Chjassu di a Memoria

Itinerario pedonale nel Venachese, nel centro della Corsica.

In Corsica, il Venachese, lungo la via di comunicazione fra Corte e Ajaccio attraverso il Colle di Vizzavona, è contraddistinto fin da epoca storica da un accentuato popolamento, fatto di villaggi fra loro molto ravvicinati e posti a una quota compresa fra 500 e 700 metri. Spiegano questa singolarità la buona esposizione degli abitati sui poggi e sui versanti soleggiati, la ricchezza dei boschi, specie di castagno, la posizione su un’antica via di transumanza delle greggi e la grande disponibilità di acqua per muovere i mulini e alimentare le fontane. Il sentiero di breve sviluppo offre però infinite occasioni di sosta e approfondimenti grazie anche alle numerose tavole didattiche poste lungo il percorso. Nell’elenco dei ‘Sentieri du Patrimoine’ della Corsica, lodevole iniziativa che ha teso a valorizzare le aree interne più emarginate, spicca il ‘Chjassu di a Memoria’, ovvero il Sentiero del Tre Villaggi che sono rispettivamente Poggio di Venaco, Casanova, Riventosa. 


  • Point de départ et d’arrivée : Arrêt Poggio-Riventosa 
  • Lunghezza: 6.5 km
  • Dislivello: 190 m
  • Tempo di percorrenza: 2 h
  • Altezza massima: 753 m a Riventosa.
  • Condizioni del percorso: strade dipartimentali, mulattiere.
  • Info: Mairie Poggio di Venaco, 0495470745.
  • Dove mangiare: Auberge casa Mathéa, rue Saint Roch, Poggio-di-Venaco, 495470527; La Villa Michel, Lieu-dit Taola, Santo Pietro di Venaco, 974562362.
  • Dove dormire: Villa Praesidio, Chemin Fontana Fresca, Riventosa, 962534623; Casa Pizza, Casanova, 0603398617.
  • Le buone cose: Fromage Fermier de Brebis Ferme-auberge, U Stazzu, 04.95463184.
  • Estratto dalla guida ‘La Corsica in treno e a piedi’ di Tullio Bagnati e Albano Marcarini, Ediciclo 2022.
  • ©Albano Marcarini 2021

La mappa del percorso

Dalla fermata della Ferrovia della Corsica di Poggio Riventosa si sale, per strada rotabile, al crociccio di Poggio di Venaco. Il villaggio è appoggiato sulla linea di cresta della Serra, uno dei contrafforti del Monte Cardu (alt. 2453). Stupisce l’armonica compenetrazione dell’insediamento nel paesaggio. Poggio è una  ‘cittadella naturale’: le case, di fattura semplice ma solida, fatte di granito (granitu) o di scisto (matticciu), si stagliano nel cielo, mentre al di sotto il pendio è modellato in molteplici ‘ripe’ di campi e ortaglie. Innumerevoli i sentieri, oggi in parte perduti, univano i campi ai villaggi e i villaggi fra di loro. Ogni palmo di terra era seminato, anche dove ora il bosco si è ripreso i suoi spazi. 

Poggio ebbe parte in causa nella storia dell’isola. Arrigo Bel Messere, vissuto sul finire del X secolo, fu il castellano locale, discendente di Ugo Colonna, il leggendario conte romano che, inviato dal Papa, scacciò i Saraceni dall’isola. Ad Arrigo si assegna l’inizio del periodo feudale in Corsica. La chiesa di Poggio, intitolata a San Quilicu, risale al Medioevo e ha quasi la parvenza di una grossa dimora di paese se non fosse per il portale ornato e il campanile. Vale la pena spingersi fino in fondo al villaggio, sopra le ultime case, fin sul cocuzzolo panoramico, da cui, aiutati da una tavola di orientamento, si gode un esteso panorama sulla Valle del Tavignano e sul Monte Cardu.

