Itinerario pedonale ‘a racchetta’ nella Riserva naturale regionale Nazzano – Tevere Farfa, nell’Area Metropolitana di Roma.
Partenza e arrivo: stazione FS di Poggio Mirteto, sulla linea Roma Tiburtina-Orte.
Lunghezza: 12.2 km.
Dislivello: insensibile.
Tempo di percorrenza: 3 ore e 30 minuti.
Dove mangiare e dormire: se è attivo il traghetto sul Tevere, presso l’approdo di Nazzano, è possibile ristorarsi presso il centro visite Ecoturismo Tevere-Farfa, in Via della Vecchia Fornace (0765.331757-392.2821987) che offre anche la possibilità di alloggiare in 4 camere per 2 o 4 persone. In alternativa, sempre in sponda destra del Tevere: Casale del Contadino, in Via del Porto 18, a Nazzano, 327.0425377. In sponda sinistra non si trovano punti d’appoggio ed è possibile consumare una colazione al sacco presso le aree di sosta ubicate lungo il percorso. Per le provviste si può approfittare di un negozio di alimentari (Market Vivo) alla rotatoria di Poggio Mirteto.
Info: La sede della Riserva naturale Tevere Farfa è in Via Tiberina km 28, Nazzano, 0765.332795. Il Museo del Fiume si trova a Nazzano, in Via Mazzini 4, 0765.332002. Web: https://www.parchilazio.it/nazzanoteverefarfa. La riserva è visitabile dall’alba al tramonto.
Le buone cose: le ciambelle all’anice, acquistabili presso i panifici di Nazzano o al centro visite della Riserva.
TRACCIA GPX disponibile gratis su richiesta a info@guidedautore.it
La prima versione di questo itinerario è stata pubblicata su AMICOTRENO nel maggio 1995, la seconda versione modificata e aggiornata, a gennaio 2023.
Spesso i grandi impianti tecnologici e le infrastrutture, come dighe, depuratori, strade, linee elettriche, producono rilevanti impatti sul territorio. Possono alterare le condizioni dell’ambiente naturale, disturbare il paesaggio, influire sulla vita dell’uomo. In alcuni casi però possono apportare benefici. Nelle vicinanze di Roma, lungo il corso del Tevere, la costruzione di una centrale elettrica con la formazione del suo attiguo bacino artificiale ha prodotto, a partire dal 1955, una trasformazione in positivo. Il piccolo lago dalle acque tranquille è diventato una oasi di rifugio faunistico e lungo le sue sponde è proliferata la vegetazione delle zone umide con canneti e boscaglie. Oggi l’area, che comprende un tratto molto ampio del Tevere alla confluenza del torrente Farfa, nei comuni di Nazzano e Torrita Tiberina, è una riserva naturale regionale, inclusa nell’elenco delle zone umide d’importanza internazionale, una qualifica ambita e che in Italia comprende pochi altri biotopi.
La riserva, istituita nel 1979 per un’estensione di circa 800 ettari, svolge attività didattica e di ricerca. É dotata di strutture per la visita (centro visite, foresteria, punti di osservazione) e di una rete di percorsi attrezzati percorribili a piedi o in bicicletta che permettono una completa ricognizione delle sue attrattive naturali. Inoltre è raggiungibile in treno utilizzando la linea Roma-Orte, che prima della costruzione della Direttissima Roma-Firenze, costituiva un tratto della spina dorsale di collegamento ferroviario fra nord e sud. Merita una visita, forse non nei mesi estivi che sono anche i meno indicati per l’osservazione della fauna, meglio in autunno o nella tarda primavera.
Il paesaggio comprende la valle fluviale e i rilievi che la delimitano. Il Tevere vi scorre lento, formando un ampio meandro fra depositi di argille, sabbie e ghiaie. La valle è contenuta entro due alte ripe boscose che sono frutto della costante erosione fluviale su antichi depositi di età quaternaria (1,8 milioni di anni fa). Sull’orlo di questi terrazzi si dispongono gli insediamenti storici, Torrita Tiberina e Nazzano, due centri dall’illustre passato (per primi vi si stabilirono i Capenati, tribù confederata con gli Etruschi) e dal ben conservato carattere architettonico. Le colline retrostanti sono di modesta altitudine, costituite da sedimenti del Pleistocene (7-1,8 milioni di anni fa) di origine marina.
La fascia fluviale dispensa le maggiori attrattive naturalistiche. Il fiume e il suo specchio d’acqua sono bordati da una folta cortina di canneto, ambiente appropriato per la vita degli uccelli acquatici come il germano reale, l’alzavola, la moretta, lo svasso maggiore, il martin pescatore. Fra le canne della tifa e della cannuccia di palude si alza il richiamo di piccoli uccelli come il cannareccione, la cannaiola, il porciglione. Un personaggio ormai comune nelle acque aperte è la nutria, un grosso roditore originario dell’America meridionale, introdotto in Italia da alcuni decenni e ben ambientato fino a essere detestato per via dei danni che provoca scavando le sue tane lungo gli argini. Vi sono poi zone dove l’acqua è ferma, vecchi rami che il fiume ha abbandonato, ricoperti da vegetazione acquatica (lenticchia d’acqua, potamogeto) e popolati da vari anfibi come il non frequente tritone punteggiato. Le sponde più consolidate, indicate per la crescita dei salici, preludono ai boschi di ripa residuali, un tempo molto più diffusi lungo la valle del Tevere, caratterizzati da pioppi, ontani, carpini e qualche rara farnia. Sui versanti terrazzati il bosco muta d’aspetto e le presenze più comuni sono, oltre all’invadente robinia, il leccio, la roverella, il cerro.

