Itinerario circolare in gravel, mountain-bike o e-mtb fra le colline che affiancano il corso della Magra nella parte centrale della Lunigiana, in Toscana.
«Vaga e bella come la luna», così Alfonso Gatto ha scritto della Lunigiana. Qualche influsso astrale questa estrema parte di Toscana incuneata nell’Appennino, lo ha certamente avuto. Pensate alle statue-stele, a quelle incredibili raffigurazioni antropomorfe spuntate come funghi nei boschi della valle della Magra, della Lunigiana appunto, pensate alla loro forma. Non è forse un arco lunato quello che corona il capo di quei guerrieri ?
Insistono gli storici a dire che no, che Lunigiana prende da Luni e non da luna, cioé dalla colonia fondata dai romani sulla costa del Tirreno. Il vescovo di quella città ebbe nel tardo Impero giurisdizione su tutta la regione tanto da conferirle il nome. Per molti però resterà la terra della luna, magica e misteriosa. Agguerriti castelli vigilano sulla strada di Montebardone, nel Medioevo la più frequentata porta d’accesso alla Pianura Padana. Danno l’idea di un territorio suddiviso in un congerie di feudi dipendenti ora dall’una ora dall’altra delle potenze più forti. Anche dopo il Congresso di Vienna, nel 1815, la Lunigiana si trovò divisa fra i ducati di Parma, di Modena e il Regno di Sardegna. Sarà per questo motivo che i suoi abitanti ancora oggi subiscono o sono fieri di un’appartenenza spuria dove anche la cucina è un concentrato di svariate provenienze, dove la parlata supera l’orizzonte dei monti e si mischia con il ligure e l’emiliano. Lunigiana, terra di mezzo. La matrice geografica dovrebbe restituirle unitarietà se la comprendiamo nei limiti del bacino idrografico della Magra, dal Monte Borgognone fino alla sua Bocca nel Tirreno, ma è vero che nel passato la sua denominazione si estendeva anche sull’attigua valle della Vara, oggi spezzina. Bisogna tornare all’espressione culturale per ritrovare una coesione regionale, a quelle statue preistoriche, così uniche da definire una facies artistica tutta particolare, o magari alla gente che ci abita, per le vocazioni intellettuali e gli strani mestieri, come quello del libraio ambulante. Oppure è sufficiente dire che è una terra troppo bella perché sia confusa con altre. Per questo merita di recarle omaggio.
Da Villafranca a Terrarossa e ritorno
Itinerario circolare in mountain-bike o e-mtb fra le colline che affiancano il corso della Magra nella parte centrale della Lunigiana.
Partenza e arrivo: stazione FS di Villafranca in Lunigiana (linea La Spezia-Parma).
Distanza: 27,2 km – Dislivello: 380 metri – Tempo di percorrenza: 2 ore e 45 minuti
Condizioni del percorso: strade asfaltate e sterrate con poco traffico (salvo un breve tratto sulla strada statale 62); alcuni brevi ma duri strappi in salita. Attenzione! L’escursione può rivelarsi faticosa se non si ha un minimo di allenamento alla mountain-bike.
Periodo consigliato: da maggio a settembre.
Dove mangiare e dormire: con una breve deviazione, proseguendo dopo Fornaci sulla provinciale 26 si trova dopo circa 1 km l’agriturismo Valle della Luna, Via Valle Scura 2, 389.1579738 – 0187.494684.
Indirizzi utili: Museo etnografico della Lunigiana, Villafranca in Lunigiana, 0187.493417-494400, aperto in estate dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 (chiuso il lunedi).
Per saperne di più: Aa.Vv., Castelli e borghi di Lunigiana, Itinerari di Italia Nostra, Sagep, Genova 1995.
Per chi va a piedi. I tratti su asfalto sconsigliano la passeggiata a piedi. Ci si può però limitare, con profitto, al tratto di strada forestale sterrata fra Sterpillo (dove lasciare l’auto) e Alla Villa, comune alla Via Francigena.
Itinerario pubblicato su Amicotreno nel maggio 1996 – Prima revisione e aggiornamento nel 2016 per la guida La Francigena per principianti, Ediciclo – Seconda revisione nel 2023.
TRACCIA GPX disponibile su richiesta a info@guidedautore.it
L’itinerario prende avvio dalla stazione FS di Villafranca (km 0, alt. 128). Imboccata Via Roma si volge subito a destra (Via Razzoli) in direzione del centro storico, posto al di là del torrente Bagnone. Dal vecchio ponte si gode una veduta del caseggiato antico con la svettante parrocchiale e, in primo piano, il basso edificio che ospita il Museo etnografico della Lunigiana. È un’attrattiva da non tralasciare: a seconda degli orari di apertura (vedi sopra), vi potrete accedere ora o alla fine dell’itinerario.
