Pane, salame e salite

Itinerario in MTB nella riserva naturale di Monte Alpe, nella Valle Staffora (Oltrepo’ Pavese) in Provincia di Pavia.

Il Monte Alpe (alt. 1257) è come il carapace di una tartaruga, costellato di boschi e di praterie, posto a contrafforte del più elevato e famoso Monte Penice (alt. 1460). Il suo versante meridionale è una riserva naturale, un po’ particolare poiché protegge il risultato di un rimboschimento artificiale condotto nel secolo scorso. Si utilizzò il pino nero, specie però molto delicata che fu subito aggredita da un lepidottero parassita. Si decise allora di ingaggiare una lotta biologica introducendo nel bosco la Formica lugubris con i suoi altissimi formicai. La competizione ebbe success0 così che oggi la riserva protegge alberi e formiche.

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Lunghezza: 28.5 km. Dislivello: 837 metri. Pendenza media del tratto in salita: 13 km al 6.2% (max. 15%). Su asfalto: 20.9 km; su sterrato: 7.6 km. Partenza e arrivo: Varzi. Si raggiunge in auto, da Milano (88 km) con A7 per Genova (uscita Casei Gerola) e con S.S. 461 per il Passo del Penice. La buona tavola – Ristorante Antico Varzi, Ponte dei Sospiri 3, Varzi, tel. 0383.52001 – Info: Pro loco Varzi, tel. 0383.545221. Mezzo indicato: il fondo stradale e il tratto in discesa su asfalto consigliano l’uso di una bicicletta ‘gravel’, i nuovi modelli adatti ai lunghi sterrati e veloci su asfalto, o di una mountain-bike. Percorso sconsigliato dopo forti piogge.

Riserva naturale di Monte Alpe, via Pola 12, Milano, 02 67404657. Un punto informazioni della riserva di Monte Alpe ha sede presso la casermetta del Corpo Forestale sulla strada ex-statale 461 del Penice, circa 2 km prima del valico. Il personale della riserva e le guide naturalistiche Volo di Rondine forniscono informazioni e organizzano periodicamente escursioni guidate. http://www.ersaf.lombardia.it

Pubblicato in forma ridotta su il Corriere della Sera del 27.11.2000 – Aggiornato maggio 2016 – ©Albano Marcarini

Varzi.Torre.Malaspina
La torre del castello a Varzi

1. Prima di iniziare l’escursione una visita a Varzi è doverosa. Il centro storico mantiene l’impianto del Medioevo con stretti porticati e porte turrite lungo le vie del commercio fra la pianura e la Riviera ligure. Sotto il titolo di «curtis» appartenente al monastero di S. Colombano di Bobbio, Varzi fu caposaldo, già prima dell’anno Mille, della fede cristiana per l’alta valle della Staffora. La pieve fu inclusa, dal 1164, nel feudo malaspiniano di Oramala, ma elaborò (dal 1320) statuti propri. Dal sec. XIII, con il miglioramento delle comunicazioni con la Val Trebbia e la Liguria, divenne preminente stazione di transito dei commerci: le carovane di muli trovavano accoglienza e ricovero nelle numerose taverne aperte lungo il perimetro del borgo, rafforzato, nel prospetto verso il torrente, da tre ordini di murate. Il sale era il prodotto più smerciato, anche con traffici clandestini (causati dalla pesante imposta sul prodotto) che, grazie alle immunità e alla protezione assicurate dalla potente famiglia dei Malaspina e attraverso una trama di percorsi secondari, raggiungeva a prezzi di concorrenza la pianura padana e le sue città. Tale commercio fece prosperare il borgo accrescendolo attorno al castello. La chiesa dei Cappuccini, dedicata a S. Germano, è al di fuori del centro storico, sulla strada per Voghera. Fu costruita in forme tardo-romaniche nel XIV secolo sul luogo dell’antica pieve. La facciata, con fasce di arenaria chiara e scura nella fascia inferiore e in cotto in quella superiore, ha un portale strombato a colonnine con protiro, del secolo successivo. Nella piazza del Comune si scorgono il palazzo Odetti, già dei Malaspina, e la torre dell’antico castello. L’asse del borgo antico corre tra la strada del Penice e la Staffora, chiuso alle estremità da due torri facenti parte dello scomparso perimetro murato. Quasi di fronte l’una dall’altra, ci sono due chiesette: la prima dei Rossi (del 1636), l’altra dei Bianchi (del 1646 con fronte del XIX sec.) gestite dalle vecchie congregazioni. Il borgo continua fuori dalla porta di levante con edifici dalla tipologia mercantile: strada coperta con attigui stallaggi per gli animali, locali al piano superiore per il ricovero notturno. Bene. Ora s’intraprende la salita verso Monte Alpe. All’inizio, fuori da Varzi (alt. 416), si segue la strada del Penice, dalla quale si farà ritorno. La si segue, già in salita,  per circa 2.5 km, fino al bivio (a sinistra) con la provinciale 208 per S.Cristina. La salita continua, sempre su asfalto, in un piacevole ambiente collinare toccando dapprima Bognassi (alt. 563) e quindi lasciando, sulla destra, S.Cristina (alt. 768), piccolo borgo, adagiato alle falde del Monte Alpe, fra prati e campi. La provinciale assume ora il numero 168 e avvicina le case di Pietragavina con la torre dell’antico castello, posto a cavaliere fra il marchesato di Oramala dei Malaspina e i feudi dei Dal Verme.

