Itinerario a piedi a sviluppo circolare sul Monte Soratte, 693 metri d’altezza, negli immediati dintorni di Roma.
Gli alpinisti storceranno il naso di fronte a quest’idea, ritendola un’impresa di ben poco ardimento per la quale non è neppure il caso di rispolverare scarponi o calzettoni. In effetti si tratta di poco più che una passeggiata che richiede solo un poco di attenzione per rinvenire le tracce dei vecchi sentieri dei cacciatori. A dispetto della sua arrendevolezza, il Monte Soratte è però una montagna di tutto rispetto che si staglia imperiosa nella campagna romana tanto che all’epoca del Grand Tour fu presa a fondale di molti dipinti a soggetto paesistico. «Nonostante la sua modestissima altezza – scrive nel 1890 Enrico Abbate, autore della prima guida alpinistica della provincia di Roma – con le forme più diverse, ora a cono, ora a lunga cresta dentata, attira certamente lo sguardo del torista, come attirò già quello dei popoli primitivi, i quali manifestavano la immaginazione ed il culto della natura con la erezione di templi, e con feste religiose che per noi hanno del fantastico, come non sfuggì più tardi a quei che le idee del medio evo spingeva a rifugiarsi lungi dal mondano turbinio, nell’erma solitudine, su rupi ed in grotte». Dunque un luogo di memorie storiche, cantato da Orazio, Virgilio, Dante, frequentato da papi e imperatori e come tutti i luoghi sacrali pervaso da leggende, fra cui quella dell’oro della Banca d’Italia, trafugato dai tedeschi alla fine dell’ultima guerra e, si dice, ancora conservato nei più oscuri recessi della montagna. Grazie all’impegno del comune di Sant’Oreste, il Monte Soratte è entrato nel novero delle riserve naturali regionali.
Punto di partenza e di arrivo: S.Oreste (m 494). Si raggiunge in auto da Roma (70 km) seguendo la A1 per Firenze fino al casello di Ponzano-S.Oreste; poi seguendo la provinciale 30b fino nell’abitato. In autobus con il servizio Cotral in partenza da Roma/Saxa Rubra, tel. 800.174471(www.cotralspa.it). Tempo di percorrenza: 3 ore. Dislivello complessivo: 230 metri. Quota massima raggiunta: 693 metri (vetta del M.Soratte). Qualche problema di orientamento a causa di alcuni segnavia poco evidenti ma nel complesso senza particolari difficoltà. In estate qualche tratto può risultare infrascato dalla macchia. Dove magiare: Alessandro Al Campanile, via Leoni 8, tel. 0761.579950, www.alcampanile.net Info: Museo naturalistico del M.Soratte, Palazzo Caccia Canali, S.Oreste, aperto sabato, domenica e festivi dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 18. Punto di info turistiche presso Piazza di Mola a Vento. Internet: www.santoreste.it
Itinerario pubblicato nella su AIRONE 175, novembre 1995 – Aggiornato il 3.1.2010.
Sant’Oreste, pittoresco abitato adagiato su uno sprone alle pendici del Soratte, si raggiunge in un’ora di viaggio da Roma utilizzando la ferrovia secondaria per Civita Castellana. Dalla stazione di Sant’Oreste un servizio di bus porta in pochi minuti al paese.
1. Sant’Oreste. Gli storici sostengono che, grazie alla sua eminente posizione, il luogo fosse l’antica capitale dei Capenati, una delle molte popolazioni che formavano la confederazione etrusca prima dell’arrivo dei romani. Il paese è in parte circondato dalle mura del XV secolo; fra le viuzze interne, dal tipico andamento tortuoso dei centri medievali, si osservano case in pietra calcarea che qui, singolarmente, sostituisce il tufo, diffuso in altre parti della regione. Da visitare: il palazzo Caccia (sec.XVI), ora municipio, e la collegiata di San Lorenzo.

L’itinerario prende avvio dalla monumentale Porta a Valle, sotto cui si apre il passeggio alberato del paese. Si scorge subito la vetta del Soratte. Si esce dall’abitato lungo via Riccioni. E’ una strada preclusa al traffico che si dipana pianeggiando lungo le pendici settentrionali del monte. Ben presto si entra nella macchia boschiva con vedute panoramiche verso la valle del Tevere. Vi predominano il cerro e il leccio, con situazioni differenziate a seconda dell’esposizione e dell’acclività.
2. Le piante officinali. Nelle radure e nel sottobosco si rinvengono piante dalle proprietà terapeutiche. Fra le più diffuse occorre citare, secondo la dizione locale, l’erba pelosa, o Salvia sclarea, l’erba forte, o Rumex acetosella, lo scardapuzzi, o Pistacia terebintus, il caccialepre, o Reichardia picroiedes, il ruspignu, o Lactuca virosa, il pisciacane, noto come tarassaco, e il tutumagghju, o Euphorbia characias, il cui lattice veniva usato dai contadini per spezzare i denti cariati.
Si procede a lungo costeggiando il rilievo. A un tratto però, all’altezza di una tabella in legno, si abbandona decisamente la strada penetrando nel bosco e risalendo la costa su un vecchio sentiero (tacche rosse) utilizzato dai boscaioli e dai carbonai, come rivelano alcune piazzole un tempo utilizzate per la produzione del carbone di legna. E’ un tratto ripido, ma non difficile che guadagna alla fine il crinale, corrispondente all’insellatura più bassa della montagna; verso destra si raggiunge in breve la cosidetta Casaccia dei ladri, un rudere da cui si gode un’ampia veduta, specie sui Monti Cimini.

