Verde Brianza nella brughiera del Terrò

UnioneItinerario pedonale nella brughiera canturina, fra Cantù e Brenna, in provincia di Como, con partenza e arrivo a Olgelasca, frazione di Brenna.

Sugli altopiani che a forma di lunghe dita scendono dalle colline briantee fino al margine della pianura milanese, frutto di antichissimi depositi fluvio-glaciali, quindi ammassi grossolani di ghiaie, sabbie e argille, vegeta spontaneamente un’associazione vegetale chiamata ‘brughiera’. L’espansione urbana l’ha chiusa in spazi ridotti, ma quel che resta non è privo di suggestione per il suo aspetto primordiale. Per la verità, la comune accezione di ‘brughiera’ è diversa da quella dai botanici. Loro per brughiera intendono aree dove mancano quasi del tutto gli alberi e dove la predominante, come suggerisce il nome, è data dal brugo (Calluna vulgaris) e da altri bassi arbusti, come la felce aquilina, la ginestra dei carbonai, giovani betulle ecc. Si tratta di un ambiente diffuso nelle facciate litoranee dell’Europa occidentale e settentrionale.  Da noi la brughiera – o ‘groana’ come si dice nell’Alto Milanese, o ‘baraggia’ come si dice nell’Alto Vercellese e Novarese – è un’associazione di erbe, arbusti e alberi, in particolare pino silvestre, e poi quercia e betulla. Ciò è dovuto, in parte alla naturale evoluzione della brughiera, in parte all’intensa opera di rimboschimento attuata in diverse fasi fra il ‘700 e oggi. La transizione verso una vera e propria boscaglia è però ostacolato dalla povertà delle sostanze nutritive del sottosuolo, fortemente acido e spesso ‘ferrettizzato’, cioè dove la sabbia è mischiata ad argilla, carica di ferro. I lembi residuali di brughiera sono oggi protetti e, nel Comasco, sono inclusi nel Parco della Brughiera Briantea, esteso a meridione e a oriente di Cantù. È un contesto poco conosciuto, frequentato dai locali, ma che rivela sorprese. Si tratta di ripiani boschivi, allungati da nord a sud, divisi da improvvisi solchi d’erosione dove scorrono torrenti dai regimi variabili. Ripiani, vallecole e versanti sono rivestiti dal bosco e, quando si penetra nei recessi più nascosti, sembra riaffiorare un’atmosfera da Medioevo dove attendersi il passaggio di armati a cavallo e temere le insidie di un’imboscata. Difficile credere che a poca distanza esistano fabbriche, ipermercati, strade di grande traffico e città.

Come arrivare:Olgelasca si raggiunge in auto o in bus da Cantù (5,9 km) seguendo la direzione per Vighizzolo e poi percorrendo Via Brianza (S.P 39). 

Tempo di percorrenza: 1 ora e 45 minuti a piedi. Lunghezza: 6.170 km. Dislivello in salita: circa 40 metri. Segnavia: percorso segnalato (sezioni dei sentieri 15 e 13 del Parco della Brughiera Canturina, un tratto del Sentiero Meda-Montorfano). Condizioni del percorso: strade carrabili campestri, molto fangose in caso di piogge recenti. Periodo consigliato: dall’autunno alla primavera.

Dove mangiare. Nessun punto di ristoro. Provvista d’acqua. Orari di visita dei monumenti: la chiesa di S. Adriano è visitabile in estate, ogni domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17, tel. 031.797030. Indirizzi utili: Parco della Brughiera Briantea, c/o Comune di Lentate sul Seveso, tel. 0362.515203, parcobrughiera@libero.it – Highlights: la chiesa di S.Adriano, la pineta del Terrò.

Terro.map. copia

L’itinerario comincia subito con una sorpresa: la chiesa di S. Adriano a Olgelasca (alt. 352) 1, che possiamo fissare come punto di partenza e arrivo. Il piccolo edificio sacro è un po’ misterioso sia per la dedicazione, poco comune nella Brianza, sia per la posizione, un tempo del tutto isolata. Si sa che nell’XI secolo era dipendenza del monastero benedettino di San Vittore a Meda (una strada lo collegava direttamente). Difficile attribuirgli una datazione certa propendendo semmai per una integrazione fra un primitivo edificio di culto arcaico e uno successivo, sensibile ai primi linguaggi del romanico. L’interno della piccola aula absidata conserva preziosi affreschi del XIV secolo, tra cui le figure dei santi Adriano, Sebastiano, Bernardino e la Ss. Trinità.

