Itinerario in mountain-bike nella Tuscia laziale, attorno al Lago di Mezzano.
Questo itinerario si copre in un paio d’ore. In realtà potreste impiegare un intero fine settimana. Il fascino di questo luogo è tale da far restar incantati, da bloccare le ruote, da impedirvi di pedalare. Qui non è la salita (poca, in verità!), neppure la distanza o il vento che sbarrano la strada, qui è la bellezza del paesaggio che seduce e obbliga a fermarvi. O magari un folto gregge di pecore con cui disputare la via.
Distanza: 19 km. Dislivello: 260 metri in salita. Segnavia: inesistente. Partenza e arrivo: Latera. comune della provincia di Viterbo (45 km). Si raggiunge da Roma con la Via Cassia fin dopo Bolsena, poi con un tratto della strada 489 fino a Cantoniera e, quindi, a Latera. Condizioni del percorso: strade asfaltate e sterrate. Periodo consigliato: ogni stagione. Dove mangiare e dormire: Azienda agrituristica Fra Viaco, Mezzano, 0761.422501, www.fraviaco.com – Contatti utili: Comune di Valentano (Mezzano), 0761.453001; Comune di Latera, 0761.459041. Da vedere: Museo della terra, a Latera, Grangia di S. Pietro, 0761.459608, www.museodellaterra.it.
©Albano Marcarini 2017. La foto di apertura è di Stefano Casati.
Questo luogo magico è poco più di un puntino sulla carta geografica, messo al centro di quei ravvicinati cerchi di rilievi vulcanici che connotano gran parte della Tuscia, nel Lazio settentrionale, ai confini con la Toscana. È il laghetto di Mezzano, che quasi scompare al confronto col vicino e più noto lago di Bolsena, ma che rivela al suo cospetto un’estasi da lontana Arcadia: acque azzurre, pascoli scintillanti, ciuffi di pini marittimi, greggi vaganti, terre rosse pregne di lave vulcaniche. Un’azienda agrituristica, messa al punto giusto, a metà del vostro cammino, sarà una tentazione troppo grande alla quale non saprete dire di no.
Ma andiamo con ordine. È bene fissare il punto di partenza nell’unico paesino che si toccherà lungo il percorso: Látera, poco discosto dalla statale che costeggia l’orlo occidentale del cratere vulcanico di Bolsena. E’ un affastellarsi di vecchie case medievali, che scendono a cascata dal colle del suo castello e un tempo difese da mura di cui restano oggi i quattro accessi principali. Indugiate per un attimo fra i suoi vicoli. Recate magari un omaggio propiziatorio ai due santi patroni, San Pancrazio e San Macario, che sono raffigurati ai lati dell’altar maggiore della chiesa parrocchiale, costruita dal duca Mario Farnese alla fine del ‘500. E’ bene ricordare infatti che tutte queste terre furono donate nel 1408 dal papato alla potente famiglia Farnese che ne fece un Ducato autonomo, indipendente dal vicino Ducato di Castro, pure dei Farnese. Ciò impedì le distruzioni che toccarono invece a quest’ultimo per un conflitto d’interessi insorto nel 1649 fra Odoardo Farnese e Urbano VIII. Látera restò così sotto questa famiglia fino al 1668, anno della morte dell’ultimo Duca, Girolamo Farnese. Il palazzo ducale, da cui si gode un splendido panorama della zona, sorge nella piazza della Rocca, mentre un altro segno del vecchio feudo si ammira all’estremità del borgo: una bella fontana ottagonale con gli emblemi civici, costruita nel 1648 da Pietro Farnese. In verità la storia del paese inizia molto prima, poiché il ritrovamento di una lapide dice che qui le legioni romane designarono imperatore M. Aurelio Antonino.

