La pista ciclabile della Valle del Lanza

Pista ciclo-pedonale e strade campestri lungo la valle del Lanza, in provincia di Varese.

Il torrente Lanza confluisce nell’Olona alla Folla di Malnate. Siamo nel Varesotto. È un modesto corso d’acqua – nasce in Svizzera alle falde del Monte S. Giorgio – ma ha prodotto col tempo una sinuosa valle, detta Valmorea, incavata di una cinquantina di metri rispetto ai circostanti ripiani dove sorgono Malnate, Cantello, Cagno e altri vari abitati. La ex-ferrovia Castellanza-Mendrisio si servì di questo pertugio naturale, oggi parco naturale di interesse locale, per raggiungere il confine con la Svizzera nel breve periodo del suo esercizio. Oggi accanto ai binari, che fino a qualche anno fa vedevano il passaggio di treni storici, si stende una pista ciclabile, parte su asfalto, parte a fondo naturale, priva di forti asperità. La pista ciclabile su asfalto, al momento, riguarda il tratto mediano del percorso, dalla Folla di Malnate al Mulino del Trotto.

Questa direttrice potrebbe costituire, per l’assenza di dislivelli, un’ideale porta d’ingresso ‘ciclistica’ a coloro che giungono in Italia dalla Svizzera o viceversa. Dotandosi di una mountain-bike, di una gravel o di una e-mtb, si può addirittura pensare di prolungare l’itinerario lungo la Valle Olona fino al confine svizzero. Infatti, lasciata la pista ciclabile di Valle Olona, all’ex-stazione di Castiglione (piccolo museo open-air di materiale rotabile) si prosegue sulla SP 42 per 1 km. Quando si entra nella piana di Lozza si deve fare attenzione all’imbocco, sulla destra, di uno stradello campestre (si vede un cartello di divieto di transito) che si segue fra i campi. Si attraversa il binario della ex-ferrovia e si esce infine in prossimità della rotatoria della Strada Varesina. Prestando molta attenzione al traffico bisogna rispettare la direzione Gurone (SP 3) circoscrivendo una seconda rotatoria. Dopo poche centinaia di metri, al primo tornante, si abbandona la strada provinciale e si devìa a sinistra per una secondaria (Via dei Mulini) che, scavalcata la Tangenziale, scende nella Valle Olona. Un parcheggio è ubicato poco prima di una centrale di compostaggio dei rifiuti. Rasentando questo impianto comincia la pedalata seguendo il segnavia rosso/bianco n. 6 indicante la direzione Mendrisio (a 17.3 km). Ci si avvia sullo sterrato; a un primo bivio si piega a sinistra, superando una sbarra, e proseguendo nel fondovalle, accanto all’Olona e a un piccolo ristagno d’acqua, popolato di anfibi e corredato da cespi di carice. Se non fosse per l’ingombrante tangenziale che scorre poco distante, il luogo potrebbe qualificarsi come una piccola ‘wilderness’ di ritorno, essendo i segni delle attività umane da tempo cessate. La ferrovia della Valmorea correva sull’altra sponda dell’Olona, in una zona oggi quasi del tutto restituita alla natura. L’Olona qui ha l’aspetto di un giovane torrente serpeggiando nella valle e lasciando al margine fasce di greto ciottoloso.
Ben presto dalla carrareccia si passa al sentiero, tra lembi di boscaglia. Si sottopassa di nuovo la tangenziale e, poco dopo, si arriva a una scarpata (da affrontare con la bici a mano), giusto di fronte all’imponente viadotto della ferrovia Milano – Varese, un’icona del paesaggio ferroviario lombardo, tanto da essere inserita nello stemma comunale del comune al quale appartiene, vale a dire Malnate. Non è però il ponte originario di questa ferrovia; il primo, realizzato nel 1885, era a struttura reticolare in ferro secondo una tendenza molto in uso allora; questo risale al 1928 ed è in calcestruzzo, lungo 220 metri, alto 59. Nel 1897 due treni si scontrarono giusto sul ponte ma la bassa velocità dei convogli evitò una tragedia.


