Itinerario pedonale nell’alta Val Trebbia.

Leggendo Giorgio Caproni, grande poeta del Novecento, mi sono fatto un’opinione. Non si possono apprezzare del tutto le sue opere se non si è stati almeno una volta nei luoghi della sua ispirazione, fra i boschi e i villaggi, fra le genti dell’alta Val Trebbia. Un angolo della Liguria più prossimo alle Alpi, per aspetto, che al mare. Giorgio Caproni è il poeta della nostalgia dei luoghi appartati, delle memorie perdute nel silenzio delle case lasciate vuote perché: «Sono partiti tutti / Hanno spento la luce / chiuso la porta, e tutti / (tutti) se ne sono andati / uno dopo l’altro». Non so dirvi se la sua passione per i fatti della vita sia maturata tutta durante gli anni della sua permanenza a Rovegno, appunto in Val Trebbia, dove nel 1935 fu insegnante nella scuola del paese e poi, durante la guerra, partigiano. Non credo, ma certo è che alcune delle sue più toccanti poesie sembrano scaturire spontaneamente dalle pieghe e dalle ombre di questa magnifica vallata. L’ermetismo dei suoi versi prende vigore dall’essenzialità dei valligiani: poche parole e grande umanità. Basta salire a Fontanigorda, dove parte e arriva il nostro sentiero, per sentirsi addosso il lieve carico delle sue parole, poche e risparmiose, mai una in più per non eccedere, esattamente come le genti di montagna abituate a contenersi e a contentarsi del poco.
Fontanigorda è un piccolo comune di 284 abitanti della provincia di Genova, nell’alta Val Trebbia. Si raggiunge da Genova (53 km) seguendo la strada statale 45 in direzione del Passo della Scoffera e di Piacenza. Giunti a Loco, si lascia la statale e si piega a destra verso Fontanigorda che si raggiunge dopo 3,5 km. L’itinerario: percorso pedonale di circa 4 ore su buon sentiero, talvolta sassoso. Dislivello: 560 metri circa. Segnavia: cerchio giallo da Fontanigorda al Passo del Gifarco; punto giallo dal Passo del Gifarco al Passo di Esola; croce gialla dal Passo di Esola alla strada Fontanigorda-Canfernasca. Seguire attentamente i segnavia, tornare sui propri passi qualora li si perdesse di vista. Alcune fontane lungo il percorso. Dove mangiare e dormire Si consiglia una colazione al sacco, oppure, approfittando delle lunghe giornate estive, si può effettuare l’escursione nel pomeriggio dopo aver pranzato alla Trattoria Al Valico, posta a circa 8 km da Fontanigorda sul Passo Fregarolo. Buona cucina casalinga dai sapori liguri e montanari. Tel. 010.952038 – 339.1530151. Un pranzo completo a 25 Euro a persona. Un secondo ristorante con alloggio si trova sul fondovalle Trebbia, qualche chilometro prima della deviazione per Fontanigorda. Si tratta dell’ Hotel Due Ponti (http://www.hoteldueponti.it), via Nazionale 2, località Due Ponti, tel. 010.95812, già vecchia stazione di posta e oggi tranquillo albergo con 20 camere e ristorante. Camera doppia a 62 Euro. – ‘A Bittiega di Ravan’, in Via Monte Ortigara a Fontanigorda, offre la specialità del luogo – la Torta Bosco delle Fate – oltre ad altri prodotti locali.
Libri – L’opera completa di Giorgio Caproni si legge nella collana I Meridiani di Mondadori (Giorgio Caproni, L’opera in versi), oltre 1800 pagine al prezzo di 65 Euro. Una raccolta delle sue poesie è invece edita da Garzanti, nella collana Gli Elefanti, a 27, 50 Euro. Sulla Val Trebbia, con itinerari ed escursioni, è di recente uscita, per i tipi di Diabasis, Route 45: la Val Trebbia, a cura di A. Marcarini e M.L.Pagliani, Euro 21.
Itinerario pubblicato su BELL’ITALIA, maggio 2011. ©2016 Albano Marcarini
Appena sopra il villaggio, partendo da Piazza Roma, si percorre il sentiero dove su alcune lastre di ardesia sono incise le opere del poeta, soprattutto quelle ispirate alla raccolta Ballo a Fontanigorda (1935-1937). Il percorso si sviluppa nel Bosco delle Fate, fra enormi macigni ricoperti di muschio e di felce, forati da oscuri pertugi, fra castagni secolari e limpide sorgenti che hanno suggerito il nome del villaggio (ne troverete tredici di fontane a Fontanigorda, tutte ornate da una piccola immagine della Vergine). Troverete anche una ‘spada nella roccia’ per accrescere la magica atmosfera del luogo.

