Una piacevole sorpresa nel Biellese, sulla via per il santuario di Oropa, uno dei più illustri dell’arco alpino. Sono le tracce, ancora consistenti, di una ex-tramvia elettrica, impiantata nel 1911, allo scopo di collegare il capoluogo Biella con il santuario.
Si trattava di uno dei tanti mezzi di trasporto su ferro che costellavano le nostre Prealpi, nati agli albori della prima grande stagione turistica, quando da questa parti era di moda la villeggiatura, e venuti meno nel secondo dopoguerra con la diffusione dell’automobile. Di molti di essi, col senno di poi, si rimpiange la scomparsa per la loro vocazione di mezzi a basso dispendio energetico rispetto al trasporto privato. La guida del TCI (Piemonte) nell’edizione del 1926 dava le seguenti informazioni riguardo alla tramvia: «Da Biella al Santuario di Oropa Tramvia elettrica, corse frequentissime, 1 ora c., ascesa lire. 5,55 discesa lire 3,20, andata e ritorno lire 8, dalla stazione di Biella al santuario km 12,6. Comodo e rapido accesso colla tramvia, che ha principio presso la stazione ferroviaria di Biella e, uscita di città, gira intorno a Cossila S.Grato, ritorna sulla strada d’Oropa, passa allo stabilimento Idroterapico di Cossila e sopra la parrocchiale di S. Giovanni ritorna su sede propria, fino a Favaro (7 km). La linea sale poi con ampio giro sopra le cave di serpentino (panorama incantevole sulle colline e sulla pianura fino alle Cozie, il Viso ed alle Marittime), attraversa un tunnel elicoidale, un ponte a tre arcate; alla Cappella S. Fermo si ferma per lo stabilimento Idro terapico e su sede stradale arriva alla cappella S. Luca, dove ritorna in sede propria fino ad Oropa».
Perduta nel primo tratto, dove era coincidente con la sede stradale, la linea, o meglio la sede dove erano impiantati i binari, riappare in tutta la sua sostanza appena oltrepassata la frazione Favaro (alt. 758), «luogo – dice la nostra vecchia guida – di forte e proficua emigrazione di muratori e scalpellini in America» – e la si può seguire fedelmente fin quasi a Oropa e, precisamente, fino alla cappella di S. Fermo (alt. 1036). L’itinerario che qui viene proposto prevede però, in partenza da Favaro, un anello più ampio che, in andata, dopo un breve tratto lungo la ex-sede tramviaria entra nella conca valliva del torrente Oremo, affacciata alle colline di Pollone e al Parco della Burcina, disseminata di cascinali d’alpe per poi portarsi sulla dorsale boschiva e sul versante destro della valle del torrente Oropa, mentre al ritorno ripercorre integralmente il tracciato della ex-tramvia fino a tornare a Favaro. Resta facoltativa una diramazione, al culmine alto dell’anello, verso il santuario di Oropa, distante circa 1.5 km, lungo la strada provinciale.

Itinerario pedonale ad anello nella valle di Oropa in parte sul tracciato della ex-tramvia Biella-Oropa.
Partenza e arrivo: Favaro (Via Sordevolo), frazione di Biella, a circa 6 km dal capoluogo, raggiungibile seguendo la strada statale ex-144 per Oropa. In autobus il servizio è garantito dalla linea urbana 2 Biella S. Paolo-Oropa. Distanza: 9 km Dislivello: 310 metri Tempo di percorrenza: 2 ore e 50 minuti
Segnavia: GTB (Grande Traversata del Biellese) da Case Vanej al bivio dello Stabilimento Idroterapico; D6 lungo il tracciato della ex-tramvia. Condizioni del percorso: sentiero, pista forestale, ex-sedime ferroviario ben percorribile, adatto a tutti.
La buona tavola: nessun punto di ristoro lungo il percorso; a Oropa, con una deviazione di 1.5 km, si trovano bar e ristoranti. Indirizzi utili: ATL Biella, p.za Vittorio Veneto 3, Biella, 015.351128; Ufficio Accoglienza Santuario di Oropa, 015.25551200
1. Il bus proveniente da Biella si arresta nell’abitato di Favaro (alt. 758), frazione di Cossila. Si continua a piedi lungo la via centrale (Via Santuario) fino al civico 561 dove si nota un cartello che segna l’inizio del percorso della tramvia: si piega a sinistra sulla stretta Via Sordevolo (fontana) che, poco dopo, sfocia su Via Arduzzi, la strada di circonvallazione diretta a Oropa (ex-statale 144); con prudenza la si segue verso destra per 300 metri, fino al primo tornante.

