Il monte della nave

Itinerario a piedi nella Valtravaglia, da Porto Valtravaglia a Luino lungo la dorsale del Monte Pian Nave.

Valtravaglia è un termine geografico dall’ubicazione incerta, a metà fra il solco del torrente Margorabbia, che entra nel Verbano a Luino, e parte della sponda dello stesso lago. All’inizio del Novecento, sulle pagine della Rivista Mensile del Tci, vi fu una accesa disputa sull’esatta determinazione dei limiti di questo territorio. Chi lo voleva nel solo entroterra di Luino, chi invece lo estendeva a tutta la riviera fin quasi a Laveno. Questo itinerario pedonale si appoggia sulla dorsale montuosa e divide i due ambiti; fa insomma un po’ da paciere e ci delizia con le bellezze del paesaggio prealpino. La confusione derivava forse dalle antiche ripartizioni feudali. Nel 1438 Filippo Maria Visconti concesse il feudo ‘totius plebis Vallis Travallae’ a Franchino Rusca, cioè l’intero territorio della pieve. Di fatto un ambito estesissimo che comprendeva tutta la parte settentrionale dell’attuale provincia di Varese, escluso Maccagno che faceva vita a sé come feudo dipendente direttamente dall’imperatore.

La ridente sponda di lago che corre dai precipiti versanti del Sasso del Ferro e la foce della Tresa, è stata modellata dai ghiacciai quaternari in modo quasi esemplare. Così che a ogni altezza, dalle sponde del lago fino all’altitudine di 7-800 metri si trovano paesi, villaggi con il loro intorno di verde, campi e boschi. Anche qui l’espansione edilizia tende a saturare gli spazi ed è un peccato vedere il concentrico dei vecchi borghi, stretti e omogenei attorno ai loro campanili, debordare da ogni parte in modo sprecone con villini e giardini di pretenziosa esuberanza. Ma è una tendenza costante, almeno da cinquant’anni a questa parte, e non se ne vede la conclusione. E neppure si può prevedere se, un giorno, tutto questo sarà ‘metabolizzato’ dall’ambiente, reso più accettabile nella grandiosa bellezza del paesaggio. A piedi, per fortuna, ci sono sempre delle vie d’uscita. Basta lasciare la via asfaltata ed ecco, come quando si torna a sentire una parlata famigliare dopo un certo tempo passato all’estero, ricomparire le case in pietra senza intonaco, gli archi e i vòlti, le cappellette, le fitte foglie che coprono i selciati, i gradini e i bei panorami. Ed è esattamente quello che faremo con questo itinerario.


Itinerario pedonale lineare nella provincia di Varese, sul versante del Lago Maggiore. Il punto di partenza è a Porto Valtravaglia, raggiungibile in treno da Milano (linea Milano-Sesto Calende-Luino) in circa 1 ora e 30 minuti con cambio a Gallarate. Il punto di arrivo è Luino, collegato in bus a Varese e in treno a Milano con le linee Fs e FNM.

Distanza: 14.7 km

Tempo di percorrenza: 5 ore e 15 minuti.

Dislivello: 730 metri.

Altezza massima raggiunta: 936 metri alle falde del M. Pian Nave.

Condizioni del percorso: sentieri e strade ex-militari, qualche tratto di asfalto.

Segnavia: da Porto Valtravaglia (Ligurno) a San Michele, cartelli del Sentée di Sass, segnavia CAI 241; da Pian Nave a Brezzo di Bedero, segnavia CAI 206A; da Brezzo di Bedero a Germignaga, segnavia Cai 214A Sentiero Alto Verbano. 

Periodo consigliato: autunno e inverno (senza neve).

Dove mangiare: un accogliente punto di ristoro a San Michele: Ristoro San Michele,, 339.2353496. Bar e ristoranti a Brezzo di Bedero. In alternativa fare provviste a Porto Valtravaglia.

Per saperne di più: Dario Fo, Il paese dei mezaràt, Feltrinelli, Milano 2004; Loci Travalie, vol. XIII, dedicato alla chiesa di S. Michele, Biblioteca di Porto Valtravaglia, 2004; A. Bricchi, Terre lombarde del Lago Maggiore, Sei, Milano 1953.

Highlights: la frazione Torre, le betulle e i panorami a Pian d’Qirò, la chiesa di San.Michele, le fortificazioni della Linea Cadorna sul Monte Pian Nave, il vallone di San Giovanni.

