Al passo del Maloja, in inverno, ci sono due metri di neve. Il villaggio, accanto al valico, pare addormentato. Qui non si scia come a St. Moritz. C’è solo uno skilift. Maloja ama la quiete e la meditazione, specie in inverno. Le stesse virtù che apprezzava Giovanni Segantini, il grande pittore trentino che qui aveva trovato la sua ideale culla di ispirazione. Faccio fatica a staccarmi dal luogo dove riposa, nel minuscolo cimitero del villaggio. ‘Arte ed amore vincono il tempo’, riporta l’epigrafe sulla nuda lapide. Pochi si fermano. Meglio così, forse. Resta tutto per me il bel sentiero che porta ai luoghi dei suoi indimenticabili quadri, giganteschi diorami alpini, trattati a punta di pennello, come era nell’uso dei divisionisti. Fra i bassi cespugli dei mughi, cotonati dalla neve, arrivo alla Torre Belvedere, dove l’artista dipinse La vanità. Ora mi affaccio alla valle, il lungo solco che arriva fino a Chiavenna. Si chiama Bregaglia ed è la via per chi sale al passo dall’Italia.
Il Maloja, o Maloggia, come lo si chiamava un tempo, più che un valico è una ‘porta’ naturale. Dalla testata della Val Bregaglia, un gradino di roccia mette sul solare ripiano dell’Engadina, disseminato di laghi e di villaggi. Fra Casaccia (alt. 1458), l’ultimo villaggio della valle, e Maloja (alt. 1815) il dislivello è di 356 metri, la distanza stradale di 5 km; sul versante engadinese, per tornare all’altitudine di Casaccia, bisogna arrivare a Zernez, cioè a ben 49 km di distanza!
Fu la natura a provocare questo contrasto fra una Bregaglia profonda, stretta da pareti di roccia, e una Engadina aperta, vicina alle vette nevose, allungata in ripiani quasi fosse una sorta di Tibet europeo. La frattura longitudinale delle Alpi Retiche è continua da Chiavenna fin oltre Zernez. Nelle epoche più antiche la percorreva un corso d’acqua – il ‘paleo Inn’, potremmo chiamarlo. Poi accadde qualcosa. Forse un iniziale cedimento della parte superiore della vallata, così che una parte delle acque prese la direzione opposta e invece di defluire in Engadina, scese verso il lago di Como e la Pianura Padana. I geologi chiamano questo evento ‘cattura fluviale’: un fiume giovane si ‘mangia’ un pezzo di quello vecchio. Da qui la differenza di quota fra le due vallate.
Nonostante il Maloja sia il valico meno elevato della catena alpina fra il Colle di Tenda e il passo di Resia, il suo orientamento geografico in senso sud-ovest/nord-est non lo ha favorito. I montanari, affermando che «lassù fa nove mesi d’inverno e tre di freddo», dicevano una grande verità e pensavano che una cattiva fama gli derivasse anche dal nome: maloggia, ossia ‘male alloggio’.
Nel 1828, con l’apertura della strada commerciale, il Maloja entrò nella storia della viabilità alpina, abbandonando la tradizionale direttrice del passo del Settimo, posto poco più a nord. La scelta di favorire il Maloja dipese dall’interesse austriaco di dar vita a un itinerario fra la Lombardia e la valle dell’Inn, quindi fra Milano, Innsbruck e Vienna, alternativo allo Stelvio, la cui notevole altitudine non consentiva transiti agevoli durante l’inverno. Il lancio turistico di St. Moritz diede un’ulteriore spinta al suo utilizzo anche se, curiosamente, i benefici viabilistici nei Grigioni furono limitati dal draconiano divieto di transito ai veicoli a motore, rimasto in vigore fino al 1928.

Oggi migliaia di autovetture, nelle giornate estive, affrontano la salita rompendo il silenzio dei boschi. Dal basso, dalla piana del Cavril, si scorge l’impressionante sviluppo della rotabile ottocentesca con i suoi quindici tornanti, ammonticchiati l’uno sull’altro. All’inizio del Novecento scendere in bicicletta dal passo del Maloja era uno dei maggiori divertimenti dei turisti. Le guide lo raccomandavano. Una delle più accreditate,