La seguente parte del percorso si sviluppa vicino alla cresta facendo ritroso verso Sant’Oreste; il sentiero non è di facile individuazione, occorre prestare attenzione mantenendosi sempre sul versante rivolto a mezzogiorno. Raggiunta un’altra sella si continua nella stessa direzione fino a rinvenire le tracce di un largo selciato che, con due svolti, sale alla vetta, proprio alle spalle del romitorio di San Silvestro. Prendiamo fiato e ammiriamo il panorama: «La veduta dalla vetta è splendida – annota ancora il nostro Abbate -. La vallata del Tevere coi giri tortuosi del fiume, l’Apennino centrale di cui si vede anche la più elevata sua cima, il Gran Sasso, l’azzurra Sabina, Roma, il lago di Bracciano, tutti i paesi che si stendono alle falde del monte, e sull’orizzonte il Mediterraneo…».
3. Il monte Soratte. In un paesaggio geologico contraddistinto dal vulcanesimo, il Soratte è un’eccezione, dovuta alla sua struttura calcarea risalente al periodo Giurassico (225-150 milioni di anni fa). Esso rimase isolato nella fase successiva del Cenozoico (65-2,5 milioni di anni fa) quando il mare ricoprì gran parte del Lazio attuale. La base del monte è interessata da fenomeni carsici fra cui certe doline, chiamate localmente ‘meri’, e a cui sono connesse le mitologie della montagna perché emananti vapori che Plinio definì talmente pestilenziali da asfissiare tutti gli uccelli che vi si avvicinavano.

4. Il romitorio di San Silvestro. Bisogna accedervi (se chiuso munirsi delle chiavi presso il vicino convento di Santa Maria delle Grazie) per ammirare i preziosissimi affreschi (sec. XIII-XV), le strutture architettoniche di epoca carolingia ma anche per immaginare le illustri presenze di papa Silvestro I, che qui riparò per sfuggire alle persecuzioni di Costantino (e che poi beneficò guarendolo dalla lebbra col battesimo), del re longobardo Ratchis e della regina Tassia, degli imperatori Carlomanno, Pipino e Carlomagno che celebrarono la santità del luogo, fra i primi cenobi cristiani dell’alto Medioevo. Ora non vi sono più difficoltà. Il tratto di discesa è reso sicuro dall’ampia carrareccia e dal fatto che si scorge in lontananza Sant’Oreste. Ma le attrattive non sono ancora esaurite. Fatto un centinaio di metri si arriva al convento di Santa Maria delle Grazie, eretto nel 1835 su una primitiva costruzione dell’inizio del Cinquecento. In alternativa alla strada principale, si può suggerire una breve diversione. Seguendo la recinzione del convento si raggiunge un altro isolato romitorio, retto su una rupe, dedicato a Sant’Antonio, anch’esso risalente al XVI secolo. Tornati sui propri passi si può a un certo punto ulteriormente divergere continuando sulla cresta fino alla dismessa chiesa di Santa Lucia, su un poggio prativo.
5. Le feste al Soratte. Negli Statuti di Sant’Oreste del 1576 compare una curiosa osservanza relativa alle pene pecuniarie comminate a chi fosse trovato a lavorare durante i giorni di festa. Si evince dal testo che era costumanza celebrare ogni anno ben 26 festività in onore dei santi personaggi che in ogni tempo avevano dimorato sulla montagna. Tutt’oggi, l’ultima domenica di maggio, si tiene una grande festa dedicata alla Madonna e a sera centinaia di fasci di canne vengono accesi in ogni parte del monte dando vita a una suggestiva luminaria cui si aggiungono i botti e i lampi dei giochi pirotecnici. Fatto ritorno alla strada, si continua in discesa puntando verso l’abitato, ormai prossimo, lasciando alle spalle la nostra montagna che Orazio, in una famosa ode a Taliarco, cantò insolitamente coperta di nevi: «Vedi come per l’alta neve candido s’erge il Soratte ! Già le selve cedono al peso affaticate e i fiumi ristanno stretti per il gelo acuto».
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Itinerari nei paesaggi italiani, Albano Marcarini (a cura di -), De Agostini/Alleanza Ass., 2005, 227 pagine con foto, mappe e acquarelli, formato 13 x 20 cm, 10,00 € *
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