Traccia GPX disponibile su richiesta a info@guidedautore.it

Pubblicato nel 2005 su: Albano Marcarini, Sentieri nel tempo – Viaggio nelle terre insubriche, Federico Motta editore. Nuova versione aggiornata, febbraio 2023. Ulteriori approfondimenti nel tratto da San Michele a Luino, in A. Marcarini, Il Balcone dei tre laghi, Itinerari di Sentieridautore, 2023.

©AlbanoMarcarini 2023



Si parte dalla stazione Fs di Porto Valtravaglia (alt. 225) seguendo via Roma che conduce verso il centro storico. Giunti nella piazza della Chiesa è bene fermarsi un attimo e fare due chiacchiere su questo paese della sponda ‘magra’ del Verbano. Intanto bisogna dire che è stato il luogo della formazione giovanile di un personaggio come Dario Fo. Nato nel vicino paese di Sangiano, la sua famiglia si trasferì a Porto nel 1926, cogliendo al volo le occasioni che la vita di paese gli porsero. Porto aveva allora fama di essere luogo di persone un po’ strane, inventori di storie e immagini fantastiche. Inoltre, come ebbe a scrivere lo stesso premio Nobel in un libro dedicato ai suoi anni giovanili, era il paese ‘dei mezaràt’, ovvero ‘dei pipistrelli’, per il fatto che gli abitanti, molti dei quali impiegati nella locale vetreria, erano obbligati a fare lunghi turni notturni e a riposare di giorno.

La Valtravaglia e il Verbano dal Sentiero dei Sassi

Avrete poi notato, lungo Via Roma, delle belle palazzine nobiliari. Risalgono al XVIII sec., periodo in cui Porto attraversò una fase di crescita economica culminata nel 1759 con l’apertura della vetreria. Le caraffe, i vasi e i bicchieri usciti dalle mani degli abili vetrai di Porto arrivarono a competere con quelle di Boemia e furono esportati in tutta Europa. Passata di proprietà con il tempo, lo stabilimento cessò la sua attività dopo due secoli esatti, nel 1959.

Dalla piazza si seguono le indicazioni per Musadino (Via Varese). Bisogna coprire un paio di chilometri di strada asfaltata (in sequenza: Via Altipiano, Via per Domo, Via Nave. Via Rivolta) fra villini, prati e frutteti che ricordano le villeggiature di cento anni fa. Da Musadino si sale, per via delle Rose, alla frazione Torre (alt. 365), col suo vecchio lavatoio e le case a loggiato, tipiche della tradizione varesina. Uscendo dall’abitato lungo Via Unica e proseguendo per Via del Torchio si raggiunge in breve l’altro nucleo storico di Ligurno con la chiesa porticata di S. Rocco (sec. XVII) dove è conservato un lacerto di muro con un affresco della Madonna col Bambino, di epoca precedente (1517). Superato il B&B La Tana del Ghiro, alloggiato in un rustico edificio, e trascurata a destra Via dei Fontanili, si inizia la salita verso San Michele (segnavia CAI 241) sul cosiddetto ‘Sentée di Sass’. Nonostante il nome è una bella salita fra i castagni, solo un po’ ripida, una sorta di direttissima per San Michele, la chiesuola che ci attende sulla cima della montagna. Chi volesse faticare meno può utilizzare la variante della ‘Strada de Val’ o quella della ‘Gögna’, meno acclivi.  

Le betulle a Pian Qirò

Salendo si dispiega una larga veduta sul centro Verbano e sui monti della Val Grande. Il Pian d’Qiró (alt. 773) è uno splendido ripiano prativo punteggiato di betulle. La betulla richiede molta luce e spesso, come in questo caso, tende a ricolonizzare luoghi un tempo presidiati dall’uomo, come prati o pascoli. È bello vederlo a fine inverno questo luogo, quando i rami di betulla, colore dell’avorio, si stagliano sul cielo in cerca d’azzurro mentre i ramoscelli più giovani, di un tenuo rosa porporino, sono pronti a germogliare. Oppure nei giorni ventosi quando le foglioline tremano e danno l’idea di un albero debole, come fragile è la sua corteccia che si sfilaccia in striscioline sottili. I Romani lo consideravano l’albero dei Galli, fra i primi occupanti di queste terre. Quel popolo chiamava la pianta ‘beith’, i latini la corressero in ‘bitumen’ da cui bitume che, in origine, indicava il catrame di betulla usato per tappare buchi ma che non ha nulla a che fare con il bitume attuale usato per le pavimentazioni stradali, se non appunto, l’identità del nome.