pubblicata a Londra nel 1900, scriveva: «Scendere lungo i tornanti del Maloggia attraverso le ombre dei pini sarà un’esperienza indimenticabile; con un freno a ganasce è una cosa facilmente abbordabile, non così invece con un obsoleto freno a tampone. È pietoso vedere ciclisti tedeschi o svizzeri che ignorano le potenzialità del nuovo freno. Essi scendono da queste strade premendo con forza il tampone sulla gomma anteriore e, nel contempo, pedalano a tutta forza all’indietro. Il ciclista inglese invece può andare giù con tutta calma. Purtroppo sono ancora molti i sostenitori dei freni a tampone. Nonostante abbia un’assicurazione sulla vita, la mia famiglia non ha così fretta di trarne beneficio e finchè andrò in bicicletta preferirò sempre usare un freno che è un freno piuttosto di un giocattolo». Il freno a ganasce, simile a quello delle biciclette attuali, fu inventato intorno al 1890 e nonostante la sua maggior sicurezza solo alla lunga prese il posto del freno a tampone che agiva, mediante una leva, direttamente sul battistrada della gomma.
Pochi sanno però che il Maloja può essere affrontato anche a piedi lungo un diverso tracciato. Pedibus calcantibus si scopre che il passo aveva avuto, molti secoli prima, un grande periodo di fortuna. Negli anni ’70 del secolo scorso uno studioso grigionese, Armon Planta, portò alla ribalta un prezioso reperto di ingegneria stradale romana – la rampa del Malögin – dimostrando come fosse possibile, sebbene con vari artifici, superare già allora le Alpi con carri a due ruote. Nel mezzo del bosco, l’escursionista si imbatte in questa larga rampa incavata nella roccia, solcata dalle ruote dei carri e dotata di intagli trasversali per consentire un più sicuro appoggio a uomini e animali. Inoltre, ai lati, sulla roccia, si notano fori a distanza costante. Lì si fissavano delle leve che unite a funi impedivano ai carri di recedere e, al tempo stesso, li si facilitava nella salita. La pendenza è considerevole, oltre il 25%.

Ma il sentiero del Maloja riserva anche altre sorprese. Una si trova poco dopo averlo imboccato, appena sopra Casaccia. Sono le rovine della chiesa di S. Gaudenzio. Di essa sussistono solo i muri perimetrali, manca del tetto, più o meno come il suo santo titolare che, nel IV secolo, fu decapitato in questo luogo. Miracolosamente però egli si sollevò,

prese la testa fra le mani e s’incammino verso valle percorrendo diversi chilometri prima di spirare per sempre. Un prodigio di tal genere, incoraggiante anche se doloroso, era noto ai martiri cristiani. San Dionigi, primo vescovo di Parigi, decapitato a Montmartre nel 250, avrebbe preso la testa sotto il braccio coprendo molta strada prima di crollare cadavere. A iniziare dal IX secolo, la chiesa fu meta di pellegrinaggio. Fu ricostruita nel 1514 ma, già solo vent’anni dopo, ebbe a subire un’offesa con la distruzione delle immagini e dei dipinti per opera di iconoclasti. Servì da cappella cimiteriale fino al 1739, poi fu lasciata in abbandono. A tutt’oggi è il solo edificio gotico della Val Bregaglia. Le erbacce invadono la navata, mentre le alte e strette finestre ad arco acuto fanno filtrare lame di luce. Si scorgono alle pareti la nicchia del Santissimo Sacramento, un sarcofago su una mensola, graffiti lasciati da pellegrini di passaggio. C’è anche la fossa dell’ossario… insomma tutta gli elementi che servono, all’imbrunire e con le nubi basse, a terrorizzare ignari escursionisti. Voi almeno, sarete avvertiti.
Passo del Maloia (m 1815).
Comuni di Stampa (Val Bregaglia, Canton Grigioni, Svizzera).
Dove dormire. A Casaccia, Albergo Stampa, tel. 0041(0=81.8243162. A Maloja, Hotel Schweizerhaus, Fam. Wintsch, tel. 0041(0)81.8382828, www.maloja-schweizerhaus.ch, per la stagione invernale 2011 offre un soggiorno per famiglie di una settimana in mezza pensione a partire da 995 franchi per adulto e 144 per ogni bambino.
Dove mangiare. A Maloja, ristorante Chiesa Alpina, via Principale, tel. 0041(0)81.8243112, con specialità di selvaggina e alla griglia. Ma la cucina engadinese è contagiata dalla chiavennasca. Si troveranno così i ‘pizokel’, versione a gnocchetti dei nostri pizzoccheri. E poi i ‘capuns’ – involtini di bietola ripieni di pasta – e il ‘plain in pigna’ – polenta al forno con patate e con il ‘bündnersalsiz’, tipo di salame locale. Assolutamente da non tralasciare la ‘tuorta da nusch engiadinaisa’, la torta di noci che si acquista in un negozio di alimentari, al ponte di Pramontogno, lungo la strada della Val Bregaglia.
Escursioni invernali con gli sci di fondo. Se Maloja dispone di poche attrezzature per lo sci alpino, non così è invece per lo sci di fondo. Splendide piste portano nella Val Forno, fin oltre il Lej Cavloc, oppure sulle superfici gelate del Lej da Segl, fino a Sils Maria e a Silvaplana. Naturalmente gli stessi percorsi e altri ancora si possono fare a piedi, anche in inverno, lungo sentieri battuti fra un villaggio e l’altro.
La Via Bregaglia. Il Sentiero storico del Maloja è anche la tappa terminale della Via Bregaglia, ovvero l’itinerario escursionistico di valle che collega in diverse tappe Chiavenna a Maloja (www.viabregaglia.ch). Si può utilizzare un pacchetto tutto incluso di 4 pernottamenti a mezza pensione con trasporto dei bagagli da una tappa all’altra a 440 franchi per persona.
Uffici turistici: Ufficio turistico di Maloja, tel. 0041(0)81.8243188, www.engadin.stmoritz.ch – http://www.bregaglia.ch – Postauto, tel. 0041(0)81.8221236.
1. SALITA IN BICICLETTA AL PASSO DEL MALOJA (da Casaccia, versante della Val Bregaglia, Canton Grigioni, Svizzera)
Strada nazionale 2, asfaltata, larga 6-8 metri, poco ombreggiata, con 15 tornanti. Transitabile tutto l’anno. Molto trafficata in estate, nel fine-settimana. Si considera, nella cartina, la sola rampa finale, sotto il valico. In realtà la salita al Maloja inizia a Chiavenna (31,9 km), in Italia, percorrendo tutta la Val Bregaglia, con tratti successivi di salita, a volte impegnativi, come, ad esempio, sopra Vicosoprano. Il dislivello complessivo è di 1490 metri, con una pendenza media del 4,7%. I ciclisti, nel tratto da Chiavenna a Casaccia, possono utilizzare la Pista ciclabile fino al confine di Castasegna e, quindi, la segnaletica ciclabile svizzera lungo un percorso in parte diverso, e più sicuro, rispetto alla strada rotabile.
Partenza: Casaccia (alt. 1458). Arrivo: Maloja, Posta (alt. 1815). Distanza: 5,18 km. Dislivello: 357 metri. Pendenza media: 7% (con punte al 12,5%)
2. PERCORSO PEDONALE STORICO DEL MALÖGIN
Sentiero. Tempo di percorrenza: 1 ora e 30 minuti. Dislivello: 407 metri. Segnavia: cartelli marroni del Sentiero Storico. Periodo: da giugno a ottobre. Note. A Maloja ampia possibilità di ristoro e alloggio. Il ritorno può avvenire con l’autopostale in partenza dall’Ufficio Postale di Maloja.

