Il Passo del Bratello

Itinerario lineare in bicicletta attraverso il passo del Bratello, nell’Appennino tosco-emiliano.

La linea ferroviaria Parma-Sarzana scorre sotto l’Appennino con la galleria del Borgallo. In bicicletta si passa sopra, in corrispondenza di un valico con un altro nome – Bratello o Brattello – lungo strade forestali e folti castagneti. Un itinerario in mountain-bike per buoni pedalatori. L’Appennino, fra la Lunigiana e il Parmense, è attraversato da antiche strade. La più importante fu la Via Francigena, passante per il colle di Montebardone, oggi della Cisa. Nel Medioevo vi transitarono a migliaia i pellegrini diretti a Roma. Ma anche altre strade, o meglio mulattiere, distribuivano i traffici fra l’alta valle del Magra e quella del Taro. La presenza di numerose vie di comunicazione era favorita dalla posizione geografica della Lunigiana, orientata in senso quasi parallelo allo spartiacque montano e aperta con valichi, relativamente facili, verso il Parmense e verso il Piacentino. Inoltre il suo sbocco costiero agevolava i prolungamenti sia verso la Versilia sia verso lo Spezzino. Non a caso, nell’Ottocento, prima con la strada napoleonica della Cisa, poi con la ferrovia, detta ‘Pontremolese’, si riconfermò la preferenza di questa direttrice nei collegamenti fra la Pianura Padana e l’alto versante tirrenico della Toscana. Se il passo della Cisa ebbe i suoi momenti di celebrità dal Medioevo in poi, quello attiguo del Bratello era già noto ai Romani. Si suppone infatti che vi scorresse l’antica strada di collegamento fra Lucca e Veleia, insediamento romano sui colli piacentini. L’influenza piacentina verso la Val Ceno e l’alta valle del Taro rimase costante nel Medioevo, grazie anche alla presenza di numerose cellule monastiche dipendenti da Bobbio, da San Salvatore di Tolla, in Val d’Arda, da Gravago in Val Noveglia. Gli storici lunigianesi, persuasi dalle affinità culturali e linguistiche della loro bella vallata con il ceppo ligure-lombardo, hanno più volte rilevato questa preferenza nelle comunicazioni stradali nonché il ritardato sviluppo del Passo della Cisa, più aperto alle influenze parmensi.

Il passo del Bratello, a 940 metri d’altezza, è oggi percorso da una rotabile asfaltata. Sotto di esso corre la ferrovia attraverso il tunnel che curiosamente porta il nome non di Bratello bensì di un altro valico attiguo, il Borgallo. I due varchi ebbero comunque destini comuni e furono usati alternativamente. La vecchia mulattiera, dalla parte di Pontremoli, risale il versante sinistro della valle del Verde ma risulta infrascata e in abbandono, nonostante la bellezza del suo selciato e dei suoi ponti. In bicicletta si può risalire invece il versante destro della stessa valle e raggiungere il valico per un’impegnativa strada forestale. Dal passo del Bratello si può insistere su strade sterrate, salendo però ancora di quota, per raggiungere infine Borgo Val di Taro, oppure, più comodamente, lasciar correre le ruote lungo la più diretta strada provinciale. In ogni caso è una bella pedalata, da affrontare con un buon allenamento, che il servizio Treno+Bici fra Borgo Val di Taro e Pontremoli rende possibile in una giornata.

La ferrovia Pontremolese entrò in esercizio nel 1894 come quarta linea di valico, dopo i Giovi (1853), la Porrettana (1864) e la Faentina (1893). La scelta di questa direttrice fu fortemente sostenuta da Pietro Paleocapa, insigne studioso e uomo politico, prospettando vari vantaggi non ultimi quelli strategici legati al porto militare di La Spezia e ai suoi cantieri navali. Nonostante la sua utilità, condivisa fin dal periodo preunitario, la linea fu progettata solo nel 1872, i lavori intrapresi nel 1880 e conclusi quattordici anni dopo con l’apertura della galleria del Borgallo, di 7972 metri. Sorprendente la lievitazione dei costi di costruzione della galleria: dai 9 milioni di lire preventivati si rendicontarono alla fine ben 46 milioni!

