Il mestiere delle armi in Val Gulva

Itinerario circolare con partenza e arrivo a Malga Borcola (m 1182), nell’alta Val Terragnolo, in provincia di Trento.

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Dai tempi dei miti e degli eroi omerici non esiste un luogo deputato per fare la guerra, un luogo prestabilito da tutti i contendenti. Ci si fronteggia in luoghi impensati, a volte assurdi. Di tutti i possibili campi di battaglia uno dei più difficili e impervi, nel quale l’elemento ‘terreno’ ebbe un ruolo di primo piano, se non di terza forza, fu il Pasubio. Affacciata alla pianura veneta ma già soggetta ai freddi inverni alpini, capace di alternare splendidi prati a orride gole, grandiosi fenomeni carsici a arditissime creste o precipiti canaloni, questa montagna fu teatro di una delle più sanguinose pagine della prima guerra mondiale. Migliaia di soldati austriaci e italiani vi si sono fronteggiati su terreni ostili, ad altissime quote, con qualsiasi condizione di clima. Hanno combattuto nelle trincee, sugli aridi pendii detritici, su erte pareti rocciose, infine si sono logorati nelle viscere della montagna, dentro fosche e pericolanti gallerie spinte le une contro le altre in una tragica rincorsa all’ultima mina. La Val Gulva è fra le più selvagge e meno frequentate del massiccio del Pasubio. Da essa discende il torrente Leno che forma la Val Terragnolo. Presenta interesse geomorfologico, poiché la sua parte alta, oltre la soglia sopra Malga Belvedere, conserva la forma del circo glaciale, sebbene eroso e condizionato dalla natura carsica del suolo. Secondo alcuni, il termine Gulva deriverebbe dal tedesco ‘wolf’, cioè ‘lupo’. Un tempo gli abitanti di Terragnolo la frequentavano per via del legname e per farvi pascolare le capre. Sotto il profilo strategico la valle costituiva un’importante via di approvvigionamento alle prime linee austriache, disposte sulla dorsale della Costa di Borcola, Sogli Bianchi, Dente Austriaco, Monte Roite. Per questa ragione vi fu impiantata una teleferica e tracciata un’ardita mulattiera. Di entrambe le opere restano scarse tracce, anche se la mulattiera, si dice, fu utilizzata con le slitte fino agli anni ‘50. La teleferica proveniva, con varie tratte, da Volano in Val Lagarina e risaliva la Val Terragnolo per poi puntare, con un balzo, verso Malga Buse Bisorte, lungo appunto la Val Gulva. Il tratto di discesa del’itinerario segue gli avamposti della prima linea austriaca affacciati verso la profonda Val Caprara, sulla cui opposta dorsale stava invece la fronte italiana.

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L’itinerario prevede la risalita della Val Gulva fino alla conca di Malga Buse Bisorte (m 1854) e la discesa passando per Costa di Borcola, lungo un tratto del Sentiero della Pace. Consigliato a escursionisti esperti, con buon allenamento. ATTENZIONE! Alcuni tratti del sentiero potrebbero risultare infrascati o poco identificabili

Tempo di percorrenza: 2 ore e 30 minuti a Malga Buse Bisorte; 4 ore in totale fino a Malga Borcola. Dislivello: 912 metri. Condizioni del percorso: sentiero di montagna, ritracciato nella Val Gulva dopo anni di abbandono (il segnavia bianco/rosso segue costantemente il cammino); da Malga Buse Bisorte in poi sentiero e mulattiera con segnavia ‘Sentiero Europeo E5’.  Periodo consigliato: da giugno a ottobre. Come arrivare al punto di partenza. Da Rovereto si seguono le indicazioni per Terragnolo e per il Passo della Borcola (strada provinciale 138). Malga Borcola si trova poco sotto il passo, a 23 km da Rovereto. Altre informazioni pratiche. La rotabile d’accesso è chiusa al transito in inverno e fino alla tarda primavera. Nessuna possibilità di ristoro lungo l’itinerario. Dotarsi di provviste e di una buona scorta d’acqua a Terragnolo. Indirizzi utili: Museo storico italiano della guerra di Rovereto, www.museodellaguerra.it

Itinerario inedito. Aggiornato il 10.1.2010. Si ringrazia il sig. Tiziano Bertè.

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Postazione di artiglieria austriaca presso Malga Borcola

1. Poche decine di metri sotto la Malga Borcola (m 1182), a lato della strada (cartello) e all’altezza di una pozza per l’abbeveraggio del bestiame, inizia l’itinerario (segnavia bianco/rosso), dapprima poco evidente, per via dei prati, poi ben più marcato una volta scesi fra i faggi del Bosco Gulvo Ruo. Assecondando la pendice il sentiero scende nella valle e attraversa a guado il torrente, in vista di Malga Gulva (m 1087).