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Le colline dell’alta valle Staffora verso Bognassi

2. Non si entra però nell’abitato: giunti infatti sul crinale del colle s’incontra un bivio e si piega a gomito verso destra su una strada secondaria, molto stretta ma asfaltata che punta verso i boschi di Monte Alpe. Si perviene alla località Moiassa e si prosegue oltre: la salita si accentua. Poi si lambisce il cascinale della Ranfusina (alt. 751), sempre nel comune di Varzi e si passa su sterrato (Strada di Costa d’Alpe). I successivi 1200 metri sono i più impegnativi dell’itinerario con una pendenza media vicina al 14%! Ma è un breve tratto, poi nel bosco la strada modera la pendenza e raggiunge il Piano degli Alberi, a quasi 1000 metri di quota, entrando nella Riserva naturale di Monte Alpe. La riserva è il risultato di un’intensa opera di riforestazione con prevalenza di pino nero (186 ettari sui 300 totali dell’area protetta), la cui vita è garantita dalla folta popolazione di Formica lugubris che combatte la Processionaria del Pino, un lepidottero ghiotto delle foglie. La presenza è evidente osservando gli altissimi formicai a forma di cono. È un paesaggio ‘artificiale’, creato dall’uomo nel tentativo di debellare con la forestazione il dilavamento e la sterilità del suolo. L’operazione ebbe inizio negli anni Trenta del secolo scorso per proteggere la strada del Penice dalle frane. Nel 1990, a seguito di un grosso incendio, si procedette su una parte della riserva a un più oculato recupero ambientale con specie vegetali più vicine all’habitat locale. Nelle radure, in primavera spiccano le fioriture fra cui diverse specie di orchidee, crochi, genziane, gigli martagone. La Strada di Costa d’Alpe segue perfettamente il crinale che divide il bacino idrografico del torrente Tidone a nord, da quello dello Staffora a sud. La riserva occupa tutto il versante a sud della montagna e giunge fino al limite della strada del Penice. Si prosegue sul largo sterrato, sempre con pendenze non eccessive scorgendo scoiattoli e qualche lepre in fuga. Nel sottobosco e fra i cespugli si scorgono le cincie nel loro veloce volo, mentre in cielo, volteggia maestosa la poiana.

Ripetitore.Raiway
La riserva di Monte Alpe vista dalla vetta del Monte Penice

3. Al km 13.4 si tocca il culmine (area di sosta) presso la vetta di Monte Alpe, a 1251 metri d’altezza.

Ospedaletto.M.Penice
L’Ospedaletto, antico ricovero dei viandanti sulla strada per Bobbio

4. Ora inizia una veloce discesa, sempre su sterrato, per raggiungere il Passo delle Tre Strade (alt. 1107), sbocco sulla strada del Penice, il cui valico si trova circa 2 km più lontano, a 1149 metri d’altezza. Altre strade si dirigono una a Romagnese, l’altra a Brallo di Pregola; il nostro itinerario invece, a questo punto, fa ritorno a Varzi, seguendo in discesa la strada del Penice, ex-statale 461, tracciata nel 1852. È una lunga e bella discesa dove si ripaga ampiamente lo sforzo compiuto in salita. Un ultima notazione. Il Passo delle Tre Strade è noto anche come Ospedaletto, poiché qui sorgeva un ricovero per i viandanti sulle vie di pellegrinaggio per Bobbio e per l’alta Val Trebbia.

Schermata 2016-06-12 alle 17.47.52Il salame di Varzi. Già nel XII secolo il salame di Varzi campeggiava sulle tavole dei Malaspina. D’altra parte si ritiene che l’insaccato di maiale fosse conosciuto già dai Longobardi che per i loro spostamenti necessitavano di cibi sostanziosi e non deperibili. Tutte le parti del maiale compongono, e ne fanno la particolarità, del salame Dop di Varzi, aromatizzato con pepe nero, sale e un infuso di aglio nel vino rosso, ovvero spalla, coscia, lonza, filetto, coppa, pancetta ecc. Si distingue per la grana grossa e il colore rosso intenso. Si vende in diverse pezzature e periodi di stagionatura, da 45 giorni a 6 mesi.

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Albano Marcarini, LOMBARDIA (Gli itinerari di Amicotreno) Leonardo Periodici, 2003, 112 pag. con foto, mappe, acquerelli – Formato: 15 x 21 cm

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