Partenza dalla stazione Fs di Pontremoli (linea Parma-Sarzana) e arrivo alla stazione Fs di Borgo Val di Taro su strade secondarie asfaltate e strade forestali sterrate. Distanza: 31.8 km. Tempo di percorrenza: 4 ore e 30 minuti, escluse le soste. Dislivello: 975 metri. Mezzo consigliato: mountain-bike; casco e riserva d’acqua; ricambi per forature. Periodo consigliato: da aprile a ottobre.

Dove mangiare. A Guinadi, Da Renato, tel. 0187.834715, chiuso martedì, un posto tranquillo dove il tempo passa accanto al focolare fra un piatto di testaroli e uno di polenta con i porcini. Panini e formaggi nostrani al bar del Passo del Brattello. Indirizzi utili: Consorzio Lunigiana Turistica (apertura stagionale da maggio a settembre), piazza della Repubblica 33, Pontremoli, tel. 0187.832000, www.aptmassacarrara.it – Orari di visita dei monumenti: Museo delle statue stele di Pontremoli, Castello del Piagnaro, tel. 0187.831439; da aprile a settembre dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18, da ottobre a marzo dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17; chiuso il lunedì.

Bratello.map

Itinerario pubblicato su AMICOTRENO, marzo 2004. © 2016 Albano Marcarini.

A Pontremoli  (km 0.0, alt. 233), prima di iniziare l’itinerario è bene fare un giretto nel centro storico. Si può fare colazione al Caffè Svizzero, nella piazza della Repubblica, e rendersi conto della singolare struttura dell’abitato, stretto come un fuso fra due corsi d’acqua: il Verde a occidente; la Magra a oriente. Su questa lingua di terra si è sviluppata la parte antica di Pontremoli con le due fila di case schierate lungo una via centrale, la vecchia ‘carraria burgi’. Sul colle che sovrasta l’abitato sta invece il castello del Piagnaro che fu anche il luogo del primitivo insediamento, al punto d’incontro delle vallate alto lunigianesi e delle relative strade. L’elevazione del borgo in ‘città nobile’, sancita dal granduca Pietro Leopoldo nel 1778, ebbe come esito un notevole rinnovamento edilizio e una grande fioritura artistica. Sono gli edifici civili e religiosi barocchi che oggi connotano il patrimonio monumentale cittadino. Nel castello si trova il Museo delle statue stele, suggestive e ancora in parte misteriore figure antropomorfe rinvenute in diverse parti della Lunigiana. Le si vorrebbe accostare all’antica civiltà pastorale come simboli protettori della montagna e del nomadismo.

Pontremoli.1
Pontremoli

Si lascia Pontremoli passando sul ponte del Verde (via Bologna) e seguendo quindi, a destra (via Tellini), le indicazioni per Guinadi e Cervara. Dopo un lungo rettifilo si giunge al bivio e all’avvio della strada che risale la vallata del Verde. Si sottopassano l’alto viadotto dell’autostrada della Cisa e, un paio di chilometri più avanti, quello della ferrovia  (km 5.9, alt. 344). Si tratta di un’opera a 8 arcate (le due centrali ricostruite dopo la guerra) della lunghezza di 204 metri e alta più di 40. Il paesaggio si stringe nella vallata. Annosi castagni si abbarbicano sulle ripide balze montuose. Su una di queste si scorge il rudere del castello di Grondola. Questo fortilizio ebbe un ruolo chiave nel controllo dei traffici sia sul Bratello sia sulla Cisa. La sua elevata collocazione consentiva di vigilare su entrambi i cammini. Appartenuto ai Malaspina, «tenaci difensori dei diritti feudali e dei pedaggi», il castello fu ceduto ai piacentini nel 1195. Tale evento fu interpretato dagli storici come sintomo di decadenza di questa illustre casata, dominatrice delle alte terre appenninche dal Trebbia al Magra, e come un ultimo tentativo del comune piacentino di conservare la supremazia della via del Bratello rispetto alla concorrente via della Cisa (allora Montebardone). Infatti la progressiva politica di alleanze fra pontremolesi e parmensi porterà poco a poco a favorire valichi più orientali. Con la conquista parmense di Grondola nella seconda metà del Duecento si confermerà il declino del Bratello. Da quel momento la via di Montebardone per Berceto e Pontremoli, dotata di alloggi e ospitali per pellegrini, diverrà la via più frequentata.