Poco più in alto si intercetta, lungo una stradina forestale, un segnavia formato da un solo cerchio giallo, dipinto sui massi o sui tronchi degli alberi. Vi accompagnerà per il primo tratto dell’itinerario. L’intenzione, infatti, è di raggiunge il crinale che divide la Val Trebbia dalla Val d’Aveto, presso il Passo del Gifarco. È una vera immersione della natura. Scrive Caproni in una sua poesia: «L’ ultima mia proposta è questa: se volete trovarvi, perdetevi nella foresta.» Il pendio non è ripido, ma è una serie continua di ripiani e di conche dove si stendono prati o ristagnano pozze d’acqua circondate da eriofori e lentamente destinate a divenir torbiere. Il bosco disegna forme bizzarre e si diverte a mischiare il castagno con il pino nero, il carpino con il faggio, senza una regola precisa. Ci sono sterminate distese di mirtillo, tipiche di ambienti alpini, che rivaleggiano con le ginestre del Mediterraneo. È un sentiero bellissimo. Non a caso, tutta la zona è stata classificata come di ‘speciale interesse’ per la tutela della natura. E poi ci sono queste strane rupi dalle rocce scure, ofioliti e serpentini le chiamano i geologi, che spuntano come immobili sentinelle sulla vastità del manto verde. Hanno tutte nomi fantasiosi: Castello del Fante, Roccabruna, Poggio dello Zucchero.
Si sale un po’ lungo la strada, poi dopo un brusco tornante, la si abbandona per seguire, verso destra, il sentiero. Scenderete brevemente per passare a guado il fosso delle Lungaie e poi riprenderete a salire. Quando il percorso s’impenna significa che siete vicini al valico, segnalato da una pietra ritta su un’altra. Il passo del Gifarco (o Cifalco) è a 1264 metri d’altezza, sotto la liscia cuspide della rupe omonima, attorno alla quale volteggiano spesso i rapaci, da cui la probabile derivazione del toponimo come corruzione del termine ‘falco’. Antichissima è la mulattiera che scorre sul crinale, seguendo lo spartiacque fra le due vallate. Porta appunto il nome di Via del Cifalco e al tempo stesso indica monte, passo e strada poichè giusto qui si trovava un punto di riscossione dei pedaggi. La via era molto battuta nel Medioevo da mercanti e viandanti, diretti dalla Riviera Ligure verso la Pianura Padana e viceversa, ovvero dal Passo della Scoffera, sopra Genova, fino a Ponte Organasco, punto di partizione di altre strade per Piacenza e per Pavia. La strada, citata per la prima volta nel 1251 come soggetta a pedaggio a favore dei nobili locali, fu frequentata a lungo tanto che ricompare, precisa, anche sulla Gran Carta degli Stati Sardi di Terraferma, alla metà del XIX secolo. Non inganni il suo percorso montano. Infatti, in passato, le vie di crinale erano spesso preferite a quelle di fondovalle, poichè, stando in alto, avevano il vantaggio di non dover traversare corsi d’acqua con il rischio di alluvioni o pericolosi guadi. Le vie traverse, come quella che abbiamo seguito finora, garantivano i collegamenti fra la via di crinale e i villaggi di mezzacosta, come Fontanigorda, o di fondovalle, come Rezzoaglio, in Val d’Aveto.

Ora, pertanto, seguirete un tratto di questa antica via, in direzione nord, aggirando dal basso e appoggiati sul versante della Val d’Aveto, il Monte Gifarco, con la sua inquietate mole, e il successivo Monte Roccabruna. Due sentieri marcati recano sulle loro sommità: ne vale la pena se la giornata è tersa per via del ragguardevole panorama che arriva fino al Mar Ligure.
Attenzione però a non perdere il segnavia: ora non più un cerchio giallo, bensì un grosso punto giallo! Ora che la maggior fatica è vinta, il percorso è ancor più gradevole. Si procede nel silenzio della faggeta, sotto un fitto tappeto di fogliame. Si vince un ultimo declivio per superare una spalla del crinale e poi si comincia a discendere verso il Passo di Esola (alt. 1310), altro valico di vie traverse fra Aveto e Trebbia. Ne approfittiamo dunque per tornare a valle quando, di fronte al masso che riporta la scritta del passo, si imbocca a sinistra un nuovo sentiero ora contraddistinto da una croce gialla. Sarà una lunga discesa fra lo scorrere di limpidi ruscelli e l’emergere, fra i ciuffi delle eriche, del solido selciato della via, testimone silenzioso della sua vetustà e della sua importanza. Alla fine arriverete sulla strada che collega Fontanigorda a Canfernasca. Lì vicino ci sono, fra le ombre del bosco, ancora un vecchio mulino con la ruota in ferro e un solido ponte in pietra. Seguendo, verso sinistra, un breve tratto di asfalto tornerete a Fontanigorda, la località dalla quale sarete partiti. Un’ultima cosa: tornando a valle, lungo la statale della Val Trebbia, nel camposanto di Loco si può rendere omaggio alla tomba di Giorgio Caproni.
LA PAROLA DEL POETA
DISDETTA – “E ora che avevo cominciato a capire il paesaggio: «Si scende,» dice il capotreno. «E’ finito il viaggio.»”
(Giorgio Caproni)
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