Facile itinerario in bicicletta nel Basso Lodigiano, sulla sponda sinistra del Po.
Le moderne campagne lombarde, votate all’agricoltura estensiva, nascondono ormai quasi del tutto le colonizzazioni più antiche e le vie di comunicazioni che le supportavano. Come, per esempio, nel Basso Lodigiano, dove la strada romana da Piacenza a Milano s’incrociava con quella che discendeva da Pavia a Cremona la valle del Po. Un crocevia fondamentale che, nel Medioevo, divenne la percorrenza privilegiata dei pellegrini diretti a Roma. A Corte Sant’Andrea, di fronte al grande fiume, essi traghettavano alla volta dell’Emilia e degli Appennini. Oggi quel traghetto di assi di legno, in forma più moderna, è stato rimesso in funzione a ricordo della sua meritoria funzione.
Distanza: anello di 17.5 km – Dislivello: pianeggiante – Periodo più indicato: tarda primavera – Punto di partenza e di arrivo: Ospedaletto Lodigiano, raggiungibile in auto da Milano (42 km) con l’autostrada A1 (uscita Casalpusterlengo); in treno, da Pavia o da Codogno con il servizio Treno+Bici. – La buona tavola: Osteria Corona, Corte Sant’Andrea, tel. 0377.944685 (solo su prenotazione).

Ospedaletto Lodigiano, come suggerisce il nome, fu sito, fin da quando le cronache ne parlano, cioè dal 1152, di un ricco monastero, con relativo ‘hospitale’, tenuto dall’ordine dei Gerolomini, e proprietario nel XVI sec. di gran parte delle terre che attraverseremo. I monaci erano tenuti in tale considerazione che «l’abate generale si chiamava Conte di Ospedaletto, usava mantelletta e mozzetta da prelato romano; aveva diritto a sei cavalli aggiogati alla sua vettura, libertà di avere fino a 40 frati nel monastero oltre a ospitare nobili milanesi caduti in disgrazia» (G.Agnelli).
Nel primo tratto dell’itinerario, da Ospitaletto a Orio, la strada segue la probabile traccia di un paleoalveo del Po. Si tratta di andamenti fluviali preistorici che dimostrano come il fiume in antico sfiorasse da vicino il margine alto della pianura, scorresse cioè più a nord di oggi. Per secoli tutta questa zona fu coperta da un bacino paludoso fino alle bonifiche concluse solo all’inizio del ‘900. Si entra in Orio Litta per Via Pio Rossi.
La principale attrattiva di Orio Litta è la monumentale villa edificata alla metà del ‘700 da Giovanni Ruggeri per i conti Cavazzi della Somaglia, feudatari del luogo, ma oggi conosciuto con il nome dei successivi proprietari, i duchi Litta Visconti Arese. Rivaleggiò in eleganza con le migliori architetture civili dell’epoca con un giardino a gradoni che guarda verso l’alveo del Po. Il toponimo ‘orio’, per alcuni dal latino ‘horreum’ (granaio), farebbe pensare a un magazzino di frumento situato lungo la strada Ticinum (Pavia)-Placentia. Le bonifiche qui iniziarono attorno all’885 per opera dei Benedettini del monastero lodigiano di San Pietro.
Seguendo la strada comunale che scende nella campagna, con un lungo rettifilo, si raggiunge l’argine sinistro del Lambro (lo si segue verso sinistra seguendo la corrente), fiume che giusto qui mette fine al suo corso confluendo nel Po. Anche il Lambro ebbe in epoca storica un andamento diverso dall’attuale. Fino al ‘taglio’ attuato intorno al 1180, la sua foce era localizzata decine di chilometri più a est, dirimpetto a Noceto, in territorio di Mezzana Casati. L’attuale Mortizza e il vecchio corso del colatore Venere corrispondono al suo antico alveo, importante per le comunicazioni fra Milano e il Po. Nella zona dove ci troviamo era ubicato nel Medioevo il ‘porto’ milanese sul Po (‘portus qui dicitur Lambro et Placentia’). Un ramo del Lambro, detto Lambrino, lo collegava al grande fiume. Si ritiene che già in epoca romana, grazie al collegamento fra il Lambro e il canale artificiale della Vettabbia, all’altezza di Melegnano, fosse possibile andare per via d’acqua da Milano al Po. Decaduta in seguito, tale via riappare nelle cronache a cominciare dalla metà del IX sec. Ma la navigabilità e i diritti che vi erano connessi furono a lungo contesi fra milanesi e lodigiani. Fu questa una delle cause della profonda inimicizia fra le due città che condusse nel 1111 alla distruzione di Lodi.

A una curva dell’argine appare Corte Sant’Andrea, articolato complesso colonico, oggi – ahimé – un po’ malridotto, citato nell’itinerario romeo di Sigeric del 996 e, ancora prima, in documenti del 887 quando la vedova di Ludovico II ne fece dono al monastero di San Sisto di Piacenza. I monasteri, anche quelli pavesi e bresciani, oltre a governare queste e altre terre, detenevano i diritti di pesca sul Po. Su un arco d’accesso della corte si scorgono gli stemmi delle famiglie che la ebbero in periodi più vicini a noi: D’Este, Belgioioso, Trivulzio, la ‘crème’ della nobiltà lombarda.

Saliti di nuovo sull’argine, ora è quello ‘maestro’ del Po, che contorna Corte S.Andrea, si nota la discesa verso il ‘Transitum Padi’, il punto di traghettamento del Po. Il vescovo di Canterbury Sigerico, tornando da Roma, passò il fiume in questo punto, inaugurando un incessante flusso peregrinale su quella che verrà poi chiamata Via Francigena. La vicenda, rievocata in occasione del Giubileo, ha fatto sì che venisse riproposto un traghetto per pedoni fra le due sponde del Po. Inoltre sul punto di attracco è stato innalzato un cippo a ricordo della trentanovesima delle molteplici tappe o ‘submansiones’ citate da Sigerico nel suo Diario.