Per il momento la strada (S.P.63) procede tranquilla senza improvvise impennate. Al km 8, dove il torrente Verdesina si separa dal Verde, si scorge, in alto sulla destra, su un lungo muraglione di sostegno, la stazione Grondola-Guinadi, attualmente impresenziata. Al momento della costruzione della linea serviva invece ai numerosi villaggi dell’alta valle, oggi semi-spopolati. Subito dopo il ponte del Verde si notano le poche case del villaggio di Borgallo che precedono di qualche decina di metri l’imbocco della galleria.

Braia.Bratello
Braia

Poco più avanti la strada si divide: a destra si sale a Grondola, a sinistra – dove andremo – si sale a Guinadi. Dopo la prima serie di tornanti s’incontra la diramazione a destra per San Rocco  (km 9.3, alt. 531), il nucleo principale di Guinadi. Conviene impegnarla per arrivare in breve fra le vecchie case della frazione. Se l’ora lo consente decisamente consigliabile è la sosta presso la locale trattoria. Attraversato il villaggio si torna in breve alla strada principale proseguendo nell’ascesa. Una curva nasconde un villaggio, poi un secondo, poi un terzo. Si tratta di un singolare insieme di modesti villaggi letteralmente affogati nella coltre dei castagni secolari. Abbandonata la direzione per Cervara, alle porte di Monti  (km 11.8, alt. 594), si sale più decisamente voltando a destra. L’indicazione Borgotaro-Bratello indica che siamo nella direzione giusta. Ripetuti tornanti sotto le protettive fronde degli alberi consentono di guadagnare ulteriormente quota. Dopo le case di Pian di Valle (km 13.4, alt. 720) si passa sullo sterrato affrontando l’erta con più decisione. Attenzione al bivio a quota 832  (km 14.5) non segnalato: si tiene a destra (la strada che si lascia porta alle Case Verdonda). Ora con largo giro la sterrata, piuttosto sconnessa, si riavvicina alla valle del Verdesina, chiusa dall’insellatura del Bratello. Aggirando la Costa della Barca a una quota media di 900 metri la strada spiana e procede in direzione del passo a cui si perviene con un tratto in discesa. Al passo del Bratello  (km 19.7, alt. 940)  s’incontrano la strada provinciale e un bar. A questo punto occorre valutare le proprie forse: se sono al limite conviene imboccare l’asfalto e lasciarsi andare in discesa fino a Borgo Val di Taro (a 11 km); se invece le gambe tengono si può proseguire sullo sterrato. Dall’altro lato della strada si stacca infatti la pista forestale che sale al Monte Molinatico.

Un suggerimento per chi sceglie la prima ipotesi. Fatte poche centinaia di metri lungo la provinciale, all’altezza del cartello che indica la provincia di Parma, si può scorgere, in un avvallamento, sulla sinistra della carreggiata, l’antico cippo confinario fra il Ducato di Parma e il Granducato di Toscana. Poco più avanti invece, sulla destra, ma seguendo un tratto della vecchia mulattiera, qui ancora transitabile, si raggiungono gli informi ruderi della Dogana del Bratello.

Il primo tratto di salita verso il Molinatico è micidiale e potrebbe costringervi a mettere il piede a terra. Raggiunto il crinale  (km 21.2, alt. 1130), dove corre anche il confine fra Toscana ed Emilia, si lascia la strada principale (attenzione! nessuna segnalazione; si trova dopo 1.8 km dal Bratello) e si piega a sinistra per una mulattiera iniziando la discesa sul versante della Valle del Taro. Dopo un buon tratto nel bosco si raggiunge Case Vigheri (km 24.4, alt. 887), il primo abitato dove la traccia si riveste d’asfalto restando molto stretta. Ora nella discesa si possono collaudare le proprie doti acrobatiche. La stradina scende velocemente in valle con strette curve e controcurve che inducono a tracciare esaltanti traiettorie. Al km si sbocca sulla provinciale del Bratello: piegando a destra in poco meno di 2 km si arriva alla stazione Fs di Borgo Val di Taro  (km 31.8, alt. 411). La cittadina è poco distante, al di là del fiume. Il suo centro storico, di forma reticolare, richiama lo schema delle città di fondazione di età medievale.

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Albano Marcarini, Alti passi grandi salite, I libri di Cycle! – 1, Ediciclo, 2014, 240 pag. a colori, foto e carte. 21 x 27 cm – 26,00 € – Acquista su www.guidedautore.it

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