2. Raggiunta una traccia carrabile, poco sopra la malga, la si segue verso sinistra (la direzione di destra sale al Passo del Lucco e a Malga Sarta) iniziando a risalire, per ora con debole pendenza, il fondovalle. Il tracciato più antico, oggi scomparso, teneva il versante idrografico sinistro della valle (destro per chi sale) mentre oggi il nuovo sentiero si porta a un certo punto sul versante destro, intercettando in qualche punto lo sconvolto tracciato della mulattiera militare austriaca. Si notino, di tanto in tanto, delle piazzole, dove i portamessaggi si davano il cambio durante le loro ansimanti risalite. In seguito il cammino si fa più difficoltoso, sebbene sempre praticabile: massi fra loro incastrati si frappongono alla via e costringono a qualche lieve gradino di roccia. A quota 1215 si torna sul versante di sinistra dove il sentiero sembra cercare, a fatica, una via fra l’ingombro di greppi selvaggi.

3. A un tratto si scorge un angusto varco, infilato in una gola dalle altissime pareti: la cosiddetta Calà della Gulva. Se si hanno il tempo e la necessità di una sosta si possono ammirare, all’inizio dell’estate, belle fioriture di Lilium veratro, Pinguicola alpina e della rara Primula spectabilis.  Non infrequente anche l’incontro con folte colonie di pianella della Madonna, preziosissima orchidea del Pasubio. Raggiunta un’apertura più luminosa, punteggiata dai larici, si passa un guado e si rimonta con largo giro la pendice fino a guadagnare l’incolta radura di Malga Belvedere (m 1568).

Val Gulva
La Val Gulva

4. La costruzione è diruta, il pascolo infestato dalla flora nitrofila. Gran parte degli alpeggi del Pasubio fu distrutta durante la guerra e quindi ricostruita utilizzando il materiale bellico disponibile. Purtroppo, la cronica mancanza di acqua sulla sommità del Pasubio ha sempre reso difficile la permanenza e le stesse malghe furono in seguito di nuovo abbandonate spostando verso aree più propizie la monticazione del bestiame. Si passa ora un canalone laterale, tornando poi nell’asta principale della valle, ai piedi dell’ultima ripida ascesa su un pendio detritico. Malga Gulva appare in fondo, ormai lontana. Volgendo lo sguardo in alto sembra di intuire l’ingresso sul pianoro sommitale cui farà da invito una lunga conca prativa.

Malga Buse Bisorte
Malga Buse Bisorte

5. Qui, a quota 1750 circa, erano impiantati ricoveri e apprestamenti militari austriaci, oggi è il dominio del rododendro rugginoso e del ginepro nano. Un leggero salto di quota sul pendio di sinistra porta il sentiero a imboccare la percorrenza trasversale del Sentiero della Pace (segnavia E5). Prima di seguirlo, verso sinistra, è possibile fare una breve e non faticosa diramazione a destra, fino alla Malga Buse Bisorte (m 1859), al centro dell’anfiteatro roccioso sommitale, chiuso (da destra a sinistra) fra il Monte Buso (m 2087), il Monte Roite (m 2144), il Piccolo Roite (m 2132) e la dorsale che scende da Cima Palon (m 2232) lungo i Denti e la Costa della Borcola. Poco prima della malga erano ubicati il terminale della teleferica e lo smistamento verso le linee tramite due altre più brevi teleferiche.

Baraccamenti in V.Gulva
Tracce di baraccamenti in alta Val Gulva

6. Si torna a ritroso sul percorso appena fatto e si segue il segnavia Sentiero della Pace E5 che si attesta, fra mughi e con qualche discontinuità altimetrica, sul fianco alto della Costa di Borcola. Intercettato un altro percorso proveniente da monte, il sentiero ascende quindi, con un’ultima rampa al crinale (m 1898) affacciandosi alla radura prativa di Malga Costa, afferente al versante vicentino di Val Posina. Si comincia a scendere a larghe curve fra doline e crateri di artiglieria. La zona fu uno dei capisaldi della difesa austro-ungarica dopo gli avvenimento del giugno 1916. Diverse opere campali, trincee e appostamenti erano rivolte verso la fronteggiante Val Caprara e sul suo ciglio opposto dove correvano le linee italiane. Superata la diruta Malga Costa (m 1841), gli avanzi di opere belliche si intensificano con gradonate, lacerti di muri, percorsi trincerati, piazzole per artiglierie; sulla destra, verso la Val Caprara, si innalzano i caratteristici pinnacoli dei Sogli Bianchi (m 1825).

7. A quota 1745, deviando di pochi passi sulla sinistra, si accede alla prima e più alta sorgente della zona; poi il percorso inizia una lunga serpentina. Se si contano i tornanti fatti si possono rintracciare alcune altre opere belliche: al 15° un apprestamento difensivo austriaco scavato in caverna; fra il 24° e il 25° una fontana che riporta incisa la data 3.9.1916 e il suo costruttore. La vorticosa discesa si stempera solo in vista del Passo della Borcola (m 1206) e della vicina cava di marmo. Il sentiero raggiunge la strada carrozzabile (area di sosta) nei pressi di una postazione austriaca di artiglieria, un tornante sopra la Malga Borcola, da cui si era partiti. Sulla destra della strada si accede, dopo un centinaio di metri, alla piattaforma ove era ubicata la stazione di monte di un’altra teleferica proveniente da Fondi di Terragnolo.