S.Adriano dietro-2
S.Adriano a Olgelasca

Lasciata l’auto nel piccolo borgo – in passato un vecchio cascinale – si inizia a percorrere il breve tratto della provinciale 39 in direzione di Brenna: un marciapiede e una pista ciclabile consentono di stare al riparo dal traffico. Si tratta comunque di percorrere non più di 400 metri, dopodichè la strada scende nella valletta di Brenna. Tenendo il lato sinistro si intercetta la pista sterrata (alt. 330) 2 che comincia a risalire lo stretto solco di un rivo spesso in secca in direzione del ‘Sentiero 15’. In realtà la pista corrisponde alla vecchia strada provinciale, poi rettificata. Subito si passa a guado il rivo e, sull’altra sponda, si lascia la traccia che sale nell’abitato di Brenna, giusto sul ciglio del vallone, e si prosegue nel fondovalle con il segnavia 15.

Stiamo risalendo un classico vallone di erosione del pianalto diluviale. A tratti le pareti rivelano compatte e dure rocce conglomeratiche (calcare che contiene in sè ciottoli e altro materiale lapideo). Si tratta del cosiddetto ‘ceppo lombardo’, spesso usato nell’ Ottocento come pietra da costruzione a Milano e nei giardini della Brianza, specie per elementi ornamentali.

Si procede per buon tratto all’ombra del fondovalle. Il fondo sassoso del rivo può diventare un gonfio letto d’acqua nei momenti di forti pioggie esaurendo però poi in breve tempo la sua forza. A un tratto il largo sentiero lascia il fondo della valle e prosegue sul primo ripiano terrazzato; si aprono alcuni magri campicelli contornati da macchie di robinie, vecchie pertinenze della poco distante Cascina Borlasca. Si finisce per ritrovare una traccia meglio battuta proprio a ridosso della massicciata della ferrovia Como-Lecco. Tenendo verso destra si arriva in breve al passaggio a livello (alt. 326) 3 della strada provinciale 39 che collega Brenna ad Alzate.

10.Staz.Brenna (1)
La stazione Brenna-Alzate

La linea Como-Lecco è fra le più sventurate della rete lombarda. I treni sono molto rari, limitati alle fasce dell’utenza scolastica e spesso limitati alla stazione di Molteno, dove si trova corrispondenza per Lecco. Fu realizzata nel 1888 quando il destino delle due città era avviato verso una proficua industrializzazione, poi inevitabilmente decadde. In una Brianza moderna e tecnologica il segno di questa ferrovia, a unico binario e senza elettrificazione, lascia stupefatti se non si fosse a conoscenza dello scarso interesse che la nostra società rivolge al trasporto su ferro. Se poi si vuole cogliere una nota nostalgica basta arrivare in 5 minuti dal passaggio a livello, alla stazione di Brenna-Alzate, commovente nella sua solitudine e nella sua veste, probabilmente immutata dal momento della sua costruzione. Nessuna strada asfaltata la raggiunge e i rari viaggiatori che vi fanno scalo devono seguire vecchi sentieri per guadagnare le loro destinazioni.

Superata la ferrovia si piega subito a sinistra intercettando ora il segnavia 13. Si costeggia di nuovo la massicciata lungo la bordura della vasta radura prativa che fa da invito al non lontano santuario della Madonna di Rogoredo. La venerata immagine della Vergine riporta ai tempi in cui questi viottoli erano forieri di insidie e di pericoli. Si narra che molti viandanti, percorrendo la brughiera del Terrò, invocassero la protezione divina e ne venissero beneficiati. Il santuario fu eretto a ringraziamento, nel XVII secolo, e con gli anni crebbe di dimensione e fama. La ricorrenza dell’8 settembre (Natività di Maria) è tuttora celebrata con grande concorso di pellegrini, mercanti, giostrai.

5.Alzate.Mad.Rogoredo (2)
La Madonna di Rogoredo ad Alzate Brianza

Si segue sempre il sentiero più battuto sul limitare del bosco. Ci si allontana dalla strada ferrata e si rasenta la scarpata della brughiera del Terrò. Una biforcazione molto evidente (alt. 344) 4 ci indica una nuova direzione da seguire: a sinistra, entrando più decisamente nella boscaglia e cominciando a salire la scarpata. Qui però bisogna prestare attenzione: la traccia principale, a un certo punto, è ostruita dai tronchi caduti nella primavera del 2009, durante una tempesta. Bisogna allora scegliere di salire più direttamente l’erta, lungo un solco tagliato quasi perpendicolarmente alla pendice. Un piccolo sforzo che ci mette dopo una decina di minuti sul ciglio alto della brughiera del Terrò.

