Il supporto della cartografia storica nell’esame della viabilità è innegabile. Quando, sul finire del XVIII secolo, la cartografia diventò uno strumento scientifico corroborato da rilevamenti topografici, il disegno delle strade fu corredo di ogni mappa superando le censure che nei secoli precedenti ne aveva limitato l’indicazione per timore di servire ad aggressioni nemiche. Una rara mappa conservata nell’Archivio di Stato di Firenze con il titolo di ‘Pianta relativa alla confinazione di Pontremoli con Genova’, risalente al 1780 circa, serve al nostro scopo per delineare il tracciato della Strada Regia del Gòttero, sulla dorsale montuosa fra le valli del Vara e della Magra, fra Spezzino e Lunigiana.

Con la specificazione di ‘regia’, o ‘regina’, si sono qualificate molte strade, intendendo per esse sia l’intervento autoritario di un regnante, sia l’appartenenza a un territorio regio, sia il riconoscimento dell’importanza della via: ‘regia’ in quanto maggiore, principale rispetto ad altre. Ma un’altra qualità, soprattutto di questa strada, fu la conferma della rilevanza in antico delle vie di crinale. Il trasporto delle merci mediante animali condizionò molto la rete dei percorsi terrestri. Diversamente dalle strade rotabili, le mulattiere non avevano limiti di pendenza, larghezza, pavimentazione poiché, come si usava dire, «dove passa l’uomo passa anche il mulo». Da qui la permanenza delle cosiddette ‘vie naturali’, nate spontaneamente dal passaggio di uomini e animali senza strutture di supporto come ponti o massicciate. Le dorsali montuose erano utilizzate fin dalla Preistoria. Non attraversavano corsi d’acqua, fiancheggiavano le vette dal lato meno ripido, evitavano foreste a volte insidiose, offrivano dall’alto un migliore orizzonte visivo che confortava i viandanti.

La Strada Regia, in una regione montana connotata da spiccati elementi di arcaicità, era una di queste. «Partiva dalla Foce dei Tre Confini, sul fianco orientale del Monte Gòttero – spiega lo storico Manfredo Giuliani che la riferisce addirittura alle primitive genti liguri – percorreva la dorsale dello spartiacque fra il bacino della Magra e quello del Vara, toccava il Monte Cornoviglio per scendere a Bolano e Ceparana, nella penisola della confluenza dei due fiumi, e diramarsi poi, a occidente verso le marine e il porto di Luni, e a levante, verso le vie per la Toscana». Strada dunque non secondaria che, a nord-ovest, oltre il Gòttero, portava nelle alte valli del Taro e del Ceno, e poi a Bobbio e infine a Pavia. Questo cammino era intersecato da numerose ‘foci’, valichi perpendicolari alla via di crinale, con tracciati di collegamento fra le due valli, il maggiore dei quali era la «via quae vadit Januam», la via che portava a Genova, promossa dagli Statuti medievali di Pontremoli e che incocciava la Via Regia a monte del castello di Zeri. La si conosceva anche come Via Salaria, perché vi transitava il sale prodotto nel golfo lunense, ma anche olio, pesce conservato, agrumi. Ma soprattutto era una delle vie armentizie dai pascoli dell’Appennino alle spiagge della Versilia.

Il nome di Regia fu attribuito nell’Ottocento, forse in riferimento a Maria Luisa d’Asburgo, duchessa di Parma e Piacenza, che ebbe il merito nel 1847 di riattare il percorso da qualche tempo decaduto per ragioni che ineriscono a un’altra tipica qualità stradale, ovvero di figurare anche come linea di confine. Di fatto la strada diveniva un territorio neutro, favorendo i traffici illeciti, numerosi abusi e la rinuncia alla manutenzione non riuscendo a stabilire a chi appartenesse. Il confine, fin dal Medioevo, aveva avuto molti dirimpettai: la Repubbica di Genova, lo Stato di Milano, il Ducato di Parma, il Granducato di Toscana e pure i numerosi e minuscoli feudi di cui la Lunigiana abbondava. Senza contare i dissidi fra le comunità locali per il possesso di pascoli e boschi rinnegando l’antichissima consuetudine di ritenerli soggetti al ‘compascolo’ ovvero di comune uso collettivo. Un bosco ceduo, situato lungo la via, fu conteso con la forza fin dal XIII secolo fra le comunità dei due opposti versanti. Ai momenti salienti dello scontro parteciparono pure le donne che si fecero onore con calci e spintoni, da cui il nome di Bosco di Gambatacca. Nel 1656, fra il comune ligure di Zignago e quello toscano di Zeri, furono poste delle forche appuntite, ben raffigurate nella mappa sopra citata, per impedire la diffusione della peste, da cui il toponimo di Passo del Rastrello. Nel 1780 si addivenne a un accomodamento fra Toscana e Genova: furono impiantati 81 termini in pietra; le riparazioni dovevano farsi a spese comuni dei due Stati; non vi si potevano imporre dazi o pedaggi. La sagoma originaria della strada doveva essere di 4 braccia fiorentine, pari a circa 2.76 metri ma fu, in tempi anche recenti, alquanto rimaneggiata per usi agricoli.

La Strada Regia del Gòttero è oggi una tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri. Dalla Foce dei Tre Confini (alt 1408), sotto la vetta del Monte Gòttero, dove s’incontravano il Regno di Sardegna, la Repubblica di Genova e il Granducato di Toscana, si scende fino a Ceparana (alt. 30) nella valle del Vara in circa 12 ore di cammino coprendo 40.2 km. Una gran parte del percorso si può affrontare in mtb o e-mtb
BIBLIOGRAFIA. Manfredo Giuliani, Note di topografia antica e medioevale del Pontremolese, in ‘Archivio Storico per le Province Parmensi’, vol. XXXV, 1935.
Manfredo Giuliani, Il Castello di Zeri e le comunicazioni antiche e medioevali della regione del Gòttero, in ‘Archivio Storico per le Province Parmensi’, serie IV, vol. XI, 1959.
FOTO. Courtesy Komoot

Albano Marcarini, TEMPO DI SALITE, Rossolis/Cyclebook, 292 pagine, mappe, foto, altimetrie
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