La chiesa di San Michele

Questo pianoro precede di pochi minuti la chiesuola di S. Michele (alt. 822). Si tratta di una chiesa d’alpeggio, usata in passato da pastori e mandriani, ed è significativa la ragione per cui fu costruita in questo luogo, così lontano dai villaggi, almeno secondo il parere di un curato di un vicino paese, nel 1786:«Sita sopra un alto monte su cui per sei mesi ne’ tempi dell’estate vi dimoravano alpari che per la distanza dalla parrocchia, e per non absentarsi dal bestiame pericolante, sì per le coste precipitose, che vi sono, come pe’ lupi che v’infestano, vi fanno spesso intervenire un sacerdote colla messa ne’ giorni festivi; per questo motivo sembra comodo e necessario al bene di tali non pochi individui».

Si può bene immaginare come la chiesuola svolgesse non solo funzione di culto ma anche di rifugio dalle intemperie e, talvolta, con ben poco rispetto verso il sacro, anche da deposito di legna o carbonaia. Oggi la si apprezza per la bella abside, e per gli affreschi di varie epoche, riportati in luce durante i recenti restauri. Si parla addirittura, per i lacerti di dipinti sulle pareti dell’abside, di datazioni romaniche o pre-romaniche, fra i pochi presenti in area varesina. Ciò porterebbe l’edificio almeno alla metà del X secolo, in attesa di indagini più accurate sulle murature e sulle aggiunte: alcuni studiosi sostengono infatti che l’aula preceda di qualche tempo la realizzazione dell’abside. In condizioni migliori l’altro affresco con la Madonna, S. Antonio abate e S. Domenico, opera firmata da Guglielmo da Montegrino e datata 1517. Temo però che la visita interna vi sarà preclusa poiché la chiesa si apre solo in particolari occasioni a meno di chiedere se qualche residente della frazione possiede le chiavi.

Da S. Michele si segue una strada ex-militare – il sentiero segnalato ha una scorciatoia che evita un tornante – che aggira, dal fronte a lago, le falde di M. Pian Nave (alt. 1059). Anche qui troviamo rocce calcaree, sotto la coltre di terriccio morenico. Senza salire in vetta si procede sulla carrabile scollinando a quota 936. Una deviazione porta fino alla vetta, anzi alla doppia vetta, della montagna, dove si trovano alcune opere della Linea Cadorna, apparato difensivo costruito nel 1917 per sventare ipotetici attacchi germanici attraverso la Svizzera. Al primo tornante, quando inizia la discesa, si abbandona la strada e si intercettano le tacche bianco/rosse – un po’ deboli per la verità – del segnavia 206A per Germignaga. Comincia così una splendida discesa nel bosco di faggi e betulle. Occorre mantenere la linea del crinale, trascurando le direzioni laterali. Più in basso il sentiero si consolida e mostra un solido fondo selciato. Le prime case sono quelle di Bédero Valtravaglia (alt. 352), frazione di Brezzo di Bédero, tranquillo paese ancora memore di trascorse fortune quando la sua pieve, nelle prime luci del Medioevo, aveva giurisdizione su ben tre vallate: la Valtravaglia, la Val Marchirolo e l’alta Valcuvia.

