I muri parlanti al Col di Favilla

Itinerario a piedi a sviluppo circolare nelle Alpi Apuane, nel comune di Stazzema.

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Pruno

Bisogna lasciare alle spalle il mare e qualche ora di cammino per arrivare sulle aguzze creste delle Alpi Apuane, poderose montagne che si innalzano per centinaia di metri sopra il verde manto dell’Appennino. Occorre fatica, ma solo un’infinitesima parte di quella che generazioni di uomini hanno consumato fra le cave di questo immenso mondo di marmo. Quassú cento milioni di anni fa c’era il mare e miliardi di conchiglie, coralli, madrepore, trascinati dalle correnti, si mescolarono fra loro. Si fusero per formare una sola sostanza, soggetta a pressioni fortissime, passata attraverso i vari stadi del metamorfismo per sollevarsi infine più in alto delle nubi: purissimo calcare saccaroide, nobile marmo, nato dagli abissi del mare per ritagliare i confini del cielo. Ha scritto il poeta Alfonso Gatto: «Trovate, sulla carta e nella memoria, gli itinerari di queste alpi, i nomi favolosi delle vette, delle grotte, dei villaggi: vi sembrerà di sperdervi in un universo che le strade addentrate dei cavatori hanno portato fin nel cuore dei monti, alla sorgente della neve perpetua…». Più che un invito, forse un obbligo alla visita se vi piace esercitare la discreta passione della scoperta e della riscoperta. Abbiamo scelto un sentiero fra i tanti. Seguitelo partendo da Pruno.

 

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Punto di partenza e di arrivo: Pruno (m 473), frazione del comune di Stazzema (lo si raggiunge in auto dalla riviera della Versilia toccando in successione Querceta, Seravezza, Ponte Stazzemese lungo la valle del torrente Vezza). Tempo di percorrenza: 5-6 ore. Dislivello complessivo: 1244 metri. Quota massima raggiunta: 1355 metri. Sentiero in gran parte attrezzato con i seguenti segnavia bianco-rossi: da Pruno a Foce di Mosceta, 122; da Foce di Mosceta a Col di Favilla, 9; da Col di Favilla a Fociomboli, 11; da Fociomboli a Foce di Mosceta 129. Qualche problema di orientamento a causa di alcuni segnavia poco evidenti ma nel complesso senza altre particolari difficoltà. Punti d’appoggio: Rifugio Del Freo a Foce di Mosceta (m 1180) della Sezione Cai di Viareggio, chiavi a Levigliani (tel. 0584.778007, www.rifugiodelfreo.it); Rifugio La Quiete a Puntato (m 995), tel. 0585.45440. In quest’ultima località, si utilizzano alcuni edifici per soggiorni nella natura; per informazioni: Associazione Il Sentiero, via Bergiola 30, Massa, tel. 0585.45440, http://www.il-sentiero.it – Per la localizzazione degli alberghi più vicini vedi il sito del Parco Alpi. Altre informazioni presso il Centro Visite del Parco delle Alpi Apuane a Seravezza, via Corrado del Greco 11, tel. 0584.75821, www.parcapuane.it Bibliografia: G. Pizziolo, I paesaggi delle Alpi Apuane, Multigraphic, Firenze 1994; F. Bradley, E. Medda, Alpi Apuane, Pacini 1992. 

Itinerario pubblicato nella su BELL’ITALIA 194, giugno 2002 e su AIRONE MONTAGNA, novembre 1995,  – Aggiornato il 3.1.2010.

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Col di Favilla

Pruno merita attenzione per la struttura compatta dell’edificato appoggiata su uno sprone a dominio della valle del torrente Cardoso. A monte del villaggio si diparte la mulattiera storica in direzione della Foce di Mosceta, cadenzata di continuo da piccole costruzioni sacre – le ‘marginette’, poste cioè al margine dei sentieri – usate come luoghi di sosta, di riparo e di raccoglimento. Sono realizzate in pietra, murata a secco o con calce; hanno in genere copertura a capanna in lastre di pietra scistosa, retta da un telaio in travi di castagno. Nel profondo vano interno trovano posto un’immagine votiva in marmo e un sedile detto ‘posatoio’; in alcuni casi si trova anche una ‘piletta’ per l’acqua benedetta e dei rustici cilindri, detti ‘piri’,  utili per appendere abiti e oggetti. Nel primo tratto di salita il percorso si fa strada nella selva castanile, incontra poi una carrabile e finalmente raggiunge le più alte balze, ormai al di sopra del bosco ceduo, disseminate di antichi presidi colonici (Tiglieta, le Caselle). Numerose marginette accompagnano sempre il cammino che giunge a un primo caposaldo all’altezza del Passo dell’Alpino (m 1195), dove da sinistra si raccorda la spettacolare mulattiera a stretti tornanti delle Voltoline, proveniente da Levigliani.La visuale si apre sulle imponenti strutture calcaree delle Panie, del Monte Forato con il suo singolare arco naturale, del Monte Procinto.

Si continua ora pianeggiando e, dopo aver attraversato una rigogliosa abetina, si giunge alla Foce di Mosceta (m 1170), sulla linea di spartiacque; sulla sinistra, a breve distanza, è ubicato il rifugio Del Freo dal quale si farà ritorno. Si scende per ora seguendo il Canale delle Verghe: la struttura del percorso, in più punti selciato e adatto al transito dei muli, è indicativo della sua trascorsa importanza come via di comunicazione fra l’Alta Versilia e la Garfagnana. Nelle sottostante valle della Torrite Secca, all’altezza di Isola Santa era ubicato nel Medioevo uno ‘spedale’ per il ricovero dei viandanti.

