quota e i ruderi della Redoute Ruinée che sostituì nel 1894 la precedente piazzaforte sarda di Traverset e che resistette all’attacco italiano del giugno 1940 cedendo con l’onore delle armi solo dopo due settimane.

LA STRADA ROMANA DELLE GALLIE.

Secondo i cronisti dell’epoca fu opera degna dei sovrani del mondo. Era la grande strada alpina che consentiva di collegare la Transpadana con la Gallia. Seguendo le stazioni citate nell’Itinerarium Antonini era la strada che univa Milano (Mediolanum) con Albertville (Ad Publicanos), alle porte della Gallia Narbonensis, su una distanza di 130 miglia romane, pari a 192 km. Da Augusta Praetoria (Aosta) una diramazione mandava invece a Octodurus (Martigny) e alle lontane regioni della Germania Superior. A Vercelli si univa alla strada principale il braccio proveniente da Pavia e da Piacenza che, diverrà, nel Medioevo, la principale direttrice di pellegrinaggio romeo. La progressione della strada seguì la conquista militare delle legioni. Nel 187 a. C. il console M. Emilio Lepido aveva condotto la Via Aemilia fino a Mediolanum, ponendo un nuovo avamposto verso il nord e ristabilendo il dominio romano sui Galli della regione padana. Nel 100 a.C., dopo una prima vittoria sui Salassi, fu fondata la colonia di Eporedia (Ivrea) all’imbocco della Val d’Aosta. Infine fra il 20 e il 19 a.C., pacificate con la forza le regioni alpine, si mise mano al tronco stradale per Alpis Graia (Piccolo San Bernardo) e, più tardi, forse fra il 41 e il 54 d.C., per Alpis Poenina (Gran San Bernardo). Si abbatterono ostacoli orografici che parevano insormontabili, attraversando vallate ben popolate che garantivano la sicurezza e il comfort ai viaggiatori. Aosta fu fondata nel 25 a.C. proprio alla biforcazione dei due rami della strada, verso i due passi alpini. L’Arco di Augusto, all’ingresso della città, stava a dimostrazione della raggiunta stabilità politica e della superiorità della civiltà romana rispetto ai popoli indigeni sottomessi. La strada correva spesso su massicciate artificiali, sorrette da lunghi muri di pietrame per livellare le asperità. Ma vi erano anche altre opere d’arte che rivelano ancora oggi la grandezza dell’impresa: la galleria artificiale a Donnaz, il passaggio del Montjovet, il ponte ad arco sul Lys a Pont Saint-Martin e quello sul Buthier ad Aosta.

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Questa guida raccoglie 31 itinerari lungo strade e sentieri storici in diverse regioni d’Italia. Si tratta di percorsi facili, molti da affrontare a piedi, alcuni in bicicletta, adatti a tutti.

Sentieri storici in Italia, Albano Marcarini (a cura di -), De Agostini/Alleanza Ass., 2004, 262 pagine con foto, mappe e acquarelli. formato 13 x 20 cm, 10,00 € *

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