Ora è tempo di partire. Rimontate allora la strada in direzione di Cantoniera, crocevia posto sull’orlo del cratere, da cui si scorge il lago di Bolsena, e seguite le indicazioni per Pitigliano. La strada che segue la linea di crinale è superbamente panoramica. Ben presto vedrete sulla sinistra, in basso, il piccolo specchio d’acqua di Mezzano, verso il quale dirigerete. La stradina che scende al lago si incontra poco dopo il cippo del km 63; è sterrata e attraversa un paesaggio idilliaco: vaste estensioni di pascolo, movimentate dalla bizzaria delle forme vulcaniche, con cocuzzoli, monteroni, avvallamenti. Lontano, sull’orizzonte, si profila la misteriosa Selva del Lamone, una tenebrosa foresta dove trapelano ancora storie di terribili briganti. Appena prima del lago si incontra il casale di Mezzano. In passato era un vero e proprio paesino, centro delle proprietà terriere della famiglia dell’esploratore Pietro Savorgnan di Brazzà che scorazzò in lungo e in largo in Africa equatoriale nella seconda metà dell’Ottocento.

Ma eccoci sulle azzurre sponde del lago, il quale nasconde molti segreti. Innanzitutto è molto profondo rispetto all’ampiezza, circa 40 metri: è una sorta di tronco di cono rovesciato, probabilmente un cratere esplosivo del vulcano volsino. Poi vi si sono rinvenuti importanti resti archeologici. Gli antichi scrittori latini parlano dell’antica città di Stationa, che doveva sorgere sulle sue rive, e le indagini sul fondo del lago hanno portato alla scoperta di basi di palafitte e di resti di materiali ceramici, risalenti all’età del Bronzo.
Il percorso cinge tutto il circuito del lago, interessando anche un bel bosco di cerri e arriva alla fattoria Fra’ Viaco, nido ospitale con possibilità di alloggio e prelibata cucina. Al punto che dispiace prendere la via del ritorno, lungo la valle dell’emissario del lago, il Fosso Ólpeta. La zona è ricchissima di sorgenti solforose, ma anche di vecchie miniere abbandonate, specie di zolfo. Nell’ultimo tratto, prima di Látera, la strada corre incavata fra due alte pareti di trachite, roccia lavica aspra per antonomasia, come vuole il termine greco ‘trachis’, molto usata nelle costruzioni per la sua solidità. Tre isolate chiese del XV secolo annunciano il rientro nel paese. La prima è dedicata alla Madonna della Cava e designa l’intensa attività estrattiva della zona, la seconda a San Rocco, santo pellegrino, l’ultima a San Sebastiano. E così beatificati potrete chiudere la vostra passeggiata.
Avendo tempo è consigliabile la visita del Museo della terra, allestito nel complesso conventuale di S. Pietro. Raccoglie testimonianze della cultura contadina, sulla natura e l’ambiente, sullo sviluppo della geotermia nella Tuscia laziale.
VULCANI
Un osservatore su due ruote potrebbe essere incuriosito dall’aspetto di queste montagne, di regolare forma concentrica, dai profili lineari. Si tratta della cinta vulcanica vulsina, sorta in tempi relativamente recenti, nel Pleistocene medio, vale a dire circa 300 mila anni fa. Prima tutto il Lazio settentrionale era sommerso dal mare restando in superficie solo alcune piccole isole corrispondenti alla punte delle più alte montagne attuali (Monti della Tolfa, Monte Soratte, Monte Cetona). Furono manifestazioni eruttive ed esplosive di grande portata che innalzarono la crosta terrestre e che fecero depositare enormi quantità di ceneri, lapilli e scorie poi trasformatasi in tufo, la pietra più comune di questo territorio. In particolare si trattava di un vulcano ‘a caldera’, che dopo un’eruzione iniziale produceva un ampio recinto entro il quale o lungo i fianchi esterni fuoriuscirono altri coni esplosivi formando così una morfologia piuttosto complessa. Il cratere principale è quello che oggi contiene il lago di Bolsena, ma altri crateri secondari sono distribuiti tutto intorno (Montefiascone, Monterado). Il cratere di Látera dove si cela il lago di Mezzano è rimasto ben conservato perché più giovane degli altri: al suo interno si possono riconoscere ulteriori quattro recinti minori, fra cui quello colmato dal lago, e diversi coni eruttivi oggi estinti.
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Albano Marcarini, IL SENTIERO DEI PAPI, Alleanza Assicurazioni, Milano 1999 pag. 80, con foto, carte e acquerelli
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