La ferrovia delle barche nel Parco del Ticino

Itinerario circolare in bicicletta nella brughiera del Ticino, nei pressi di Somma Lombardo, in provincia di Varese.

Nell’Epoca del ferro e poco prima della comparsa delle vere ferrovie, gli ingegneri che si dedicavano ai trasporti idearono curiose soluzioni per aumentare le velocità e le capacità di carico delle merci, o anche per risolvere problemi legati alla natura ostile dei territori da attraversare. Una delle più singolari fu denominata ‘Ipposidra’, ovvero una ferrovia a cavalli adibita al traino delle barche.

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Detto con le parole d’oggi si chiamerebbe un sistema intermodale e fu per un brevissimo periodo, intorno alla metà dell’800, un’opera che richiamò la curiosità di molti. Le tracce di questa primordiale ferrovia si rinvengono ancora oggi nella brughiera del Ticino, in Lombardia, nei pressi di Somma Lombardo, e riscoprirle costituisce un’insolita occasione per un’escursione fuori porta, da effettuare in treno e in bicicletta (o anche a piedi), approfittando però del periodo invernale, quando il bosco è spoglio di vegetazione e consente una migliore osservazione di questi strani reperti di archeologia ferroviaria.

È noto come, nei secoli andati, una parte delle fortune economiche di Milano fosse basata sul trasporto delle merci lungo i navigli. In particolare, il Naviglio Grande, scavato nel Medioevo, consentiva di far giungere in città i carichi provenienti dal Lago Maggiore: ad esempio i marmi per la costruzione del Duomo. Vi erano però alcuni problemi da risolvere nella risalita dei barconi vuoti controcorrente, specie nel tratto fra Tornavento, dove il naviglio e il Ticino si uniscono, e Sesto Calende, dove inizia il lago. Le barche venivano unite fra loro e trainate con enorme fatica lungo le sponde del fiume da decine di cavalli: un’operazione lunga (talvolta si impiegavano anche due settimane da Tornavento a Sesto!), complicata e non priva di rischi a cui erano preposte persone del luogo pratiche di questo lavoro. Per ovviare a queste difficoltà sorse nella mente di alcuni imprenditori e uomini di cultura milanese e varesini, fra cui Carlo Cattaneo, l’idea dell’Ipposidra. Pensata nel 1844, ma tradotta in fatti nel 1858 dall’ingegner Giacomo Bermani, l’opera fu sostenuta da esponenti dell’allora governo austriaco. La linea si discostava dalla valle del fiume per evitare le sue anse e doveva superare, nei 18 chilometri del tracciato, fra la partenza e l’arrivo, un dislivello di un centinaio di metri. Le barche venivano issate su vagoni piatti a otto ruote e quindi il convoglio partiva, trainato da tre robuste pariglie di cavalli per addentrarsi nella brughiera. Nei tratti in pendenza (fino al 12.5%) si adottarono dei giganteschi scivoli che, per mezzo di argani e contrappesi, alleggerivano lo sforzo degli animali. Una volta giunte a Sesto Calende, le barche erano rimesse in acqua. L’Ipposidra ebbe vita breve, osteggiata dai ‘navalestri’, cioè i naviganti del fiume, che si videro privati del loro lavoro, ma soprattutto superata dalla contemporanea apertura delle ferrovie Milano-Arona (1860-68) e Novara-Arona (1855) che assorbirono la totalità del traffico fluviale. Nel 1865 il servizio fu dismesso. Per gli investitori fu una grave perdita economica, ma fu anche il segno di un periodo storico denso di progressi tecnologici. Il tracciato, che aveva richiesto notevoli artifici e opere d’arte, fu smantellato e abbandonato. Oggi sommersi dalla vegetazione, si scorgono ancora la massicciata, le trincee e alcuni monumentali ponti.