Dopo il ponte si entra nella piana di Malnate, dove si trovano la stazione della ferrovia della Valmorea, fino a qualche anno fa terminale del servizio di treni turistici facente spola con Mendrisio, e i ruderi del filatoio di seta Maggi, purtroppo in stato di totale abbandono nonostante sia un raro esempio di struttura paleo-industriale che non aveva mai subito sostanziali modifiche utilizzando sempre la sola forza motrice idraulica dell’Olona. Il complesso nacque nel 1819 come semplice filatura di seta alla quale si dedicavano, nel 1844, circa 100 operai, in maggioranza ragazze costrette a lavorare 14 ore al giorno. Tutta la zona malnatese, lungo l’Olona, era disseminata di impianti produttivi. Anche la sua denominazione – la Folla – designava il processo di ‘follatura’, ovvero di compattazione dei tessuti di lana mediante l’infeltrimento e al quale erano riservati particolari macchinari. Nota anche la cartiera Molina, sempre lungo l’Olona, ora in stato di rudere, dove si produceva la celebre ‘Carta di Varese’, apprezzata per la sua raffinatezza.
Raggiunto l’innesto sulla ex-statale Briantea si volge a sinistra (prudenza!) percorrendone un breve tratto: all’altezza del Ristorante Regina, si piega a destra entrando nella valle del torrente Lanza e nell’omonimo parco naturale. Accanto esiste ancora, seppur rimodernato, il Mulino la Folla, oggi Bernasconi, esistente fin dal 1722. Qui inizia la pista ciclabile (a ottobre 2024 si segnalano lavori per il prolungamento della pista in direzione sud); il tracciato asfaltato si snoda lungo il fondovalle in un ambiente naturale privo di intromissioni a parte il nastro della vecchia ferrovia che corre col suo unico binario sulla sponda opposta del Lanza. Coperte alcune centinaia di metri, attraversato nel mezzo un prato, appaiono, sulla destra, sul fianco del versante boscoso delle cupe cavità. Si tratta delle cave di pietra ‘molera’, di colore grigio intenso, una sorta di arenaria molto lavorabile, diffusa in alcune zone del Varesotto e del Comasco e ampiamente utilizzata in passato per le corniciature delle finestre, le architravi e i portali delle case, le gradinate. È il nome comune della Gonfolite. Per motivi di sicurezza è proibito farvi accesso, ma già uno sguardo dalle ‘bocche’ d’entrata rende bene l’idea di un luogo particolare con i tagli geometrici e convergenti delle pareti di roccia, gli antri oscuri che sembrano fare accedere alle profondità più ignote. Furono lavorate fino a tutto l’Ottocento.

