Al Gran S.Bernardo, ‘pro itu e reditu’

‘Pro itu et reditu’. Con questa invocazione, unita a un piccolo obolo, i mercanti e i legionari romani si garantivano l’indennità nel passaggio dei valichi alpini, temuti per la natura selvaggia e ostile forse più degli eserciti nemici. Nella Valle d’Aosta, il Colle del Gran San Bernardo era conosciuto col nome di Alpis Poenina, dal pagano Penn, dio delle vette.

I romani, piuttosto disinvolti nell’associare culti diversi fra loro, unirono al nome di Penn quello di Giove. Il tempio, sull’alto del colle, fu pertanto intitolato a Iuppiter Poeninus. Lassù arrivava un diverticolo della Strada romana delle Gallie discendente poi nel Vallese svizzero e nel Giura. Questo itinerario, aperto nel I sec. a.C., non decadde mai e fu fra i più battuti dell’arco alpino. «Per parecchi secoli fu un continuo transito di consoli e di capitani colle loro legioni – si legge nella Guida della Val d’Aosta di Ratti e Casanova (1890) – di prefetti e magistrati, di legati e ambasciatori, di patrizii e di matrone, di schiavi e di prigionieri. Di là passarono e ripassarono anche parecchi fra i Cesari, taluno impiegando solo otto giorni per recarsi da Roma a Ginevra…». Da quando strade rotabili e tunnel hanno abbreviato e reso comode le traversate, è difficile immaginare le fatiche, gli sforzi, i drammi che si sono consumati su queste strette mulattiere, imperversate dalle bufere, minacciate dalle valanghe. Ancora sul finire dell’800 circa 20 mila persone passavano ogni anno a piedi il colle, e non certo per turismo. A St.-Rhémy, l’ultimo villaggio prima dell’erta finale, i giovani, fino al 1915, erano esentati dal servizio militare a patto di fornire soccorso ai viaggiatori e di segnalare in inverno il tracciato con pertiche infisse nella neve. Le stesse mansioni erano affidate ai monaci e ai cani del celebre ospizio, fondato poco prima del Mille (o, secondo altri, nel 1049) da Bernardo da Mentone. Sotto questo valico si transita in auto con un lungo tunnel, pochi sanno che ancora si può percorrere a piedi la vecchia mulattiera, e addirittura un tratto dell’originaria strada romana.

Strada romana al Gr.S.Bernardo
Il solco della strada romana al Colle del Gran San Bernardo.

Itinerario lineare a piedi su sentieri e mulattiere in Valle d’Aosta (Valle del Gran San Bernardo) sul tracciato della via romana che univa Augusta Praetoria (Aosta) a Octodurum (Martigny) con partenza a St.-Rhemy, località situata lungo la statale 27 a 23 km da Aosta, e arrivo al Colle del Gran San Bernardo (m 2469) sul confine italo-svizzero. Il ritorno può avvenire utilizzando l’autolinea Savda che effettua servizio fra Martigny e Aosta (una corsa pomeridiana transita sul passo, tel. 0165.361244 http://www.savda.it/orari_tariffe.htm) – Tempo di percorrenza: 3 ore. Dislivello: 850 metri. Segnavia: cartelli e segnavia gialli della TAM (Traversata Aosta-Martigny: trekking di 4 giorni che ripercorre per intero il tratto alpino di questa antica strada). Periodo consigliato: da fine giugno alla fine di settembre. Consigli utili: buoni scarponcini, giacca a vento, scorta d’acqua, documento d’identità. Dove mangiare: un punto di ristoro a Fonteinte, oppure agli alberghi del valico. Dove dormire: sul valico, Albergo Italia***, tel. 0165.780908, http://www.gransanbernardo.it (aperto dal 15 giugno al 20 settembre), o all’Ospizio del Gran San Bernardo (www.gsbernard.ch), in territorio elvetico; a Saint-Rhémy, Albergo Suisse**, tel. 0165.780906-0165.35633 (aperto dal 15 giugno al 30 settembre), in una locanda del XVII secolo, http://www.hotelsuisse.it  – Indirizzi utili: l’Azienda di Promozione Turistica del Gran San Bernardo, a Etroubles, lungo la statale (tel. 0165.78559, http://www.gransanbernardo.net), dispone di ottima documentazione. Per saperne di più: P. Bouffard, la Route romaine du Grand-Saint-Bernard, Basilea 1946; G. Walser, Summus Poeninus, in ‘Historia’, n. 46, Wiesbaden 1984.

GS-Bernardo.map

Itinerario pubblicato su BELL’ITALIA 196, agosto 2002. Aggiornato il 29.12.2009.

Si parte da St.-Rhémy 1 (m 1619; ‘Eudracinum’ nelle tavole itinerarie romane) percorrendo la via centrale. Il rustico decoro delle case, in pietra e legno, indica il trascorso status degli abitanti, privilegiati rispetto agli altri della vallata per la concessione nel 1273 della ‘viérie’, ovvero il diritto esclusivo di trasportare merci, e del ‘marronnage’, quello di accompagnare, dietro compenso, i viandanti lungo la mulattiera del colle. In effetti St.-Rhémy conferma il modello del ‘borgo di strada’ sviluppatosi nel Medioevo con la via centrale e le case schierate accanto. Non mancavano le opere fortificatorie, oggi perdute, un ospizio per i viandanti e sicuramente i grossi portoni che venivano chiusi ogni sera alle estremità dell’abitato.