Partenza e arrivo alla stazione Fs di Somma Lombardo. Si svolge parte nella brughiera, su strade sterrate, e parte lungo il Ticino nel suo tratto più suggestivo, da Sesto Calende a Porto della Torre. A piedi, l’itinerario può partire da Somma Lombardo e proseguire, una volta giunti al vertice nord del percorso, verso la non lontana stazione Fs di Sesto Calende. Distanza: 22,5 km. Dislivello: 140 m. Condizioni del percorso: pianeggiante su strade sterrate (7 km) e asfaltate (15 km), salvo alcuni brevi strappi nella parte terminale del percorso; in alcuni punti, nel tratto lungo l’Ipposidra, a causa del fondo sconnesso, è consigliabile procedere con la bicicletta a mano. Mezzo consigliato: mountain-bike. Periodo consigliato: dall’autunno alla primavera. Dove mangiare: nel primo tratto, da Somma Lombardo al Ticino, nessun punto di ristoro; poi, lungo il Ticino, si incontrano diversi ristoranti, alcuni aperti solo il fine settimana. Riparazione cicli: a Somma Lombardo, Brassini, via Milano 71, tel. 0331.250480. Orari di visita dei monumenti: Castello Visconti di San Vito, p.za Scipione 2, Somma Lombardo, tel. 0331.256337, visite guidate da aprile a ottobre tutti i sabato, domenica e festivi, dalle 10 alle 11.30 e dalle 14.30 alle 18, www.castelloviscontidisanvito.it – Antiquarium di Golasecca, c/o Municipio, p.za Libertà 5, tel. 0331.958032, aperto a richiesta da lunedi a venerdi mattina. Per saperne di più: F. Ogliari, Dal Lago Maggiore a Milano, Selecta, Pavia 2002.

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Itinerario pubblicato su AMICOTRENO, novembre 1994. Aggiornato il 12.12.2009.

Si inizia a Somma Lombardo (km 0, alt. 282, 1) percorrendo l’alberato viale della Stazione. Al semaforo si volge a destra, traversando il centro dell’abitato fino alla piazza del Castello. Il castello di Somma Lombardo. Le intricate vicende genealogiche della famiglia Visconti si evidenziano bene in questo castello ‘di famiglia’, in realtà tre castelli riuniti in uno solo per soddisfare i vari lasciti ereditari. Il nucleo più antico appartiene al XII secolo, le aggiunte sono dei secoli successivi e non mancano stravaganti rifacimenti di epoche recenti. Negli ambienti interni, oltre ad affreschi della scuola di Camillo Procaccini e una pala d’altare del Cerano, si segnala una singolare collezione di piatti da barba, ritenuta la più completa al mondo. Fu iniziata verso la metà del XIX secolo e continuamente incrementata con pezzi sette-ottocenteschi provenienti dalle più note fabbriche di porcellana d’Europa.

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Il Castello di Somma Lombardo

Si aggira il castello e, dal piazzale posteriore, si scende per acciottolato passando accanto agli stabilimenti del Lanificio di Somma (cautela! senso vietato). Si attraversa il successivo incrocio continuando diritti per via Diana (altro breve tratto in controsenso). Si raggiunge, alla fine dell’abitato, l’innesto con la strada statale 336 che si segue verso sinistra, in discesa, fino al bivio per Golasecca (km 2.5, alt. 246).

Qui si lascia la statale e si segue a destra la strada per Golasecca, ma per brevissimo tratto, fino alle prime case, subito dopo il ponte sul torrente Strona. Questo luogo è chiamato Stazione delle Barche (2), poiché qui si trovava un punto di sosta, ovvero del cambio dei cavalli utilizzati nel traino delle barche. Si imbocca una strada sterrata, fra villini, entrando nel bosco. Sulla sinistra si nota l’alta massicciata della vecchia ferrovia. La si seguirà per lungo tratto. Si passa accanto a una cabina del metanodotto: da questo punto il percorso si riconosce dalle paline gialle della conduttura. In alcuni tratti la pavimentazione è sistemata ‘a rissada’, cioè ad acciottolato (qui è bene procedere con la bicicletta a mano). Si passa accanto a diversi ponti dell’Ipposidra, ancora ben conservati, con la volta a botte in mattoni e gli spigoli in grossi massi di granito. Scrutando bene nell’intrico della vegetazione si possono anche individuare i cippi in granito con la dicitura S.F. (strada ferrata).

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Il cippo con la dicitura S.F.