Il primo tratto della pista ciclabile si chiude all’imbocco della strada che, a destra porta al Molino del Trotto, uno dei rari nuclei abitati di fondovalle, legato alla presenza di un antico mulino. Sulla sinistra compare subito una bella cascina ‘varesotta’, a portico e due piani di loggiato, tetto a due falde, scala esterna e fienile giustapposto. In questo punto l’itinerario si sdoppia: a sinistra si nota l’inizio del secondo tratto di ciclabile, indicato anche da una curiosa palina con le destinazioni più lontane e più vicine, diretto a Cantello; se invece si rimonta il versante sulla strada asfaltata, una volta superata la cabina elettrica si scorge, a sinistra l’imbocco di un largo sentiero che s’insinua a mezza costa, sempre nella Valle del Lanza. Si supera subito una sbarra e si prosegue nella boscaglia. I versanti della valle, di tanto in tanto, presentano dei solchi laterali che si insinuano nel complicato disegno morfologico di queste colline moreniche. Più avanti il percorso si avvicina e si pone parallelo alla ferrovia; poi la supera con un ex-passaggio a livello. Al di là di esso si piega subito a destra e si resta contro la massicciata per poi sottopassarla con un ponticello. (Esiste anche la possibilità di proseguire su sentiero, tenendo la ex-ferrovia sulla destra, lambendo il Buzzun, un piccolo stagno, biotopo di importanza naturalistica, per poi uscire sulla SP 20). Dopo poche decine di metri si entra sul vasto piazzale della ex-stazione Valmorea, oggi priva di edifici, conserva alcuni impianti fissi: una manica per l’alimentazione d’acqua delle vaporiere, un segnale fisso a pala, qualche vagone merci e alcune coppie di ruote ferroviarie. Ora si riattraversano i binari e, a destra, su asfalto si arriva a incrociare la SP 20 presso il Bar Gufo della Notte con vicino il restaurato casello ferroviario numero 14. Il segnavia indica solo 2.5 km al confine: si riprende restando accanto alla massicciata per superare su ponti in ferro alcuni corsi d’acqua laterali. Ora il Lanza prende anche il nome di Gaggiolo, come viene designato soprattutto in Svizzera dove ha le sue sorgenti, presso il Monte S. Giorgio. La combinazione non dipende solo dalla geografia politica, ma, come pare, dal fatto che in antico il Gaggiolo sia stato unito artificialmente al Lanza per trovare un nuovo sbocco evitando le piene che compromettevano l’integrità agricola della piana di Mendrisio. Ormai solo il torrente, qui molto ricco di trote, e la ferrovia si contendono il fondovalle, mentre sui fianchi sgorgano improvvise cascate, come quella del Rio Scivescia, o sorgenti, come quella del Buco della Strega con la sua area di sosta. C’è un’ultima breve asperità da superare per poi guadagnare il confine, guardato da un cancello metallico posto a cavallo del binario. Questa linea di confine con la Svizzera, piuttosto articolata e priva di evidenti riferimenti geografici, fu definitivamente fissata con il Congresso di Varese del 1754 come conferma un cippo nelle vicinanze riportante i nomi dei due comuni confinanti: Stabbio svizzero e Bizzarone italiano, o meglio appartenente allora allo Stato di Milano, governato dagli Austriaci. Un secondo cippo, vicino al cancello, riporta invece la data 1921, anno in cui fu soggetto a revisione tutto il confine italo-svizzero, dalla Val Ferret al Passo dello Stelvio. La chiesa di S.Margherita, o cappella di S.Maria in Campo, documentata dal 1437 ma forse di origine romanica, è ad unica aula rettangolare con tetto a capanna e tre stinti affreschi in facciata. 
A questo punto non resta che tornare a ritroso. La via per Gurone può essere quella dell’andata, oppure per non ripetere la stessa via, si può seguire dal cancello di confine, il sentiero ciclabile che, verso destra, corre lungo il confine stesso con i suoi vecchi cippi e, grazie alle indicazioni per Novazzano, arrivare alla dogana di Bizzarone, rientrare in Italia e rispettare, su strade secondarie e tratti di sterrati, la direzione per Bizzarone, Casanova Lanza, Valmorea, Cagno, Malnate. Nel complesso un anello di 28 km la cui traccia è disponibile su richiesta a info@guidedautore.it – Un’ulteriore alternativa prevede, appena superato il cancello di S.Margherita di fare ritorno a gomito in Italia lungo Via S.Margherita e risalire il terrazzo di valle per raggiungere Casanova Lanza e quindi Albiolo e Solbiate Comasco.

©Albano Marcarini 2024 (foto,cartografia,testi)


Albano Marcarini, La ciclabile dell’Adda 1 – 48 pag., 2a edizione, 2022 – ISBN 9788881705474

Da Lecco a Cassano lungo il più lombardo dei fiumi, l’Adda. Un’esplorazione curiosa fra natura, storia, civiltà delle acque e archeologia industriale. I tesori del fiume: le centrali elettriche dell’Adda, il ponte e il Naviglio di Paderno, il Castello di Trezzo e il villaggio operaio di Crespi d’Adda. Una guida tascabile! Spese spedizione gratuita.

6,00 €


2 pensieri riguardo “La pista ciclabile della Valle del Lanza

Aggiungi il tuo

  1. L’itinerario descritto mirabilmente rispecchia quello che sarebbe dovuto essere l’itinerario ufficiale della ciclabile della Valle del Lanza che purtroppo, per ora, si inerpica, dopo il mulino del trotto, sino all’abitato di Ligurno per poi discendere al confine di stato alla dogana del Gaggiolo. Speriamo questo racconto sia l’auspicio per riaccendere l’attenzione verso il percorso piu naturale e senza eccessivi dislivelli che ci conduce da Milano a Mendrisio. ( dalla folla di Malnate a breve si concluderanno i lavori del tratto ciclabile mancante tra Malnate e castiglione Olona consentendo di giungere sino a castellanza e oltre …)

    Fabrix

    "Mi piace"

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.

Su ↑