CRONOLOGIA DELLA GUERRA SUL PASUBIO

24 maggio 1915. Inizio delle ostilità. Gli austro-ungarici si attestano in retroguardia, quasi alle porte di Rovereto abbandonando la sommità del Pasubio e la dorsale dello Zugna.

15 maggio 1916. Inizio della ‘Strafexpedition’:  le truppe imperiali tentano lo scavalcamento delle Prealpi Vicentine e lo sbocco nella Pianura Veneta. L’attacco (19.5.1916) porta alla riconquista del Col Santo e del settore nord del Pasubio. Il rafforzamento delle posizioni italiane blocca l’offensiva.

25 giugno 1916. La linea di difesa austriaca si attesta fra la Sella di Cosmagnon e il Corno di Pasubio, mentre arretra in Vallarsa e in Val Pòsina.

2 luglio 1916. Potente quanto vano tentativo austriaco di conquistare la cima del Pasubio.

17 luglio e 9 agosto 1916. Reiterati attacchi imperiali volti a eliminare alcune posizioni avanzate italiane (fra il Lora e il Dente Austriaco) sono respinti.

10 settembre 1916. Offensiva italiana per la riconquista del Colsanto, respinta all’Alpe di Cosmagnon e alle falde del Dente Austriaco.

9 e 10 ottobre 1916. Violento attacco italiano nella direzione del Colsanto. Il Dente Austriaco resiste con efficacia e  respinge l’avversario.  Sull’Alpe di Cosmagnon gli italiani, a costo di gravi perdite, avanzano fino alla pendice del Roite, dove gli austro-ungarici riorganizzano le difese. Il ciglione Lora-Sogi e l’Alpe di Cosmagnon restano in mano italiana.

17/20 ottobre 1916. Ulteriore, sanguinoso e vano tentativo italiano sul Dente Austriaco dove si fronteggiano Alpini e Kaiserjäger. Le posizioni si consolidano sulla linea Valmorbia (italiana)/Forte Pozzacchio (austriaco), Monte Corno Battisti, Monte Testo, Roite, Dente Austriaco / Dente Italiano, Costa di Borcola (austriaca) / Val Caprara (italiana), e resterà tale fino alla fine delle ostilità.

Inverno 1916/1917. Rafforzamento di posizioni e approvvigionamenti per resistere alla durissima stagione.

Settembre 1917/ marzo 1918. Estenuante guerra di mine sotto i denti Italiano e Austriaco. Il 13 marzo 1918 gli austriaci fanno brillare 50 mila kg di esplosivo che squarciano la porzione settentrionale del Dente Italiano rendendo inutile l’estenuante contesa sotterranea.

13 maggio 1918. Conquista italiana del Monte Corno Battisti.

2 novembre 1918. Le truppe italiane entrano a Rovereto. L’Austria-Ungheria firma l’armistizio.

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2 risposte a "Il mestiere delle armi in Val Gulva"

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  1. Ho percorso l’itinerario ad anello consigliato nel novembre 2015, con il greto del Leno totalmente asciutto.
    Piacevole ma ci vuole una certa esperienza ed attenzione nell’identificare il tracciato quasi del tutto scomparso in val Gulva.
    Da malga Gulva, risalendo la valle in direzione Calà della Gulva le tracce sono poche e poco evidenti, ma tutto sommato si riesce a seguire la traccia senza grossi problemi.
    Nei pressi del Calà della Gulva è anche pericoloso in assenza di acqua o per le rocce sovrastanti – pericolo scariche.
    Arrivati ai ruderi di Malga Belvedere ho avuto qualche difficoltà nell’identificare la traccia. Assenza totale di segnali, anche a terra.
    Ho fortunatamente riconosciuto la flebile traccia di sentiero grazie all’assenza di foglie sugli alberi data la stagione avanzata.
    Una volta risalita tutta la valle ho tirato un sospiro di sollievo, ritrovandomi su un sentiero vero e proprio.

    Quest’itinerario seppur interessante, a mio modo di vedere è sconsigliato data l’assenza di segnali e per il passaggio presso Calà della Gulva. Non oso immaginare qualora avessi trovato acqua cosa avrei fatto. Il percorso del sentiero in quel punto è pieno di tronchi, massi, tutto portato dalla corrente.
    Il “sentiero” che risale la val Gulva, dalla malga alla testata della valle è abbandonato e pure tolto dalla sentieristica SAT.

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    1. Egregio Giulio la ringrazio per l’aggiornamento sullo stato del percorso. In effetti, specie in zone poco frequentate, la percorribilità può mutare di stagione in stagione. Mi auguro che i miei lettori facciano tesoro dei suoi consigli.

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