Ora si prende a seguire su asfalto l’argine maestro, vicino al fiume, accompagnati dalla visione classica del paesaggio di pianura. La rete irrigua ripartisce in lotti regolari i coltivi e il suo deflusso riprende, nonostante le bonifiche, le direzioni dei paleoalvei. La curvatura dei filari, l’andamento delle strade, il profilo del terrazzo fanno intendere il disegno originario del territorio. Queste campagne, un po’ sofferenti per le coltivazioni intensive, fecero un tempo la meraviglia dei viaggiatori. Sentiamo Francesco Scotto, autore nel 1747 di una delle prime guide ‘turistiche’ d’Italia: «I pascoli sono abbondantissimi per la grand’affluenza dell’acque, così che veggonsi tre, o quattro Canali l’uno sopra l’altro, con artificio fabbricati, per l’uso di essi; dal che ne viene, che si sega il fieno tre, o quattro volte l’anno, cavandosi tanta quantità di latte da i bestiami, che si viene a formare in così gran quantità, e grossezza il formaggio, che reca maraviglia a’riguardanti». Ma si ha anche notizia di boscaglie rifugio di banditi e, nelle cronache del 1765, di branchi di lupi affamati, discesi dall’Appennino dopo aver attraversato il Po ghiacciato.

La strada si discosta e si riaccosta al fiume alternando visuali sulle campagne e sui pioppeti. Il Po forma un meandro che, sulla sponda emiliana, circoscrive quella che in passato era l’isola di Mezzano, appartenuta alla famiglia degli Avvocati di Piacenza, soprannominata degli Iniquitates. Sostando sulla sponda si identifica il paesaggio fluviale. L’alveo di piena è compreso fra i due argini. Nei periodi di magra restano emerse zone di terreno – dette ‘piarde’ – formate da strati di sabbie e argille e occupate dai pioppeti. Gli arenili e i greti fluviali, dove la vegetazione stenta a trovare nutrimento, cambiano aspetto e posizione a ogni piena. Negli isolotti che si stabilizzano avvengono colonizzazioni di salici.
Si procede per diversi chilometri sempre sull’argine prima di deviare verso sinistra in direzione di Mirabello. La deviazione non è segnalata, per cui occorre prestare attenzione: dopo aver notato, al piede dell’argine, l’abitato di Guzzafame, si trascura la successiva diramazione a sinistra e si imbocca invece la seconda lasciando definitivamente l’argine maestro del Po.
La Francigena fu una strada medievale battuta dai pellegrini che si dirigevano verso le Città sante del Cristianesimo. Da tutta Europa una lenta marea umana, specie durante i grandi Giubilei, si accodava alla volta di Roma. Dall’Italia, invece, altri fedeli si indirizzavano in senso contrario, verso la meta galiziana di Santiago di Compostela. Sulle pietre di questa ‘via peregrinalis’ avanzavano di pari passo, assieme agli esseri umani, la cultura, le arti, la spiritualità. Provenendo dalle Alpi Occidentali la Via Francigena traversava la Pianura Padana e il Po nella zona fra Pavia e Piacenza, superava l’Appennino al passo di Montebardone (oggi della Cisa), toccava Massa e Lucca, valicava l’Arno presso San Miniato, scorreva lungo la Valdelsa, raggiungeva Siena e quindi, sulle spoglie balze della Val d’Orcia, si proiettava in direzione di Roma. La sua prima attestazione – di Francigena, cioè di «strada che origina, che viene dalla Francia» – risale all’anno 876. Questa titolazione si usava per brevi tratti non esistendo un organismo in grado di amministrare un così lungo tracciato. Il fatto che anche localmente ricorresse così spesso il luogo d’origine della via dimostra però la sua importanza e frequentazione.

La stradina, stretta ma asfaltata, punta a nord, accosta a sinistra l’imponente cascina Bellaguardia e giunge all’incrocio con la provinciale 26 presso l’osteria dal dubbio nome di ‘Bacco Tabacco e..’. Qui si dovrebbe piegare a sinistra lungo la pista ciclabile per Senna Lodigiana, ma prima si può suggerire una breve deviazione (diritto oltre l’incrocio su Via Po) per raggiungere Mirabello dove sorge piccola chiesuola di S. Bernardino, localmente detta la ‘Piccola Sistina’, perché sulla volta ci sono oltre mille metri quadrati di affreschi a soggetto sacro, realizzati dal pittore lodigiano Felice Vanelli, fra il 1980 e il 1984.
Ripresa quindi la ciclabile si volge verso Senna Lodigiana, transitando all’interno del centro storico (Via Matteotti): una lieve ascesa ci dice che stiamo salendo il ‘terrazzo’ della valle fluviale. Senna è ubicata nelle vicinanze dell’insediamento romano di ‘Quadrata’, punto di incontro delle strade che dalla Via Emilia si diramavano una per Milano, l’altra per Pavia. Uscendo dall’abitato verso nord, si incontra, proprio sullo spalto golenale, la chiesa di S. Maria in Galilea, del XVI secolo. Oltre alla bella architettura, conserva un pregevole dipinto di Camillo Antonio Landriani, detto Il Duchino. Subito dopo la chiesa, tenendo a sinistra si imbocca un nuovo tratto di ciclabile che, separata dalle rotabili, fa rientrare in breve a Ospedaletto Lodigiano non prima di aver toccato un piccolo santuario campestre.
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