Itinerario a piedi nello stagno di S. Teodoro in provincia di Olbia-Tempio (Sardegna).
In inverno le zone umide sarde si popolano di migliaia di uccelli. Quella di San Teodoro, lungo la costa nord-orientale dell’isola, offre uno scenario irripetibile fra sculture di granito e le maestose planate dei fenicotteri rosa. Nell’insieme delle oltre 60 zone umide che costellano il perimetro costiero della Sardegna, la laguna di San Teodoro ha un paio di particolarità. Risulta facilmente accessibile e per un’ampia porzione appartiene al comune di San Teodoro che ne garantisce la tutela oltre che un discreto reddito nell’attività di pesca. La sua origine si colloca nei periodi geologici più recenti. Da un lato vi è stato l’apporto detritico dei corsi d’acqua interni e dall’altro lo sbarramento formato dai cordoni sabbiosi accumulati dal mare. Le depressioni che si sono create, una volta allagate, hanno dato forma a un ambiente salmastro ricchissimo di vita animale e vegetale.
Punto di partenza e di arrivo. Al parcheggio della Cinta, la spiaggia di S.Teodoro, raggiungibile in auto da Olbia seguendo un tratto di 27 km della strada statale 125 Orientale Sarda fino alla località Suaredda, da cui a sinistra per poco più di un chilometro fino al parcheggio. Tempo di percorrenza: 2 ore. Dislivello: insensibile. Percorso: sentiero e litorale sabbioso. Dove mangiare. Punti di ristoro alla spiaggia della Cinta oppure a San Teodoro (a 1 km): ristorante Gallo Blu, via degli Asfodeli, tel. 0784.866041 (cucina di mare); ristorante l’Alculiciu, loc. Lu Lioni, tel. 0784.869077. Dove dormire. Per un soggiorno più prolungato si può contattare il Consorzio Turistico S.Teodoro, www.visitsanteodoro.com –Indirizzi utili. I.Ci.Mar – Istituto delle Civiltà del Mare (svolge attività di ricerca e divulgazione sull’ambiente marino), Via Niulòni 1, 08020 San Teodoro, tel. 0784.866010; Comune di San Teodoro, tel. 0784.865879 – http://www.comune.san-teodoro.nu.it – Ufficio turistico comunale, p.za Mediterraneo, tel. 0784.875767.
Itinerario pubblicato su QUI TOURING, gennaio 2001. Aggiornato il 15.12.2009.
1 L’itinerario segue tutto il cordone sabbioso della Cinta che chiude verso il Tirreno questo suggestivo ambiente. Partendo dal parcheggio ci si può subito portare sul lato interno che prospetta sulla laguna. Le acque sono basse (da 70 a 120 cm la profondità media) e moderatamente salmastre (circa il 30% di salinità nel periodo invernale). Si cammina su un fitto tappeto di macchia prostrata o attraverso bassi cespuglieti di salicornia. Se la zona non fosse disturbata dai bagnanti dell’attigua spiaggia sarebbe ideale per la nidificazione del cavaliere d’Italia. Purtroppo è andata perduta la fitta cortina di canneti che fino a prima della bonifica idraulica operata negli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, circondava l’estuario del Rio San Teodoro. Sul fondo dello specchio d’acqua, dirimpetto a Suaredda, staziona spesso una folta colonia di fenicotteri rosa. Praticano una pesca ‘di gruppo’ e ognuno di loro filtra l’acqua salata con il becco per nutrirsi di piccoli invertebrati. Fino agli anni ‘60, nei fondali orientali della laguna, erano diffusissime le arselle, una specie di mollusco bivalve. Formavano estesi tappeti sommersi ed erano l’alimento prediletto dai gabbiani. La riva occidentale della laguna offre invece un aspetto diverso per la presenza di isolotti di granito affioranti dall’acqua e foggiati dall’azione del vento e delle piogge.
2 Cammin facendo il cordone sabbioso che ci separa dal mare si modella in lunghe formazioni dunose dove allignano specie pioniere o altre piante già radicate in questo difficile ambiente, come le tamerici, i mirti, i rosmarini, i ginepri, i lentischi e i cisti. Nelle pozze d’acqua si notano gli insetti predatori, come i carabi e le cicindele.
3 Verso la sommità il diaframma della Cinta si allarga lasciando spazio al divagare delle dune. Il sentiero avvicina la zona dei lavorieri, gli impianti sommersi di pesca dove la cattura avviene assecondando la naturale tendenza dei pesci a rifugiarsi in alcune fasi della loro esistenza negli stagni salmastri. Si tratta di specie che sono in grado di tollerare notevoli variazioni di salinità, come l’anguilla, il muggine dorato, la spigola, varie specie di cefali.
4 Delle tre bocche che permettevano la comunicazione con il mare resta viva solo quella più settentrionale, detta dai teodorini ‘La Foca manna’. Il sentiero, circoscrivendo tutta la parte terminale della Cinta, vi si dirige per iniziare poi il tragitto di ritorno lungo il bagnasciuga fino a raggiungere il parcheggio dal quale eravamo partiti. Sulla costa di Montipitrosu, nei pressi di Punta Coda Cavallo, una porzione di macchia mediterranea di oltre 50 ettari è stata destinata dal comune di San Teodoro a giardino didattico. Vi sono rappresentate le specie botaniche più caratteristiche della macchia come il ginepro rosso, il corbezzolo, il mirto, la fillirea, il lentisco, il cisto di Montpellier, l’olivastro. L’ambiente è vivacizzato da imponenti sculture di roccia granitica che al tramonto assumono colorazioni rosate. La visita avviene su percorsi autoguidati.
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