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La chiesa di Pruno

La meta successiva, corroborati dal fresco ambiente delle faggete, è Colle di Favilla (m 940), un piccolo, suggestivo nucleo da tempo abbandonato. Dal muro sbrecciato e involto nell’edera sporge una mensola di marmo e sotto, una targa mostra ancora il numero civico; una scritta slavata segna la distanza della meta più prossima; un cumulo di pietre annerite indica il vecchio forno, la gentile sagoma di un ferro arcuato e una rugginosa carrucola il pozzo, una grezza vasca di bindellino la fontana; due soglie l’invito alla cappella, o alla ‘marginetta’ come si dice qui, e dentro, sotto la cupola azzurra dipinta di stelle, fanno capolino due rondini… A passeggiare a piedi in questi romiti villaggi e sulle mulattiere che fra loro li legano come una sottile trama, si coglie una geografia dei luoghi più fitta che in una complicata metropoli. Assegnare un nome a un posto significa riconoscerlo, identificarsi, trasmetterlo alla posterità. E quanti nomi, quanti luoghi sono trascritti nella memoria di questo paesaggio.

Il tratto successivo, fino a Puntato, tradizionale alpeggio dei paesani di Terrinca, è ritagliato in piano entro lembi coltivi e pascoli; il sentiero è delimitato da siepi di bosso e filari di giovani faggi. La chiesa di Puntato (m 990), nei cui pressi sorge il rifugio La Quiete, è il punto di riferimento da cui affrontare l’erta in direzione dei Paduli di Fociomboli (m 1120), biotopo di grande importanza naturalistica in quanto residuo torboso di un lago d’origine glaciale, ricco di orchidee. Un ulteriore sforzo fa guadagnare la sella di Fociomboli (m 1293), raggiunta da una strada proveniente da Levigliani. Si tratta ora di affrontare l’attraversamento in costa delle più alte pendici del Monte Corchia volgendo in direzione del Rifugio Del Freo e quindi, su parte del percorso effettuato all’andata, tornare a Pruno.

ALCUNE  COSE DA VEDERE NELLE ALPI APUANE.

1. Cave del Monte Altissimo. Le più elevate e importanti della zona a 1500 metri d’altezza. Vi si estrae il marmo statuario dal color bianco avorio, dalla grana compatta e omogenea, ideale per la realizzazione di opere d’arte.

2. Le Panie. ‘Pen’ secondo la radice preromana significa ‘roccia’. Pania è la sua derivazione e distingue alcune fra le più imponenti strutture calcaree delle Apuane: la Pania della Croce (m 1859), il Pizzo delle Saette (m 1720), la Pania Secca (m 1711).

3. Abetina di Mosceta. Estesa sulla pendice orientale del Monte Corchia, a poca distanza dalla Foce di Mosceta, presenta un’insolita compresenza di aghifoglie quali abete bianco e larice in un’ambiente di transizione fra la vegetazione arborea e le praterie d’alta quota.

5. Antro del Corchia. E’ fra i maggiori complessi carsici ipogei d’Italia ancora in parte inesplorato. Le cavità principali si protendono nelle viscere della montagna per oltre 1200 metri di quota e si estendono per più di 50 km.

7. Le mulattiere storiche. La Canala-Cerreta San Nicola; Basati-cave di marmo; Riomagno-Azzano; Cansoli-Terrinca; Pomezzana-Stazzema. Sono le più belle e più intatte della fitta rete di collegamenti montani. Alcune di esse erano utilizzate anche come ‘vie di lizza’ per la discesa dei marmi.

8. Castagneti di Terrinca. Sono fra i più belli dell’Alta Versilia. Il castagno, introdotto qui nell’XI secolo, si è diffuso sulle pendici delle montagne fino a 8-900 metri d’altezza sostituendo i boschi di querce e carpino. Presente nella varietà ‘politora’, il castagno si presta per la produzione di legname da opera.

9. La ‘strada delle voltoline’ (Levigliani-Mosceta). Spettacolare mulattiera selciata e gradonata che supera d’un balzo oltre 600 metri di dislivello. Serviva agli abitanti di Levigliani per raggiungere le proprie cave o per dirigersi nella Garfagnana.

11. La Cappella. Vi sorge una bella pieve romanica, dedicata a San Martino. Il campanile risale al X secolo, la chiesa è assegnabile al XIII secolo. Il rosone in facciata, opera di Donato Benti, è detto l’ ‘occhio di Michelangelo’.

13. Monte Forato (m 1223). Deve il suo nome all’arco naturale che unisce la cresta della montagna. Questa strana archiettura naturale, alta circa 30 metri e larga 32, è frutto della congiunta azione erosiva di acqua e vento. Gli abitanti di Cardoso, il villaggio sottostante, sostengono che una volta l’anno si può osservare il sorgere del sole all’interno dell’arco.

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La Toscana che trovate in queste pagine non è esattamente quella della torre di Pisa o della cupola di Santa Maria del Fiore, ma è la Toscana dei cipressi e dei cinghiali, dei castagni e della macchia, delle crete e delle faggete appenniniche.

Albano Marcarini (a cura di -) – De Agostini/Alleanza Ass., 2003, 240 pagine, con foto, mappe e acquarelli – formato 13 x 20 cm

www.guidedautore.it – Il bookshop dei tuoi viaggi a piedi e in bicicletta

 

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