2. Al tornante (alt. 782) si lascia l’asfalto e, a sinistra, si imbocca uno stradello che corrisponde già al tracciato della ex-tramvia che però, almeno per ora, abbandoneremo presto. Si notano i possenti muri di contenimento in pietra scura e gli agganci della palificazione elettrica. Superato un villino lo stradello avvicina un dosso boscoso e compie un’ampia e regolare curva a ritroso: il luogo è detto Pian degli Uccelli.
3. Al vertice della curva (alt. 828) si nota un bel sentiero (segnavia C30) che, staccandosi verso sinistra, risale la china della montagna: è la via da seguire dentro un bosco ceduo, lasciato alla sua spontanea evoluzione. Si passa sopra i ruderi della Cascina Naney o Spinello e si gode un bel panorama sulle colline e sull’abitato di Pollone, sul boscoso Bric Burcina nel quale si cela uno dei più bei giardini storici del Piemonte, impiantato a partire dalla metà dell’Ottocento dall’industriale Felice Piacenza che per lunga parte della sua vita s’impegno a valorizzare i terreni che il padre Giovanni gli aveva lasciato in eredità. Oggi il parco è famoso oggi famoso per le collezioni di azalee e rododendri.
4. Senza troppa fatica si giunge a una groppa prativa (alt. 893) dove il sentiero confluisce in uno stradello asfaltato (segnavia D51) che si segue a destra, in salita, comune alla Grande Traversata del Biellese. Questo è un percorso trekking di lunga percorrenza inaugurato nel 1998. Percorre a quote medio-basse, con un tracciato di oltre 200 km, tutta la provincia biellese. Inaugurata nel 1998 ha partenza e arrivo a Oropa. Ora la visuale si apre verso monte, verso la conca del torrente Oremo, sottostante la vetta del M. Muanda (alt.1446), cosparsa di baite e cascine. La zona si presta in inverno per lo scialpinismo per il quale la costa del Muanda è una delle mete più gettonate. La prima delle cascine – Case Vanej – sta sul prato accanto alla via; la si rimonta e la si supera con largo giro e ci si affaccia ad altre, ben tenute e splendidamente esposte al sole.
5. Giunti di fronte a una sbarra (alt. 975), il segnavia lascia lo stradello e piega a destra, verso monte, fra macchie di betulle; si torna allo stato di sentiero. Si avvicinano altre baite e poi si costeggia il bordo della pineta, in un solco infossato.
6. Raggiunta una biforcazione si piega a destra, entrando ora nella pineta e affiancando subito ruderi in pietra che per imponenza non possono solo essere stati destinati ad abitazione contadina, forse anche a deposito per il legname. Ora il cammino è più leggero e dal fosco ombroso della pineta si passa al chiarore dei larici giungendo sulla china della dorsale (incrocio con il segnavia D2) che risulta pure essere il culmine dell’itinerario.
7. Aggirata la dorsale si prosegue sul versante della valle di Oropa. Si calca una pista forestale che asseconda le pieghe della montagna e punta verso un grosso edificio in abbandono.
8. Si tratta dell’ex-Stabilimento Idroterapico di Oropa, al quale – come spiega una tabella in loco – era legata una consistente quota dell’economia locale alla fine del XIX secolo e, probabilmente, anche il desiderio di realizzare una strada ferrata che vi conducesse agevolmente i clienti. Secondo consigli interessati le fonti di Oropa garantivano ‘sorprendenti guarigioni’. La struttura, all’avanguardia per i tempi, fu aperta nel 1850 in una situazione climatica favorevole, circondata da folte pinete e aria salutare. Alla terapia dei bagni faceva da contorno un soggiorno di villeggiatura con sale di conversazione, di lettura, ballo, attività sportive ecc. Insomma ciò che oggi, in termini moderni, usiamo definire “wellness”.
9. La strada di accesso allo stabilimento confluisce nella strada rotabile di Oropa all’altezza della cappella votiva di S. Fermo (alt. 1036). Poco prima di arrivarvi si noteranno, verso destra, le tacche rosse/bianche del sentiero D6 che coincide, da qui a Favero, con il tracciato della ex-tramvia. È il momento di seguirlo. Se invece si opta per una diversione su Oropa si deve proseguire in senso opposto, lungo la strada provinciale dove si scorgeranno, sul lato sinistro, altri lembi della massicciata tramviaria. Inoltre a Oropa, presso il Ristorante Stazione, è collocata in rimessa una delle ultime motrici elettriche che hanno effettuato servizio sulla linea. L’itinerario avanza ora sul sedime abbandonato.
La tramvia di Oropa.
Il Belgio, alla fine dell’800, era una nazione all’avanguardia nelle costruzioni ferroviarie e, in particolare, nella tecnologia tramviaria. Ma non solo. In quel piccolo Paese si trovavano capitalisti in grado di investire all’estero per promuovere il trasporto su ferro che, in quel periodo, stava attraversando un momento di grande fulgore. Il santuario di Oropa, meta di migliaia di pellegrini, e le attrattive delle località vicine indussero una società belga a proporre un primo progetto di collegamento tramviario fra Biella e Oropa. La cosa non sortì esito, forse per rivalse di orgoglio nazionalista, e condusse invece ad appoggiare un progetto alternativo, redatto da professionisti piemontesi. Dopo due anni di lavoro, il 4 luglio 1911, la linea, della lunghezza di 14 km e 250 metri, entrò in esercizio fra l’entusiasmo delle popolazioni. Le soluzioni tecniche impiegate erano comunque al limite del possibile: fu adottato un sistema di trazione ad aderenza nonostante si dovesse superare un dislivello di 740 metri sostenuto da un’alimentazione elettrica a corrente continua di 750 volts. La tramvia, con uno scartamento di 0.95 metri, in realtà poteva essere considerata alla stregua di una ferrovia secondaria poiché i tratti in promiscuità con le strade – prerogativa tipica delle tramvie – erano abbastanza limitati e il tratto terminale, dopo Favaro, correva in sede propria con notevoli opere d’arte e una breve galleria. Il servizio ebbe successo per la sua praticità: la stazione capolinea di Biella era in corrispondenza con quella della tramvia per Santhià mentre quella di Oropa era addirittura all’interno del piazzale del santuario con un terminale coperto, dove oggi campeggia ancora una vettura motrice a titolo di testimonianza. Nel 1945, nonostante la guerra, la tramvia giunse a trasportare quasi 2 milioni di passeggeri. Nonostante ciò il suo declino, come quello di moltissime altre linee ‘minori’, non doveva tardare. Nel 1958, sconfitta dall’autoservizio e dalla necessità di ‘liberare’ la rotabile dall’ingombrante veicolo ferroviario, la Biella-Oropa cessava le sue corse.