Panorama del Verbano dal Lungolago di Germignaga

Per raggiungere Germignaga e, quindi, la stazione di Luino si danno due possibilità: una  tranquilla discesa su asfalto seguendo il segnavia della Via Verde Varesina; oppure la vecchia mulattiera del Vallone San Giovanni, ripristinato da un gruppo di volontari con il nome di Sentiero Alto Verbano, che lascia sulla sinistra la collina della Canonica con la Collegiata di S. Vittore. Lo si imbocca da Via Crocetta. Il largo sentiero, lasciate le case di Bédero, si interna nel fresco e solitario vallone boscoso con alcuni passaggi a guado. Il torrente raccoglie le acque dei rilievi circostanti e, a volte, le scarica violentemente fra le case di Germignaga tanto che i suoi abitanti lo chiamano “la fiuma” e lo considerano infido. Difatti taglia in due il paese prima di sfociare nel Lago Maggiore presso il lido. Nel 1755, dicono le cronache, le monache del locale monastero rischiarono di affogare a causa di un’improvvisa piena. Per evitare altri tragici eventi si realizzarono diverse e importanti opere di regimazione e, tuttora, nell’abitato, il torrente scorre chiuso fra un letto di pietrame e due alti argini. Altra singolarità, che si scorgerà una volta giunti a Germignaga, è il passaggio dell’alveo del torrente sopra la ferrovia Novara – Pino. Il ponte fu realizzato nel 1882 e si tratta di una soluzione ingegneristica abbastanza insolita. Durante la discesa s’incontra l’area di sosta della Casa delle Fate (alt. 230) 8 con sculture in legno e pannelli indicativi della flora e della fauna. Germignaga (alt. 205) si protende come un cuneo sull’apparato deltizio del torrente S. Giovanni che mette nel Verbano, e, a poca distanza, dalla foce della Tresa. Sulle origini c’è un fatto curioso, annotato diligentemente dagli storici e che vale la pena riportare. Risale al IX secolo ed è una decisione giudiziaria a favore di un certo Alpicario, diplomatico della corte imperiale. Rivela non solo dell’antichità del paese ma anche dell’invidiabile carriera di questo personaggio «Ai tempi di re Pipino – ebbe a testimoniare – quando ero istitutore e custode della sua primogenita, Adelaide, comperai terre, case ed altro a Germignaga e in luoghi a Germignaga prossimi. Morto Pipino (anno 810) mi trasferii con Adelaide alla corte dell’imperatore Carlo Magno, nonno della principessa. Ivi ebbi molti gravi incarichi e, a riconoscimento dei buoni servigi da me resi, il sovrano mi donò una Contea» che lo stesso Alpicario riteneva usurpata dai suoi fratelli Ragiberto e Melfrit. Per la cronaca, Alpicario vinse la causa, come era da prevedersi, e riebbe il suo.

La località era nota per i cospicui prodotti della pesca: «Di qui escono i pesci da noi detti agoni, che vengono preparati per il desco di penitenza della quaresima», ci informa Domenico della Bella, ovvero il Macaneo, nel XV secolo. Ma la pesca, come altre risorse, non era libera, era invece privilegio dello Stato che ne concedeva lo sfruttamento ad avidi appaltatori, Innumerevoli le dispute, i giudizi e anche comune l’abitudine della pesca di frodo, che copriva il fabbisogno alimentare delle famiglie più povere.

La matrice medievale di Germignaga, fatta di borghi, di un castello, di chiese, di pescatori e di fertili vigneti, fu scompaginata dallo sviluppo industriale e turistico di fine Ottocento. Una convivenza difficile fra ciminiere, alberghi e ricche ville ma, evidentemente, allora ancora possibile. «La sua posizione sul lago – segnalano le guide del periodo – ha favorito lo sviluppo di ville signorili e di bellissimi giardini: la sua vicinanza ad un corso d’acqua copioso, vitale, perenne, quale è quello dato dalla Tresa in unione alla Morgorabbia, ha favorito l’impianto del grandioso setificio Stehle e C. di Zurigo, che dà lavoro e ricchezza al paese». Come si deve interpretare a quei tempi la presenza di grossi imprenditori stranieri qui e in altri centri del lago? Forse come noi oggi interpretiamo la presenza di imprese italiane in Cina e in altri Paesi del Terzo Mondo… manodopera abbondante e a basso costo.

Ed è proprio costeggiando il vecchio stabilimento che l’itinerario volge alla sua conclusione dirigendo alla volta della stazione Fs di Luino (alt. 207).


Albano Marcarini, SENTIERI NEL TEMPO – Viaggio nelle terre insubriche, Motta Editore, 192 pagine

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2 risposte a "Il monte della nave"

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  1. Bellissimo e attraente itinerario, descritto come sempre con bel modo e precisione. Purtroppo, come spesso accade con gli itinerari circolari, ci si scontra con il servizio ferroviario locale che, almeno nel mio caso, offre pochissime corse giornaliere con coincidenze problematiche. Stessa situazione per gli autoservizi. E’ giocoforza ripiegare sul trasporto privato in auto, ahimè, che mal si adatta ad itinerari non ad anello. Peccato ma complimenti!

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  2. La ringrazio per i complimenti e condivido la sua opinione negativa riguardo il trasporto locale in generale. Ma, almeno in questo caso, qualcosa di positivo c’è. Da Luino FS per fare ritorno al punto di partenza dell’itinerario (Porto Valtravaglia) Trenord effettua un servizio cadenzato orario, vale a dire che alle ’45 di ogni ora c’è un treno disponibile. Quanto detto vale per l’attuale orario in vigore 2023. Cordiali saluti.

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