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St-Rhémy-en-Bosses

Il tracciato storico resta poco al di sotto della strada statale: esce dal villaggio e risale la stretta valle lambendo il torrente Artanavaz. Ben presto si raggiunge la strada statale 2 , aperta nel 1905 (m 1720): sul lato opposto della rotabile si stacca una variante, la cosiddetta ‘strada napoleonica’ percorsa dal grande imperatore nella sua discesa in Italia nel maggio 1800; noi seguiremo invece il tracciato più antico proseguendo per un centinaio di metri sulla statale e imboccando poi, un sentiero che, sulla destra, s’alza dolcemente fra i larici sul versante della montagna. Superati diversi ruscelli, si abbandona la traccia principale (che segue il tracciolino dell’oleodotto) e si affronta la salita più impegnativa con sei tornanti. A tratti, dall’erba, affiorano il selciato e le canalette in pietra per lo scolo delle acque. Arrivati a quota 2000 si passa accanto a una lapide 3 che ricorda una delle numerose tragedie che si consumarono su questi pendii: la morte nella tormenta di alcuni ‘zingari stagnini’, all’inizio del secolo scorso. In estate è difficile immaginare il rischio e i pericoli del percorso quando veniva affrontato nelle stagioni più inclementi. Questi pendii innevati nascondevano insidie e ogni passaggio era tristemente noto per le tragedie avvenute. Più in alto si riaggancia al percorso più antico la ‘variante napoleonica’; sotto si scorge il portale sud del traforo del Gran San Bernardo, realizzato nel 1964. Poco dopo si giunge a Fonteinte 4 (alt. 2203) e alla conca che prelude al valico (indicato dalla croce che s’intravede in alto, verso destra). Qui sorgeva forse una ‘mansio’ romana, poi trasformata in rifugio e quindi in caserma doganale. In caso di necessità, una campana allertava le squadre di soccorso all’ospizio o a St.-Rhémy.

Fra imponenti pareti di roccia e reconditi nevai inizia la lenta traversata del pendio di Tzermanaire, ai piedi dell’inquietante guglia rocciosa detta Tour des Fous, tradizionalmente ritenuto un rifugio di razziatori saraceni. E’ la ‘strada estiva’, da abbandonare in inverno per via delle valanghe. Il percorso invernale, oggi perduto, s’inerpicava ripidissimo sotto la costa a destra di Fonteinte. Con largo giro si torna ad avvicinare la statale nei pressi dell’erta finale. La si potrebbe seguire fino al colle, ma è bene inerpicarsi fra le rocce alla ricerca del più interessante reperto archeologico: una rampa stradale artificiale di circa 60 metri, larga 3.65, tagliata a scalpello nella roccia. L’opera 5 fu forse realizzata dall’imperatore Claudio (41-54 d.C.) in una fase di risistemazione dell’originaria via, aperta dopo il 25 a.C. da Augusto. Tale rifacimento trasformò un semplice sentiero in una strada lastricata, scavata nella roccia e tale da consentire il transito ad animali e piccoli carri. In seguito però la strada decadde tornando, come oggi, al rango di sentiero pedonale. La rampa immette al Plan de Jupiter 6 (alt. 2450), il pianoro sommitale, il luogo dove sorgevano la mansione (ospizio), un tempio e si porgevano le offerte agli dei. Qui si sono, in effetti, rinvenute una grande quantità di monete, idoletti e tavolette con epigrafi incise. Una colonna sostiene la statua di San Bernardo che sostituì dal Medioevo le divinità latine nel ruolo di protettore dei traffici. In breve si scende al lago e alla dogana, dove si scorge, appena sotto la massicciata, l’enorme cippo confinario fra Savoia e Vallese. Il tracciato antico resta più in quota e arriva pianeggiando ai 2469 metri del valico 7 e ai vasti edifici dell’ospizio. Qui, il Museo del Gran San Bernardo conserva i reperti rinvenuti sul colle, fra cui un bronzetto del Dio Poeninus, monete e tavolette votive.

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Il Colle del Gran San Bernardo

La via del ritorno può essere variata percorrendo la cosiddetta ‘strada napoleonica’, tracciata dall’imperatore francese nel 1800. La variante si rese necessaria per consentire il transito di pesanti artiglierie. La diramazione (segnavia 13) si trova a quota 2150.

La salita al Passo del Gran S. Bernardo nella Guida delle Alpi Occidentali di Bobba e Vaccarone, Vol. 2, Parte II, Torino 1896, pag. 284.

«Alla strada carreggiabile che cessa a St.-Rhèmy succede una mulattiera che si interna, fra altipiani ondulati, per un tratto nel centro della valle – 30 min – per elevarsi poi con vari risvolti sulla sua pendice sinistra, seguendo le curve che fiancheggiano i dorsi dei rilievi. Toccata l’eccellente Fontana Bioletta, in un’altra mezz’ora arrivasi alla Cantina di Fonteinte – m 2217 – custodita tutto l’anno da due cantonieri governativi che comunicano telefonicamente con l’Ospizio. Sopra la cantina la via si biforca: la mulattiera prosegue a sinistra e descrive un arco di cerchio passando accanto ad un’alta rupe – la Tour des Fous – e intagliandosi nella rocia, raggiunge l’estremità del lago, da cui defluisce il torr. Buthier, nello stesso punto ove fa capo l’altra via la quale, un po’ erta e faticosa ma più breve, segnata nel suo lungo da pali telegrafici, si dirige verso la croce di pietra che dall’alto indica l’Ospizio. Questa via è specialmente seguita d’inverno per evitare il pericolo delle valanghe.»

Gd.S.Bernardo.cover

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