Escursione a piedi nella penisola salentina, attorno a Otranto, in Puglia.

Sono a Otranto, nella penisola salentina, e ho ancora negli occhi i milioni di tessere policrome che compongono il meraviglioso mosaico della cattedrale. Ora non posso fare a meno di vedere di persona quel tratto di costa dove, in antico, i coloni greco-bizantini sbarcarono dal mare recando ricchezza e cultura. Il Capo d’Otranto, con il suo faro, è a meno di 70 chilometri dalla costa illirica; si vedono le montagne dell’Albania al di là del braccio di mare. Questa sarà la mia meta di oggi.
Otranto, all’estremità orientale della penisola salentina, in Puglia, si raggiunge in treno da Lecce, con le Ferrovie del Sud-Est. Orari: www.fseonline.it Lunghezza: 15,9 km. Tempo: 4 ore. Dislivello: 190 metri. Non segnalato. Traccia GPS da richiedere a info@guidedautore.it – Info: Ufficio Iat Otranto, piazza Castello, tel. 0836.801436, www.comune.otranto.le.it. I ristoranti: Vico Lopez (Otranto, via Laggetto 38, 349.5565893-333.1507874). Si pranza nell’agrumeto secondo quanto arriva ogni giorno dalla pesca, da 40 €.- Bastioni (Otranto, Via del Porto, 0836.801557), ancora pesce con vista sulla murata della città, da 30 € – L’alloggio. Agriturismo Torre Pinta (Otranto, Via delle Memorie, tel. 0836.428385 – 360.263127, www.torrepinta.it). Alloggio e ristorante sulla collina dell’ipogeo messapico. Camera doppia da 50 €. – Agriturismo Il Contadino (Otranto, Via Frassanito, tel. 0836.803065, www.ilcontadino.it). Alloggio in bungalow (da 50 € al giorno per due posti), vicino ai Laghi Elimini – Masseria dei Monaci e ristorante il Gambero (Otranto, litoranea per Porto Badisco, loc. Monaci, 0836.804009, www.tenutailgambero.it). In masseria si assaggiano involtini di pesce spada e carpaccio di spigola. Con alloggio, doppia da 80 Euro. Per saperne di più: Per l’ipogeo di Torre Pinta, vedi Bell’Italia, n.24, aprile 1988. Per il mosaico della cattedrale di Otranto, vedi Bell’Italia, n.26, giugno 1988.
Itinerario pubblicato su Bell’Italia, n.285, dicembre 2010. – Aggiornato a dicembre 2015. – © 2016 Albano Marcarini.

Un sentiero segue il profilo marittimo, dall’estremità del porto di Otranto fino al faro di Punta Palascia. Si parte dall’edificio della Capitaneria di Porto, in fondo al porto. D’ora innanzi nessun albergo, nessuna casa, niente strade, solo una torre smozzicata e prati punteggiati di margherite dove pascolano greggi, minuscole cale di sabbia e ciottoli bagnate dalle onde. La torre, che incontro subito iniziando il cammino, è detta ‘del Serpe’. Dice la leggenda che un serpente si calasse ogni notte nella torre per sorbire l’olio del fanale luminoso mettendo in pericolo la navigazione. Lo stemma di Otranto presenta appunto un serpe avvolto a una torre.
Lascio sulla destra la torre e procedo attraverso la prateria passando accanto ai ruderi della Masseria d’Orte. Accorcio il cammino evitando la scogliera, fino a scendere dirimpetto al mare dove la via è più agevole. La solitudine accarezza una splendida insenatura – Cala d’Orte – di acque turchesi. Anfratti, grotticelle, scoglie e lingue di sabbia fanno da compagnia al Casotto, la sola precaria costruzione, ora avvolta dalla vegetazione, dove un tempo partiva il cavo telegrafico per Durazzo, in Albania. Un pescatore estrae da una reticella e mi mostra fiero alcuni grossi ricci di mare.

Dinanzi al cammino si profila il faro, la scogliera s’innalza e sembra difficile continuare, ma il sentiero prende gradatamente quota. Non facile da seguire ma praticabile fra gli alti steli degli asfodeli. Raggiungo la sommità del rilievo e fiancheggio la rotabile per Santa Cesarea, presso una installazione militare. Giunto alla punta, trovo uno stradello sassoso: scendo di nuovo al mare e arrivo al faro, romita costruzione che abbraccia l’orizzonte dell’Adriatico. ‘Palàscia’ era un santo proveniente dall’Albania. La bianca torre è il punto più orientale della penisola italiana. Guardo il mio satellitare: 18°31’11.74’’ a est di Greenwich. Mangio qualcosa fra lo stormire dei gabbiani e il vento impetuoso che spira dal mare.
Poi retrocedo sulla rotabile, ripasso un po’ guardingo gli impianti militari, e piego a sinistra verso la Masseria le Creste. L’altopiano otrantino mostra i segni di vecchie colonizzazioni agrarie: muretti a secco che delimitano i coltivi, belle masserie dal rude aspetto difensivo. Per tortuosi stradelli arrivo al cospetto della masseria con i ruderi dell’abbazia di S.Nicola di Càsole, fondata nel 1099 da Boemondo d’Altavilla. Vi dimoravano monaci basiliani, fino al 1480, quando un’orrenda spedizione turca devastò la Terra d’Otranto. Furono i giorni in cui 800 idruntini, che si erano rifiutati di convertirsi all’Islam, furono impietosamente decapitati.

Ora calco il selciato che univa l’abbazia alla vicina Via Traiana. In fondo al rettifilo piego a destra. Allargo lo sguardo sulla campagna, fra uliveti e pascoli, pini e ciuffi di canne. Qui, sulla destra (ma conviene chiedere in luogo), uno stradello fra gli ulivi scende nel vallone. L’ultima attrattiva dell’escursione è Torre Pinta, straordinario esempio di ipogeo messapico.

Un’azienda agrituristica che ne cura, meritevolmente, la conservazione. I messapi, si dice, provenivano dall’altra costa dell’Adriatico e colonizzarono il Salento prima dei Romani. Percorro a testa china un cunicolo fino a giungere al centro dell’ipogeo, a croce latina. Alzo lo sguardo e vedo punteggiate sulle pareti decine e decine di nicchie, usate in epoca borbonica come colombaia, ma in antico avente funzione liturgica, forse funeraria. Il luogo è al centro della Valle delle Memorie, una lunga depressione di lussureggiante vegetazione e insediamenti rupestri. Ci sarebbe molto da esplorare, ma l’ora è ormai tarda. Otranto è a due passi.
La traccia GPS e altre immagini sono disponibili su richiesta a info@guidedautore.it specificando il titolo dell’itinerario.
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€6,00
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