Itinerario circolare in mountain-bike nel promontorio del Monte Tresino, alle spalle di Agropoli.
Alle porte del Parco nazionale del Cilento, il monte Tresino è la prima altura costiera dopo la lunga piana costiera che va da Salerno a Paestum. In mountain-bike si può girare attorno al monte, fra mare e campagne con una puntata nella bella cittadina di Agropoli.
Una città non sorge mai in un posto qualunque. Anche nei luoghi più sperduti chi decide di fondare un insediamento cerca un punto d’appoggio che possa giovare ai futuri coloni. Agropoli è un buon esempio di città fondata nei tempi antichi. Già il nome – Acropolis, in greco ‘città alta’ – riflette la sua ubicazione, sull’alto di una collina, a dominio del Mar

Tirreno e della foce del fiume Testene. E poi la sua piccola baia, conformata in modo da ospitare un porto, protetto alle due estremità dalle scogliere della città vecchia e del monastero di S. Francesco.
La zona di Agropoli fu fra le prime a essere abitate nel Cilento e una delle poche, nel corso della storia, a mantenere saldo il suo contatto con il mare anche a costo di ripetuti e tragici assedi. Per cui, prima di iniziare la pedalata che ci condurrà attorno a Monte Tresino, sarà opportuno dedicare un po’ di tempo alla visita della cittadina, che fa da punto d’incontro fra la piana di Paestum e i rilievi cilentani.
Partenza e arrivo alla stazione Fs di Agropoli (linea Salerno-Reggio Calabria). Lunghezza: 17.6 km. Dislivello: 280 metri. Segnavia: cartelli bianco-rossi ‘Cammino dell’Alleanza’, molto deteriorati. Periodo indicato: tutto l’anno, salvo luglio e agosto. Condizioni del percorso: strade asfaltate e sterrate; un tratto difficile lungo la discesa a Trentova, prima di far ritorno ad Agropoli, dove bisogna procedere bici alla mano. Dove mangiare: nessun punto di ristoro sul percorso; eventuale deviazione a Lago, frazione di S. Maria di Castellabate dove ci sono bar e ristoranti; altri ristoranti ad Agropoli. Dove dormire: Agriturismo La Passolara, Via Cannetiello – Case Bianche, Torchiara, Tel./Fax. 0974.841600, http://www.lapassolara.it Indirizzi utili: Comune di Agropoli, Uff. Turismo, viale Europa 31, Agropoli, tel. 0974.827471, www.comune.agropoli.sa.it Orari di apertura dei monumenti: Castello aragonese di Agropoli, visite su appuntamento, tel. 0974.832123.
Itinerario pubblicato nella sulla guida I SENTIERI DEL CILENTO della collana IL CAMMINO DELL’ALLEANZA, Alleanza Assicurazioni, febbraio 2003 e su AMICOTRENO, marzo 2005 – Aggiornato il 7.1.2010.
Agropoli 1 ha due facce: una moderna, sulla piana costiera, che si espande di giorno in giorno accogliendo i richiami delle attività produttive, e una antica, isolata e silenziosa, sulla cima del colle, un tempo cinto di mura. Piazza Vittorio Veneto, a poca distanza dalla stazione, è il punto ideale per ambientarsi e osservare l’animazione cittadina, specie nei giorni di mercato. Da Corso Garibaldi si sale verso il centro storico. Il passaggio fra gli edifici moderni e gli antichi è graduale ed è come camminare a ritroso nel tempo. Verso sinistra, dalla balconata, si scorgono il seno del porto e la Punta di S. Francesco, verso cui s’indirizzerà più tardi il nostro itinerario. Ancora pochi passi e si giunge dinanzi alla porta di ‘città alta’, sormontata da uno stemma in pietra e coronata da cinque merlature. Passando sotto di essa il viaggio nel passato si fa ancora più invitante.