Offre uno spaccato della vita e della cultura popolare. Vi sono raccolti, in tredici sezioni, i temi e le attività basilari della civiltà contadina e artigianale fino alla prima metà del XX sec. Di particolare interesse le sezioni dedicate alla lavorazione della pietra, del legno, della canapa e del grano. Curiose le testimonianze della religiosità popolare, infuse di ritualità magiche di lontane origini pagane.
Villafranca in Lunigiana
Lasciato il museo si può brevemente far cenno di Villafranca in Lunigiana (1) (km 0.8, alt. 130), citato la prima volta nel 1161 come borgo di mercato sulla Strada Romea, retto in forma autonoma e infine eletto a capoluogo di feudo malaspiniano nel 1266 e nel 1355. Restano a simbolo di questa casata i ruderi di un castello, detto il ‘Malnido’, all’estremità meridionale dell’abitato. L’itinerario volge in direzione di Virgoletta, lasciando le ultime case di Villafranca lungo Via della Libertà (SP 26).
Virgoletta (km 2.5, alt. 183). Nonostante i villini che vi si sono appressati, fa piacere cogliere la struttura fortificata di questo minuscolo borgo (2), innalzato su una collina. Una stretta via, cui si accede per una porta, fa da spina all’abitato. In fondo si guadagna la fronte del castello che il tempo e dolorose manomissioni hanno sfigurato. Si può però osservare il cortile interno con la scalea, la loggia e i decori che ne ornavano le pareti. L’edificio risale all’XI-XII sec. ma fu ripreso in epoche successive.
Virgoletta
Dalla parte opposta alla quale si è entrati si lascia l’abitato e si scende per una stradina nella valletta del torrente Visegiola. La si attraversa e si affronta un ripido tornante per riportarci sul terrazzo collinare. Si sbocca su una strada provinciale (3) che si segue verso sinistra. Si lambiscono le diroccate Fornaci (km 3.7, alt. 217) e poco più avanti, sul colmo di un’insellatura, si imbocca, verso destra, un invitante stradello sterrato (direzione segnalata: Battalasco). Si entra in piena campagna fra campi e macchie di castagno, lungo un sinuoso tracciato che avvicina alcuni casali.
A un tratto occorre fare attenzione: affrontato un tornante in salita si arriva a un bivio. Qui bisogna dirigere a sinistra. Confortano i segnavia della Via Francigena per restare sul giusto percorso. Quasi d’incanto il paesaggio si apre con morbide balze prative mentre sullo sfondo, se la giornata è buona, si profilano le aguzze vette delle Apuane. In breve si è a Sterpillo (4) (km 5.5, alt. 234), isolato cascinale. Poco più avanti il percorso si immerge nel bosco, seguendo una lunga dorsale in lieve saliscendi. Man mano che si procede ponete attenzione al fondo stradale. Sono parti di un’opera stradale antica e vi pongono di fronte a un piccolo mistero. Quale remota via doveva mai correre su queste alture? Gli storici ricordano dell’esistenza di una strada romana fra Lucca e Piacenza, che doveva trovarsi da queste parti. Un viaggiatore del primo Novecento passando di qui raccolse la voce popolare che S. Rocco, diretto verso la Francia, fosse transitato su una strada romana che toccava i luoghi di Fòrnoli, Sterpillo, Foresta, Prado ancor’oggi rintracciabili. Lungi dal poter affermare con sicurezza che le pietre di questo selciato siano state calpestate dai calzari dei legionari, resta però la suggestione di essere di fronte a uno dei tanti affascinanti interrogativi della storia.
Superato il culmine, la strada, piuttosto accidentata, inizia a scendere per uscire infine in ambiente abitato, a un crocicchio di strade dove si lascia la Via Francigena (5).
La direzione di destra è ora la vostra. Scende, aggira una valle e risale a Fòrnoli (km 10, alt. 148), frazione che ha poco da raccontare salvo la pacata bellezza del suo ambiente. Seguendo l’asfalto (Via dell’Ardito) ci si dirige ora verso la strada statale 62 ‘della Cisa’, aperta da Napoleone dopo il 1808.
Giunti al suo innesto (km 11, alt. 125) (6) si deve effettuare un’interessante diversione. Di fronte a voi, verso il fiume, al di là della ferrovia, scorgerete un bell’edificio in pietra calcarea. Lo raggiungerete seguendo dapprima la statale verso destra, fino alle prime case, e poi scendendo a sinistra per una stradina sassosa che dapprima supera la trincea ferroviaria e poi passa a livello il dismesso tracciato della stessa ferrovia.