La riserva è dotata di un Museo del Fiume, a Nazzano, con lo scopo di far conoscere l’ecosistema fluviale. L’allestimento ha un taglio didattico con diorami e acquari. La sezione archeologica è stata realizzata all’interno di alcune antiche grotte con reperti e fossili provenienti dalla media valle del Tevere, in particolare dal sito di Lucus Feroniae. La Riserva Tevere-Farfa costituisce per gli appassionati naturalisti e per tutti coloro che amano la pace e la tranquillità una piacevole meta. Utili un binocolo e, in caso di piogge recenti, un paio di stivali. Ricordatevi però di essere all’interno di un’area dove la natura è protetta e dove, pertanto, sono necessarie alcune elementari norme di comportamento per non recare disturbo agli animali, alle piante, all’ambiente in generale.

La visita alla riserva, se si utilizza il treno da Roma Tiburtina (stazione di Poggio Mirteto), richiede un tratto di avvicinamento lungo la sponda sinistra del Tevere, fino a entrare nel cuore dell’area protetta. Con la stazione alle spalle si inizia a percorrere, a destra, su marciapiede, la Strada regionale 313 nell’abitato di Poggio Mirteto Scalo. Al centro della rotatoria, in fondo all’abitato, campeggia una vetusta colonna ‘indicatore’ stradale: si utilizza la prima uscita a destra (Sp 15a), restando vicini alla ferrovia ed entrando subito nel territorio comunale di Torrita Tiberina: un lungo marciapiede protetto facilita il cammino. Appena superato il cavalcavia ferroviario (qui prestare attenzione!) e prima del successivo ponte sul Tevere, si imbocca a sinistra una stradina che corre parallela alla massicciata. Si entra nel perimetro della Riserva naturale all’interno della vasta valle del fiume. Una folta cornice di canne palustri impedisce per ora di scorgere il Tevere. Appare però più avanti, simile a un tranquillo specchio d’acqua poiché il suo deflusso è regolato dalla diga posta più a valle. Sulla sinistra, oltre la ferrovia, s’innalza la scarpata della valle, alta una ventina di metri, tutta coperta da un bosco ceduo. La stradina ora è a ridosso della sponda; oltre il Tevere, dietro una cortina di alberi avvolti dalle edere, si scorge la collina di Torrita Tiberina. Dopo aver superato un primo edificio Enel, si giunge a una biforcazione: si continua a destra, lungo la sponda del fiume. Lo Stradello, sterrato, asseconda l’ansa del Tevere, percorre una ripa ombrosa e umida, poi, finalmente, si allontana dal fiume tagliando trasversalmente una seconda ansa. Lo sguardo si apre sull’intera cornice del terrazzo che, sull’altra sponda del Tevere, delimita l’area della riserva e dove troneggiano gli abitati di Torrita e di Nazzano. Si entra nella larghissima prateria del Piano di Nazzano scompartita da fossi di scolo e infine si raggiunge la Fattoria didattica della Riserva. Qui si scende, verso destra, fra due alte siepi, per tornare vicino al Tevere, giusto all’altezza del traghetto a cavo che consente, quando in attività, il passaggio del fiume. In passato era utilizzato per il trasporto delle mandrie e delle greggi: veniva azionato a mano grazie a degli arganelli.