Il borgo conserva un’atmosfera antica. Vicoli, gradonate e nascosti pertugi danno la sensazione dei giorni più cupi, quando velieri dai minacciosi vessilli, mettevano la fonda dinanzi alla città nell’attesa del momento buono per scatenare la razzia. Forse per questo le case più antiche hanno poche aperture verso l’esterno e rari balconi, per scoraggiare gli aggressori e difendersi meglio. In fondo all’abitato s’incontra il Castello, una bassa e massiccia costruzione, dovuta ad Alfonso d’Aragona nella prima metà del XV sec. Ha una pianta triangolare con tre torri cilindriche ai vertici e presenta restauri, sistemazioni, aggiunte di periodi successivi. Sembra che sotto il torrione centrale vi siano le fondamenta della rocca primitiva, di fattura normanna. Il sito, elevato e aperto all’intorno, fu fin dall’antichità un naturale punto di difesa. La modesta altezza dei torrioni è una caratteristica dell’architettura fortificata del periodo aragonese. L’introduzione delle artiglierie nel XV secolo sconsigliò l’innalzamento di alte torri che, se abbattute, potevano causare danni ai difensori stessi. Molto più sicuri risultarono torrioni bassi, circolari e con una poderosa base scarpata da cui, attraverso numerose feritoie, si potevano calibrare i tiri delle balestre e delle armi da fuoco. La murata della città si appoggia al Castello e, fino all’800, scendeva con due braccia al mare. Di queste appendici resta quella occidentale, in parte integra, in parte inglobata nelle abitazioni che vi si sono addossate contro. In tal modo gli attacchi dal mare erano protetti dall’alta scogliera e quelli di terra dalla murata artificiale.
Sull’alto degli spalti spira una leggera brezza di mare. Una tradizione del passato sostiene che questa ‘mollizzia dell’aere’ farebbe spontaneamente perdere la verginità alle fanciulle. Il fenomeno, per quanto inverosimile, fu a lungo dibattuto fino a quando, in modo forse un poco malizioso, uno studioso giunse alla conclusione che l’aria «pur non togliendo direttamente il fiore verginale, influisca senza dubbio sui temperamenti di quelle vaghe fanciulle, e le induca a rinvenire i mezzi onde perderla». La visita della città alta si può concludere sul sagrato della chiesa di S.Maria di Costantinopoli, presso la porta d’accesso al borgo. La vista sul mare è splendida. All’edificio religioso, d’origine seicentesca, sono legati i rituali festeggiamenti del 24 luglio, che rievocano il rinvenimento in mare di una statua della Madonna, vanamente sottratta dai pirati turchi.
Dal molo di Agropoli si imbocca la strada costiera, in direzione di punta S.Francesco. Qui sorge una chiesuola che ricorda la visita del Santo di Assisi, avvenuta nel 1222, quando, dall’alto di uno scoglio, predicò ai pesci. Suggerì la costruzione di un convento, realizzato nel 1230. Parti del cenobio sono oggi comprese in un’abitazione privata, così come la torre di guardia, una delle tante della costa cilentana, posta a vigilare sul mare.

Con poche pedalate, la strada raggiunge la baia di Trentova 2 (km. 1.9, alt. 26). Trentova deve il nome al ritrovamento, negli anfratti della roccia, di un nido con trenta uova di gabbiano. Qui il fondale è il regno delle alghe brune che favoriscono la vita dei labridi, pesci a cui la natura ha elargito le più vistose colorazioni. Sono volgarmente detti Tordi di mare. Più in profondità, le seppie fissano sui rami delle gorgonie, per mezzo di un anellino di mucillagine, le loro tonde uova nere. Il lungo arco della spiaggia precede la prominenza del Tresino, dalla quale faremo ritorno. Per ora è sufficiente seguire l’asfalto che, lasciata la costa, ripiega verso l’interno, in un paesaggio molto parcellizzato con ortaglie, piccoli campicelli, uliveti. Manca tuttavia l’originalità delle vecchie case cilentane, dispersa sotto l’intonaco delle moderne e convenzionali ristrutturazioni. Negli orti non mancano le piante di fico, frutto per il quale il Cilento vanta produzioni di altissima qualità.