Ripercorre il presumibile tracciato di epoca romana, testimoniato dall’eccezionale reperto del Malögin, a circa metà percorso: una rampa gradonata scavata artificialmente nella roccia. Prende avvio da Casaccia (alt. 1458). Appena sopra la Tor, vedetta del XII secolo, si separa dal tracciato diretto al Passo del Settimo, e punta, a mezza costa, verso le rovine della chiesa di S.Gaudenzio. Segue poi da vicino la rotabile, prima di puntare, all’altezza del pianoro di Cavril, decisamente nel bosco e traversare a guado la rovinosa Val da Pila. Segue il reperto romano citato e quindi si guadagna, in ripida salita, il pianoro sommitale. Invece di raggiungere subito la rotabile si può rimontare, a sinistra, verso la terrazza del Belvedere (alt. 1861), guardato dalla Torre. Attraversare quindi l’area naturale delle marmitte dei giganti, nella rigogliosa pineta, e raggiungere quindi Maloja, passando dinanzi all’Atelier Segantini.
SALECINA
Non è un albergo cinque stelle ma si trova in un luogo incantevole, vicino Maloja, a due passi dalla Val Forno. Si chiama Salecina, un nome che per gli svizzeri è una specie di sacra istituzione. Si tratta di una casa di vacanze autogestita e centro di formazione permanente. Una casa dove, in estate e in inverno, si coltiva la coscienza critica dei movimenti democratici della vicina Confederazione. A Salecina hanno soggiornato e insegnato Herbert Marcuse, Robert Junkg, Klaus Traub, Max Frisch.
«La scelta di Maloja – soleva ripetere Theo Pinkus, il ‘padre’ di Salecina – non è priva di una sua simbologia. Maloja è un luogo di superamenti di frontiere: dall’Engadina alla Val Bregaglia, dal romancio e dal tedesco all’italiano, dalla Svizzera verso l’Italia. Oltrepassare le frontiere è per Salecina una specie di scelta programmatica». La casa risale al 1689 e fu acquistata nel 1971 dalla Fondazione Salecina. Gli ospiti organizzano il loro soggiorno sulla base di una tariffa giornaliera che è commisurata al reddito professionale. Vale a dire che chi guadagna di più paga anche di più, e il surplus va a favore dei giovani o di coloro che non possono permettersi la retta completa. Addirittura, per gli ospiti italiani, esiste una forma di compensazione tariffaria che tiene conto della differenza di stipendi fra Italia e Svizzera. In tal modo si può soggiornare a Salecina con uno sconto che varia dal 5 al 10%.
Ognuno può proporre e gestire corsi o seminari. Messa un po’ da parte la politica, Salecina in questi ultimi anni si è avvicinata ai temi ambientali organizzando anche campi di lavoro per il restauro dei muri a secco, forum anti-globalizzazione, seminari sulle biotecnologie, corsi di pittura e di cucina. Per informazioni e prenotazioni: Salecina, Postfach 107 – CH 7516 Maloja, tel. 0041(0)81.8243239 , fax. 0041(0)81.8243575 www.salecina.ch
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