UN SENTIERO NEL BOSCO

Durante la passeggiata in brughiera sarà possibile scorgere dei segnavia metallici a bande gialle-rosse-bianche. Si riferiscono a un tradizionale percorso di attraversamento del pianalto comasco da Cabiate fino a Montorfano della lunghezza di 20.7 km. Ripreso e valorizzato all’interno del Progetto Integrato Lario si propone di diventare la spina portante del futuro Parco regionale della Brughiera, di cui la porzione della Brughiera Briantea è già una piccola ma significativa realtà. Nel suo sviluppo esplora tutti i vari aspetti di questo singolare territorio, stretto fra l’urbanizzazione e la conservazione di ambienti naturali relitti. Inoltre all’interno della più vasta area protetta tocca alcune riserve naturali come la Fontana del Guercio, nota per le sue 11 risorgive, e il Lago di Montorfano, di origine inframorenica.

Il pino silvestre è un albero tipico degli ambienti di brughiera e prolifera in condizioni di buona luce e sufficiente disponibilità di acqua. Raramente però si presenta monospecifico, cioè come unica specie all’interno di un bosco, ma è accompagnato dal castagno e dalla farnia. Anzi, quest’ultima specie tende a spodestare, in condizioni di equilibrio ecologico, la pineta. Va detto però che le pinete di Olgelasca sono state elette da tempo a ‘boschi da seme’ per la qualità delle piante: vi si raccolgono i semi dei pini che vengono poi usati per produrre le pianticelle dei rimboschimenti. Dal tronco del pino i nostri antenati estraevano la resina, componente fondamentale per la produzione di trementina e, per distillazione, di acquaragia.

Valle di Brenna
Un momento del percorso

Nella brughiera la difficoltà è di sapersi orientare nelle infinite direzioni possibili fra sentieri, stradelle, piste e vere strade carrabili. A questo punto non ci sono segnavia in grado di aiutarci. Devo con qualche leggerezza disegnarvi un andamento che mi auguro rispetterete. La cartina vi può essere d’aiuto. Procedendo fra gli alberi si sbocca su uno stradello perpendicolare 5: qui occorre tenere a destra e iniziare un largo giro che dopo alcuni minuti ci porterà su un altra traccia, meglio battuta, che seguiremo verso sinistra. La troveremo ben presto ingombra di marmette e piastrelle che è un pessimo modo di liberarsi di materiali che starebbero meglio in una discarica controllata. Ma, a parte questa nota stonata, l’ambiente ha una sua vera suggestione, sia quando filtrano fra i rami i raggi del sole, sia quando la nebbia o la rugiada velano di grigio le distanze. A parte l’invadente robinia, introdotta nel XVIII secolo, il paesaggio vegetale con le farnie, le roverelle, la betulla e il carpino potrebbe evocare tempi remoti, quando in questi insidiosi boschi si fronteggiavano le fazioni feudali o bande di briganti assaltavano atterriti viandanti.

I tratti un po’ incavati nella boscaglia fanno presumere che questa strada sia molto antica, una delle molte vie medievali che in senso nord-sud collegavano il Milanese e la valle del Seveso con il Comasco. Il suolo è grossolano, fatto di ciottoli, sabbie e argille trascinate qui dai ghiacciai alpini nell’epoca quaternaria. I geomorfologi lo classificano tra le formazioni moreniche Mindel, ovvero appartenenti alla seconda delle cinque grandi glaciazioni dell’era pliocenica (1.8 milioni-10 mila anni fa). Viene facilmente eroso e, infatti, piccoli corsi d’acqua, come il Terrò, hanno scavato lunghe e strette valli che si alternano ai terrazzi boschivi. In sostanza il terrazzo sul quale si procede è delimitato a est dal vallone di Brenna – che abbiamo già percorso – e a ovest dal vallone del Terrò. Sotto di noi transita la galleria omonima, percorsa dalla ferrovia.

Si incontra una traccia trasversale 6 segnata dalle paline di un metanodotto. Volendo si può effettuare, a destra, una breve deviazione fino all’alveo del torrente Terrò. In piccolo si comporta come un grande fiume, con i suoi meandri che disegnano uno scenario pittoresco nell’intrico della vegetazione e negli spazi aperti di alcune radure, sempre contenute fra le due ravvicinate scarpate della valle.

Meridiana a Brenna
Meridiana a Pozzolo, frazione di Brenna

Altrimenti si continua oltre, rispettando rari segni bianchi segnati sui tronchi dei pini. Nel folto della brughiera si scoprono anche radure coltivate che danno una dimensione più luminosa al paesaggio. A un tratto si intercetta, dalla destra, il percorso del sentiero Meda-Montorfano 7, abbondantemente dotato di segnavia. Basta rispettare le indicazioni per Olgelasca e per la chiesa di S. Adriano per coprire in sicurezza l’ultimo tratto dell’itinerario

Nell’ultimo tratto si attraversano le radure di Pra’ Marin e del Lissaggio. I campi sono isole ricavate nel bosco, coltivati prevalentemente a mais. Seguendo le profonde tracce dei mezzi agricoli si ritrova dopo pochi minuti la chiesa di S. Adriano.

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