Al km 4.9 si attraversa la strada Golasecca-Sesona (via Battisti) e si prosegue per via Petrarca, sempre su sterrato. Il tratto successivo, sempre nella brughiera, fra robinie, castagni e isolati pini silvestri, supera le Colline Corneliane (3), così dette a ricordo di Publio Cornelio Scipione che qui tentò di arrestare l’esercito di Annibale. Va anche detto che questo è il probabile tracciato dell’antica strada romana Mediolanum (Milano) – Verbanus (Lago Maggiore), poi ripresa come Strada Ducale e mantenuta fino alla realizzazione della rotabile del Sempione. Inizia poi un lungo tratto in discesa. L’Ipposidra seguiva qui un piano inclinato che tramite rudimentali sistemi di frenatura consentiva la discesa regolata dei vagoni. Giunti in prossimità dell’autostrada, al termine della discesa (km 6.1, alt. 236), lo stradello sterrato volge deciso verso sinistra (si abbandonano qui le paline gialle) e si prosegue lungo la traccia principale fino a scorgere, sulla sinistra, il profondo varco dell’Ipposidra che si supera con un bel ponte ad arco (km 6.5, 4). Poco dopo, accanto a una bacheca del Parco Ticino, si incontra una strada asfaltata (km 6.9) che si segue verso sinistra. Ancora poche centinaia di metri e ci si immette (a sinistra) nella strada lungo Ticino (via Golasecca). Quando ci si avvicina al fiume (5) si scorge, verso destra, la strada alzaia pedonale verso Sesto Calende che è la direzione da seguire per chi volesse raggiungere la vicina stazione Fs. Il percorso principale continua accostando un campeggio e un paio di ristoranti. Sotto il viadotto dell’autostrada (km 7.6), si trova l’itinerario archeologico (cartello) che conduce alla visita dei reperti del Monsorino, riferibili a un importante insediamento preistorico del IX-V sec. a. C. L’itinerario, che si copre in circa 30 minuti, è numerato con cartelli gialli e si può seguire con la bicicletta fino al recinto dove sono stati rinvenuti tre ‘cromlech’, recinti funerari collettivi.

Il sito archeologico del Monsorino. I rituali delle genti preistoriche di Golasecca prevedevano l’incinerazione dei defunti. L’urna contenente le ceneri era poi deposta in una tomba rivestita di ciottoli. Altro oggetti venivano posati accanto come segni della posizione sociale del defunto. Le tombe erano infine radunate in recinti circolari – i ‘cromlech’ appunto – del diametro variabile da 3 a 10 metri. Scoperte nel 1870 le tombe furono spogliate delle loro suppellettili, poi disperse in varie collezioni pubbliche e private. Alcuni reperti sono conservati nell’Antiquarium di Golasecca la cui visita si consiglia a chi volesse approfondire tale argomento.

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Uno dei ponti dell’Ipposidra

Dopo la visita della zona archeologica, si riprende a seguire il Ticino tenendo la strada che segue la sponda (si lascia la principale che sale, a sinistra, a Golasecca) accostando la diga della Miorina, regolatrice del livello delle acque del lago Maggiore. È un tratto molto bello e tranquillo, affollato di pescatori, dove il fiume scorre fra due alte sponde boscose. Al km 14.2 si raggiunge il ristorante La Ticinella (alt. 195) e quindi l’innesto della statale 336, di fronte al ponte-diga di Porto della Torre (6). Questo toponimo ricorda l’esistenza di un ‘porto’, ovvero di un traghetto sul quale traversare il fiume. Nell’800, per questo trasbordo, un pedone pagava da 10 a 30 centesimi a seconda del suo carico e della facilità di governare il traghetto rispetto alla forza della corrente. Si tenga conto che allora un operaio guadagnava mediamente una lira al giorno.

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L’opera di presa del Canale Villoresi

Si tiene a sinistra, facendo attenzione al traffico, continuando a seguire il Ticino. Al km 15.8, presso la Trattoria La Ruota (7), si abbandona la statale e si continua verso destra, sempre lungo la sponda del fiume. In breve si arriva al monumentale incile del Canale Villoresi, detto ‘del Panperduto’ (km 16.5). Il canale favorì l’irrigazione nei territori aridi dell’alta pianura milanese e fu aperto nel 1886 collegando il Ticino all’Adda. Si continua lungo la stradina di servizio del canale, superando un’altra opera di presa (km 17.2). Ora la strada diventa sterrata e dopo un breve tratto, sempre lungo il canale, si interna nel bosco. Al km 17.9 si incontra una strada asfaltata che si segue, in salita, verso sinistra (tornante). Si rimonta il terrazzo di valle del Ticino e sul ciglio si entra fra le case di Maddalena (km 18.4, alt. 211, 8). Si attraversa il piccolo abitato, composto con le case operaie del lanificio di Somma, ubicato in valle, e si prosegue in direzione di Somma Lombardo affrontando due altre brevi salite fino ad arrivare nella cittadina e alla sua stazione ferroviaria.

Albano Marcarini, LA CICLOVIA DEL CANALE VILLORESI,  48 pag., foto, mappe, acquarelli, Le guide di Cycle! 19, Milano 2018

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