Verso la chiesa di Poggio di Venaco

Fatto ritorno al crocicchio, si procede lungo la rotabile (indicazione Casanova): al terzo tornante la si lascia e si prosegue a sinistra, nel bosco su una strada campestre. Giunti al Rio Misognu, se si scende per pochi passi a destra si giunge a un diruto mulino e al ponte sul rio. È un punto di particolare bellezza che merita una sosta. Ogni villaggio aveva il suo mulino, alcuni anche più di uno, in genere risalenti al XVIII o XIX secolo. Si lavorava la farina di castagne; i mulini più attivi ne macinavano una cinquantina di chili al giorno. La farina era la materia prima dell’alimentazione contadina per l’intero inverno. Il mugnaio era retribuito con una quota del macinato e doveva vegliare anche di notte al lavoro per tenere sempre alimentata la tramoggia che riversava i frutti sulla macina.

Si risale al sentiero e si rimonta la pendice, dove si notano le tracce di vecchie coltivazioni sorrette da una fitta trama di muretti a secco. Ciò che oggi appare all’abbandono era in passato un vero giardino produttivo: si coltivava il grano per le famiglie, l’orzo e l’avena per gli animali; i castagni, le vigne e, per un certo periodo nell’XIX secolo, anche gli ulivi davano i loro generosi frutti. Va detto che il paesaggio agrario del Venachese subì nei secoli continue trasformazioni. Alla meta dell’XVII secolo, ad esempio, i Genovesi imposero ai contadini di piantare castagni al posto dei vasti querceti che rivestivano i boschi. Ne conseguì una profonda trasformazione sia del paesaggio che dell’economia locale.

Casanova

Il sentiero sbocca sull’asfalto: una stradina procede verso destra. Compaiono le prime case, alcune delle quali conservano la muratura in pietra a vista e tetto in ‘tegghje’. Poi si entra nell’abitato. Casanova, come gli altri villaggi, dopo un lungo periodo di regressione, ha conosciuto nel nuovo secolo una certa rinascita demografica e economica grazie ad attività di tipo artigianale e a un ritorno all’agricoltura e alla pastorizia. Tutto il Venachese è noto per la produzione di Brucciu e di Casgiu Venachese, di pasta molle, a base di latte di capra o di pecora.

Il Mulino di Poggio di Venaco

Casanova e Riventosa sono divise dal Rio Misognu che già abbiamo attraversato più a valle e come in quel caso anche qui troviamo un vecchio mulino. Poco più avanti ecco invece una rustica fontana in pietra, una delle tante che fornivano acqua alle famiglie e punto esclusivo di incontro e relazione fra le donne dei villaggi. Ma si dice che anche gli uomini non disdegnassero, nella bella stagione, di riunirsi alle fontane per il rito quotidiano del ‘pastis’. In questi villaggi l’acqua nelle case arrivò solo dopo la metà degli anni Trenta del secolo scorso. 

Situato quasi cento metri più in alto di Poggio, Riventosa gode, dal suo sprone, un panorama grandioso che arriva alle montagne del Boziu. Il toponimo ha una spiegazione abbastanza semplice: ‘riva del vento’, per via della sua esposizione alle correnti d’aria. 

La chiesa di Riventosa risale alla prima metà del XVIII secolo; il campanile è del 1889. È intitolata a Sant’Antonio Eremita, festeggiato il 17 gennaio con una solenne processione che fa seguito alla benedizione dei pani. Da Riventosa, si scende di nuovo al crocicchio di Poggio e quindi alla stazione CFC.


Albano Marcarini, ATLANTE DEI SENTIERI DI CAMPAGNA – LOMBARDIA, Ediciclo 2020, 158 pag.

33 facili itinerari a piedi e in bicicletta per scoprire che esistono anche sentieri ‘orizzontali’ che attraversano la Pianura lombarda. Tante occasioni per (ri)conoscere un paesaggio e una civiltà contadina dalla quale abbiamo tratto le nostre radici.

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