Itinerario in mountain-bike sul Gradino Murgiano nel comune di Martina Franca (Ta)
«Settembre, andiamo. È tempo di migrare…», i versi di Gabriele d’Annunzio ricordano una delle più antiche consuetudini delle regioni mediterranee: la transumanza stagionale del bestiame (ovini specialmente), dagli orizzonti freddi a quelli caldi, dai pascoli montani alle lande costiere e viceversa. Una pratica ancestrale, diffusa nel nostro Appennino, ma anche nella Provenza o nella lontana Spagna. Larghe vie erbose, strade e pascolo al tempo stesso, che dirigevano le greggi da un luogo all’altro coprendo, due volte l’anno, centinaia di chilometri. Si chiamavano ‘tratturi’ e spesso ricalcavano gli assi della viabilità romana. Sottoposte a un controllo sovrano, queste vie non potevano essere alienate, disponevano di ricoveri e di sorgenti, solcavano boschi e montagne in senso rettilineo non importando affatto se le salite erano acclivi o meno. Avevano una misura esatta – fino a 111 metri di larghezza, più di una moderna autostrada – e coprivano enormi distanze: uno dei più lunghi, da L’Aquila a Foggia, misurava oltre 250 chilometri. Caduti in disuso con la modernità (oggi le greggi si trasportano sui camion), i tratturi furono abbandonati o inglobati nei fondi agricoli, disperdendo un patrimonio di cultura materiale di enorme significati. Si rintracciano oggi a fatica fra le montagne dell’Abruzzo, del Molise e sui ripiani del Tavoliere di Puglia, in passato esclusivamente riservato al pascolo.
Dalla frammentaria mappa dei tratturi ancora identificabili (e protetti dalla legge) abbiamo scelto uno dei meno conosciuti, ubicato lungo la facciata ionica dell’altopiano delle Murge, in Puglia. Si chiama Tratturo Martinese, perché toccava il territorio di Martina Franca. Rappresentava una diramazione del tratturo principale Melfi-Castellaneta, della lunghezza di 142 chilometri. Per questo motivo era anche definito ‘tratturello’, per le dimensioni più ridotte.
Lungo questa via giungevano le greggi dell’Abruzzo e del Molise, alla ricerca della loro ‘locazione’ invernale, ovvero del pascolo predestinato dietro il pagamento della ‘fida’ (la quota di erba prelevata dagli armenti). Sebbene la maggior parte delle locazioni era situata sul Tavoliere delle Puglie, si arrivava fino alla fascia ionica quando la siccità costringeva alla ricerca di nuovi pascoli. Per questo i pascoli del Tratturo Martinese era anche detti ‘locazioni straordinarie’. Naturalmente che così tanto terreno fosse riservato al semplice pascolo, con l’espresso divieto di piantare anche un solo albero, non giovava ai contadini e ripetuti furono i contrasti con i pastori, anche con le armi in pugno. La decadenza dell’allevamento ovino iniziò nel 1806 quando una disposizione del regno napoleonico dichiarò soppresso l’uso delle locazioni e i pascoli furono ripartiti stabilmente agli agricoltori.
L’itinerario suggerito, affrontabile in mountain-bike, segue per un buon tratto l’andamento del tratturo, oggi per gran parte trasformato in rotabile o in strada carraia, avvicinando diversi contesti paesaggistici: la piana frutticola di Crispiano; la fiancata carsica del gradino murgiano con le ‘gravine’ (lunghi intagli erosivi) e diverse grotte, frequentate dall’uomo fin dal Paleolitico; il sovrastante altopiano disseminato di masserie fra campi di grano e uliveti; la macchia boschiva delle Pianelle, ultimo reliquato delle foreste murgiane. Nell’ultimo tratto del percorso, che richiede un discreto allenamento, sia per il dislivello sia per la distanza da coprire, si potrà accedere a una porzione di tratturo rimasta praticamente intatta (qui sarà meglio condurre la bici a mano) con la bordura dei muretti e le essenze vegetali tipiche.
Punto di partenza e arrivo: stazione FS di S. Paolo, lungo la SS 172, 6.2 km a sud di Martina Franca, seguendo la direzione per Taranto.
Mezzo consigliato: mountain-bike, gravel. Distanza: 39.4 km, su strade asfaltate e sterrate con fondo sassoso; l’ultimo tratto di 500 metri va percorso a piedi, bici a mano. Scorta d’acqua e protezione contro il sole. Attrezzi per le forature. Casco.
Dislivello: circa 300 metri. Periodo consigliato: fino a giugno, da ottobre in poi, evitando i mesi più caldi.
Dove mangiare: a pochi metri dalla stazione di S.Paolo, in via Taranto 1008, si trova il ristorante Murgetta, 080.4490016. Dove dormire: a Martina Franca, il B&B Il Gallo Felice, via Crispiano 101, 346.2312073, si alloggia in trullo.
Traccia gps disponibile su richiesta a info@guidedautore.it
Pubblicato su Bell’Italia nel marzo 2006 – ©Albano Marcarini 2018.
1. Si parte dalla stazione FS di S.Paolo, lungo la SS 172, in direzione Taranto. Sul fondo della discesa del Gradino Murgiano si giunge allo svincolo di Crispiano. Ci si porta sulla complanare per poi seguire, a destra, la strada sovrapposta all’antico Tratturo Martinese.
2. Dopo aver toccato la chiesa del Carmelo si prosegue lungo la strada asfaltata che segue il tratturo (direzione Pentima Rossa) superando la ferrovia.
3. Di nuovo ai piedi del Gradino Murgiano, la strada diventa aspra e sassosa; il tratturo risaliva qui una gravina, la nostra strada se ne discosta seguendo il probabile tracciato delle strada romana Bari – Taranto.
4. Ripreso l’asfalto e giunti a un incrocio si segue la strada a destra (direzione Martina Franca).
5. Al successivo crocevia con l’indicazione per Massafra si piega a destra intercettando un diverticolo del Tratturo Martinese che seguiremo fino al termine dell’itinerario. I muretti che bordano la strada danno l’esatta dimensione del vecchio tracciato.
6. Dopo aver seguito per poche centinaia di metri la statale 581 (direzione Martina Franca) si piega a destra (direzione Crispiano).
7. Consultando con attenzione la mappa, si arriva infine a poche centinaia di metri dalla stazione dalla quale si era partiti: l’ultimo pezzo, di circa 500 metri, si deve percorrere bici a mano lungo un tratto ben conservato dell’antico tratturo (seguire la palificazione elettrica).
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Albano Marcarini, Le pinete di Ravenna in bicicletta, 44 pag., 1a edizione, 2017 – ISBN 9782940585151
Questi itinerari sono studiati nei dintorni di Ravenna, fra la costa, le pinete e le valli da pesca del litorale adriatico. Il primo itinerario inizia da Cervia e porta a Ravenna. Il secondo, dalla città si proietta verso nord, fino alla bordura delle Valli di Comacchio.
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