La sede tramviaria corre parallela alla strada, ma poco più in alto. Si passa accanto alle case de La Vecchia e, dopo un rettifilo bordato da un lungo muro, la linea entra in trincea per attraversare il solco del Rio della Furia su un tombotto a un arco.

10. Ben più imponente il successivo ponte, detto dei Tre archi, in curva, che sovrasta la rotabile, l’opera più significativa della vecchia tramvia. In seguito il tracciato si mantiene sempre a monte della rotabile traversando la radura prativa della Bora. Un altro ponte di un certo rilievo è presso le case del Vajetto e precede il tratto più singolare del tracciato, ovvero una curva elicoidale con successiva galleria di sottopasso.
11. Un robusto terrapieno, rinforzato da un muro curvo sostiene la curva, mentre la galleria di circa 40 metri, presenta i suoi solidi portali di pietra bugnata e il rivestimento interno, ancora intatto. Sull’arco di volta del portale inferiore è scolpito l’anno di costruzione: 1910. Altri rettifili in costante lieve pendenza, dove si ammirano altri tratti di muri di contenimento e le basi della palificazioni, portano infine al Girone e al punto dove si ritorna sul percorso dell’andata. Facendolo a ritroso si torna a Favaro, da dove si era partiti. Un ultima notazione: seguendo la strada provinciale verso Favaro si notano altre tracce di massicciata sul lato sinistro e si intuisce come la tranvia entrasse nell’abitato lungo viottoli ora privatizzati.
©albanomarcarini2025


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