A questo punto inizia il tratto naturalisticamente più interessante dell’itinerario, lungo il Sentiero della Moletta. Piegando a sinistra ci si mantiene a ridosso della sponda, lungo una carrabile inerbita, dentro il canneto. L’obiettivo è di arrivare fino a un peduncolo di terra che segna il punto di confluenza del torrente tributario Farfa, dove è posizionato un capanno d’osservazione. Al nostro passaggio si alzano in volo le folaghe e si celano dietro le canne le timide gallinelle d’acqua. Porgendo l’udito si possono ascoltare i canti del pettirosso o dell’usignolo di fiume, mentre scrutando attentamente il cammino si possono notare le piste usate dalle nutrie per la ricerca di cibo nei vicini campi coltivati. L’attiguo parallelo canale è sito ideale delle rane e della natrice, una innocua biscia d’acqua. Alla fine del rettifilo si supera l’impianto di scolo della piana di Nazzano: nella sua grande vasca galleggiano l’azolla americana e il morso di rana, due piante acquatiche che fra giugno e settembre proliferano in modo impressionante. Il percorso si stringe ora fra la ripida parete di travertino del terrazzo di valle e il fiume. Al canneto fa fronte il bosco di ripa dove allignano piante abituate a un elevato grado di umidità: le radici affondano nel terreno pregno di acque e non riuscendo a sostenere il peso della massa arborea danno vita a un ambiente caotico dove i tronchi risultano inclinati e intrecciati fra loro. Gli alberi più comuni, spesso aggrediti dai rampicanti, sono il salice bianco, alcune specie di pioppi e l’ontano nero.

Sul terreno umido tracce o escrementi indicano la presenza di volpi, istrici e tassi. Avendo tempo si potrebbero scoprire le loro tane, veri e propri capolavori di ingegneria naturale, con le loro ramificate gallerie, le camere, i falsi accessi per ingannare i predatori. Superato un altro tratto nel canneto, un sentiero verso destra arriva finalmente a un capanno che dà la vista sul fiume nel suo tratto più ampio e aperto. Resta ora tutto il tempo per una paziente osservazione della natura nascosti fra i legni e le frasche con il mai sopito sospetto che alla fine i veri osservatori siano loro, gli uccelli, incuriositi dai nostri buffi gesti e dal nostro strano abbigliamento. È un ottimo punto di osservazione della vita che si svolge sulle acque del fiume, specie le scene di caccia degli svassi, dei tuffetti e dei molti anatidi che popolano queste acque. Altri, come la gallinella d’acqua e la folaga si accontentano della vegetazione subacquea che strappano dal fondo immergendo la testa. Il rallentamento delle acque, trattenute poco più a valle da una diga, ha generato un largo specchio d’acqua dove, durante le migrazioni, si ha occasione di avvistare rare specie come la gru, il falco pescatore, il cavaliere d’Italia. L’osservazione richiede pazienza e silenzio e anche la scelta di determinati periodi dell’anno.
Poi si fa ritorno per poche decine di metri; quindi alla prima biforcazione del sentiero si prende a destra, uscendo poco dopo in aperta campagna, presso una isolata casa. Qui si torna a calcare lo sterrato campestre. Si attraversa la prateria del Campo del Pozzo: si trascura la prima diramazione a sinistra e si impegna quella successiva, sempre a sinistra, appena prima del sovrappasso della ferrovia. Si entra in una fascia boschiva che è probabilmente il residuo di un ramo morto del Tevere e si fa ritorno sulla sponda fluviale ritrovando il percorso fatto all’andata. Volgendo a questo punto a destra si ripercorre il cammino verso la stazione di Poggio Mirteto.
©AlbanoMarcarini2023

Albano Marcarini, IL SENTIERO DEL VIANDANTE – Da Lecco alla Val di Mello lungo il Lago di Como, Ediciclo, nuova edizione 2021, 168 pagine con foto, acquerelli, mappe.
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