Si arriva alla Chiesaccia (km 11.7, alt. 84) (7). Nel Medioevo si incrociavano qui due direttrici stradali: la Francigena, che seguiva il corso della Magra in direzione del passo di Montebardone, e un’importante arteria trasversale che stando sul crinale dei monti seguiva l’arco costiero dalla Versilia alle Riviere liguri. Qui si trovava fino a qualche decennio fa un traghetto sul fiume. Qui si ammirano la bella struttura romanica dell’edificio religioso e l’attiguo fabbricato usato come ‘ospitale’ per i viandanti.
La Chiesaccia
Dalla Chiesaccia si torna a ritroso e si riprende, verso destra, la strada regionale della Cisa in direzione di Terrarossa (prudenza!). All’inizio del rettifilo di Terrarossa si abbandona la regionale e si piega a destra lungo Via Camposagna, meno trafficata.
Si affianca, sulla sinistra l’ex-stazione Terrarossa-Tresana (km 15, alt. 76) (8), punto di partenza di una ciclabile diretta ad Aulla, ricavata sul sedime della ex-ferrovia Pontremolese, e si procede fino al centro del vicino abitato da cui, ancora a destra, si imbocca la SP 23 che subito oltrepassa la Magra sul ponte Quartieri.
L’itinerario si sposta sulla sponda destra del fiume iniziando la via di ritorno a Villafranca. Seguendo Via Roma si raggiunge Barbarasco (km 17.3, alt. 112). Di fronte alla chiesa parrocchiale si piega a destra e si segue una strada secondaria che, uscita dalla zona urbana, affianca l’autostrada della Cisa, per presentarsi poi ai piedi dell’altura di Lusuolo. Occorre qui vincere un breve ma ripido strappo fino a entrare nel piccolo abitato (km 20.1, alt. 165).
Lusuolo (9) è allineato lungo una via centrale in pendenza sulla dorsale di un colle. In cima al villaggio si erge il castello, risalente alla metà del XIV sec. quando il piccolo feudo di Lusuolo, per divisione ereditaria, finì nelle mani di Azzone Malaspina. Il sito fu conteso da genovesi e fiorentini. Seguendo la strada che lambisce dal basso l’altura del castello si procede in direzione di Villafranca. La strada serpeggia sul fianco della collina aprendo vedute sul fondovalle, solcato dal nastro dell’autostrada. Man mano si inizia a scendere. D’un tratto si scorgono, al di là del fiume, lo sprone su cui fanno muta impronta i ruderi del Malnido malaspiniano e la retrostante Villafranca. Giunti in fondovalle si segue a destra la strada che, oltre il ponte sulla Magra, fa rientro nell’abitato e alla stazione ferroviaria (km 25.6).
Filetto
Se avanza tempo è invitante aggiungere all’itinerario Filetto, caratteristico borgo fortificato a impianto quadrangolare, posto a poco più di un chilometro di distanza dalla stazione di Villafranca (dalla stazione si segue, oltre l’incrocio semaforico con la statale, la strada - Via I° Maggio - che si apre rettilinea innanzi a voi). La genesi di questo insediamento è curiosa perché prese inizio da un recinto, forse bizantino (ne dà prova il toponimo Filacterion, con il quale i bizantini indicavano i presìdi a sbarramento dei luoghi strategici), dotato di quattro torri d’angolo (una visibile) e di una chiesa (dove oggi si apre la ‘Piazza del pozzo’), con un’estensione che era la quarta parte del recinto murato attuale. In seguito il borgo si ingrandì, specie nel XVI sec. quando fu raddoppiato di estensione a levante e fu inclusa l’attuale strada di attraversamento con due monumentali porte. L’aspetto attuale è quello di una cittadella sei-settecentesca dai bei palazzi ornati che ricordano i vari potenti che la ebbero in feudo: i Malaspina di Malgrate fino al 1616, il ducato di Milano per un breve periodo successivo, infine la famiglia Ariberti di Cremona.
Albano Marcarini, LA CICLOVIA DEL TICINO – Da Sesto Calende a Pavia in bicicletta.
Una guida pratica per seguire la valle del Ticino nel suo corso di pianura, lungo la meno conosciuta sponda destra, fra Piemonte e Lombardia. Mappe dettagliate e tutte le info utili per seguire un affascinante percorso nella natura e nella storia. Ideale con una gravel o in mtb.
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