La salita inizia gradualmente, poi man mano si fa accentuata. La fatica è compensata dal panorama. Quando si arriva alle Case Barbuti 3 (km 7.1, alt. 231) – dove si lascia l’asfalto per proseguire, a destra, lungo la strada di crinale – la visuale si apre verso l’insellatura che separa la valle del fiume Testene con la piana costiera di Castellabate. Più lontana spicca la piramide di Monte Stella, primo baluardo del Cilento interno, a oltre mille metri d’altezza. Sulla sua vetta, stando alle cronache degli antichi, si sarebbe trovata Petilia, la capitale dei territori dei Lucani e dei Bruzii, gli originari abitanti della regione. Gran parte dei villaggi, che in diversa posizione ma in grande numero, affollano le pendici della montagna, furono fondati dai monaci benedettini intorno al X secolo quando, con notevole impegno, si decise di ripopolare e dare nuova vita ai territori costieri del Cilento. L’abbandono era seguito al crollo dell’organizzazione territoriale romana, soprattutto alla decadenza delle colonie di Paestum e di Velia, e all’insicurezza delle coste. Ora la strada, divenuta campestre, segue la costa del monte affacciandosi al suo versante meridionale che prospetta sulla spiaggia di Castellabate. L’esposizione a sud rende il suolo arido e la vegetazione cespugliosa. Dove la strada ha scalzato il terreno, affiorano le scaglie di colore grigiastro che compongono la struttura di Monte Tresino e del non lontano Monte Stella. Si tratta di strati di marne e di arenarie depositati sul fondo del mare in tempi remotissimi. Il sollevamento della montagna è avvenuto nell’Eocene, circa 54 milioni di anni fa.

La strada si mantiene in quota, assecondando le curve dei poggi. Al km 10.6 si arriva a un bivio 4: proseguendo a destra, in discesa, si raggiunge S. Maria di Castellabate, dove si trovano bar e altre possibilità di ristoro (ma, se si vuole continuare sull’itinerario, bisogna considerare la salita nel tratto di ritorno); a sinistra, invece, si prosegue nell’anello, affrontando il versante di Monte Tresino rivolto sul mare. Anche senza essere esperti botanici, ci si rende subito conto di come l’influsso del mare abbia un effetto immediato sulla vegetazione. Alle spoglie pendici di poco fa subentra ora un abito vegetale più ricco e diversificato. La macchia cresce sui vecchi lembi coltivati e, spesso, crea barriere impenetrabili. Poi, nei recessi più umidi, si notano piccole comunità arboree che fanno da corteggio a bevai, o fontane, un tempo utilizzate dagli animali al pascolo. Dove la pendice è più esposta al vento, o dove purtroppo è stata attraversata dagli incendi, alligna la gariga, un’associazione di bassi arbusti che fa da preludio alla macchia. Si scorgono anche piccoli scampoli di pineta, dove predomina il pino d’Aleppo, che, eccezionalmente, qui cresce in forma spontanea.
Dopo i ruderi del Casale S.Giovanni 5 (km 11.3, alt. 228), il percorso si fa più angusto. Si trascurano le direzioni divergenti verso alcuni casali, prossimi alla vetta di Monte Tresino, e si procede lungo il fianco della montagna senza variazioni di quota. Si devono oltrepassare alcuni cancellini, da richiudere sempre, poi la vegetazione aggredisce le bordure del cammino. Sono soprattutto vistosi cespugli di ginestra che sembrano chiudere la via, ma con qualche sforzo, magari chinando la testa o svicolando fra i rami, si procede sempre oltre. Quando il percorso aggira dall’alto Punta Tresino, occorre qualche maggiore cautela per via di rocce o radici che possono intralciare la pedalata: meglio scendere e procedere con la bicicletta a spalla. Dopo aver superato una fitta lecceta, ricompare la baia di Trentova. Per arrivarci, bisogna scendere una scabra pendice, indicata dai ruderi di alcune abitazioni coloniche. Anche qui molta cautela, procedendo senza montare in sella. Raggiunta la strada sterrata che segue il profilo costiero, si piega a destra ritornando in breve sull’asfalto, nel punto già percorso all’andata. Volgendo a sinistra si fa ritorno ad Agropoli.
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Il Cammino dell’Alleanza non si ferma a Eboli… verrebbe da dire osservando l’ubicazione di questo sentiero. Proprio in Campania, qualche decina di chilometri a sud dal ‘confine’ letterario di Ignazio Silone, questo itinerario apre le sue porte alla scoperta dei paesaggi del Mezzogiorno. E comincia dal fascino discreto del Cilento (da ‘cis Alentum’, al di qua del fiume Alento).
Albano Marcarini, I SENTIERI DEL CILENTO, Alleanza Assicurazioni, Milano 2003, pag. 80, con foto, carte e acquerelli. Formato: 11 x 16 cm, 6,00 € – Acquista
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